Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21408 del 17/10/2011
Cassazione civile sez. I, 17/10/2011, (ud. 08/07/2011, dep. 17/10/2011), n.21408
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 7313/2008 proposto da:
SINECO.FIN S.P.A. (p.i. (OMISSIS)), in persona
dell’Amministratore Unico pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso l’avvocato NOTARO Giancarlo, che
la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI DOGLIOLA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, Via P.S. MANCINI 2, presso l’avvocato PUTTI
PIETRO MARIA, rappresentato e difeso dall’avvocato MENNA Antonio,
giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 880/2007 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
depositata il 05/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
08/07/2011 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato NOTARO che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine
rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 5 novembre 2007 la Corte d’appello dell’Aquila, confermando la decisione assunta in primo grado dal Tribunale di Vasto, ribadì l’inammissibilità dell’opposizione tardiva proposta, a norma dell’art. 650 c.p.c., dalla società Sinecofin s.p.a. avverso un decreto ingiuntivo emesso il 17 aprile 1999 dal presidente di quel tribunale, che le aveva ingiunto di pagare al Comune di Dogliola la somma di L. 35.500.000, oltre agli interessi ed alle spese processuali.
La corte aquilana ritenne, infatti, che l’opponente non avesse fornito prova idonea di non aver avuto conoscenza del decreto ingiuntivo, a cagione dell’irregolarità della notifica a mezzo posta di tale atto, essendo stato lasciato avviso nella sede della destinataria del deposito dell’atto stesso, poi per due volte restituito al mittente per compiuta giacenza.
Avverso tale sentenza la Sinecofin ha proposto ricorso per cassazione, al quale il Comune di Dogliola ha resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso non è fondato.
E’ giurisprudenza ormai costante di questa corte quella secondo cui, ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, proposta a norma dell’art. 650 c.p.c., non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre anche la prova – il cui onere incombe sull’opponente – che a causa di detta irregolarità l’ingiunto non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione (Cass. 24 ottobre 2008, n. 25737; Cass. 28 settembre 2007, n. 20391;
Sez. un. 22 giugno 2007, n. 14572; Cass. 17 maggio 2007, n. 11515;
Cass. 1 settembre 2006, n. 18943; Sez. un. 12 maggio 2005, n. 9938, ed altre conformi). Detta prova, concernendo un fatto negativo, può essere fornita anche mediante presunzioni, ed è da ritenersi raggiunta tutte le volte che, tenuto conto delle modalità di esecuzione della notificazione e di eventuali altri elementi, si possa ragionevolmente ipotizzare che l’atto non sia pervenuto tempestivamente nella sfera di conoscibilità del destinatario (in tal senso, tra le altre, Cass. n. 18943/06, cit.); ma non può certo esaurirsi nella mera deduzione della nullità della notificazione (Sez. un. n. 9938/05, cit.).
Nel caso in esame, la corte d’appello ha fatto puntuale applicazione di tale principio, rilevando che, se per un verso il non preciso adempimento delle formalità prescritte per il perfezionamento della notifica a mezzo posta in caso di mancato ritiro dell’atto da parte del destinatario effettivamente aveva comportato un’irregolarità della notifica (nozione che, ai fini indicati dal citato art. 650, comprende i casi di nullità della notifica stessa), per altro verso l’opponente, limitandosi a sostenere di avere avuto conoscenza del decreto solo attraverso la notifica del precetto, non aveva in realtà fornito elementi di sorta per dimostrare che dalla suaccennata irregolarità era scaturito un effettivo impedimento della conoscenza tempestiva del decreto. Dalle concrete modalità con le quali la (irregolare) notifica è avvenuta la corte d’appello ha anzi tratto la convinzione dell’inverosimiglianza del fatto che l’ingiunta ne fosse venuta a conoscenza solo all’incirca due anni dopo, in occasione della notifica del precetto; e trattasi di una valutazione immune da vizi logici o errori di diritto, rimessa per il resto al giudice di merito e quindi non censurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 20391/07, cit.).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 1.000,00 per onorari e 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.000,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 8 luglio 2011.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2011