Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21406 del 17/10/2011
Cassazione civile sez. I, 17/10/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 17/10/2011), n.21406
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
V.V., (P.Iva (OMISSIS), elettivamente domiciliato
in Roma, P. Clodio 1, presso l’avv. Virgilio Gaito, rappresentato e
difeso dall’avv. TIMINERI Benedetto Aldo giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Agrigento (P.Iva
(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante, elettivamente
domiciliato in Roma, Via dei Campani 72, presso l’avv. Francesco
Manzullo, rappresentato e difende dall’avv. CATUARA Stefano giusta
delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 458 del
14.5.2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
7.7.2011 dal Relatore Cons. Dott. Vittorio Ragonesi;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 14.5.2007, la Corte di Appello di Palermo, riformando la decisione di primo grado, rigettava la domanda con la quale V.V., titolare dell’omonima impresa, aveva chiesto la condanna dell’Istituto Autonomo Case Popolari al pagamento di L. 73.379.848, con riferimento a lavori realizzati in esecuzione di un contratto di appalto stipulato con il detto Istituto.
Avverso la decisione V. proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati con memoria, cui resisteva l’I.A.C.P. con controricorso, con il quale eccepiva fra l’altro l’inammissibilità del ricorso per violazione del disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c..
La Corte ha optato in Camera di consiglio per ma motivazione semplificata.
Osserva la Corte che al ricorso per cassazione in questione devono essere applicate le disposizioni di cui al capo 1^ del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006) e, per quel che occupa, quella contenuta nell’art. 366 bis c.p.c., alla stregua della quale l’illustrazione del motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360, nn. 1, 2, 3, 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto; mentre, per l’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorso deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, per cui la relativa censura; in altri termini deve, cioè, contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. (Cass. sez. un. 20603/07).
Nel caso di specie il ricorso non contiene alcuna formulazione di quesito di diritto in ordine alle questioni di diritto sollevate e, inoltre, le censure che deducono un vizio di motivazione non contengono quanto richiesto dall’art. 366 bis c.p.c., dianzi riportato in quanto non si rinviene alcuna sintetica formulazione del dedotto vizio motivazionale.
Ne consegue che il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 7 luglio 2011.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2011