Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21405 del 10/10/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 21405 Anno 2014
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: CARLEO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 7442-2011 proposto da:
LITOSTAMPA OTTAVIANO DI VALENTINO OTTAVIANO & C SNC
00662790763, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GIOVANNI SEVERANO 35, presso lo studio dell’avvocato
SILVIO AGRESTI, rappresentata e difesa dall’avvocato
2014

ANTONIO AUTILIO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

1620

contro

COMUNE ATELLA 85001130765, CIANI PASQUALE;
– intimati –

l

Data pubblicazione: 10/10/2014

avverso la sentenza n. 22/2010 della CORTE D’APPELLO
di POTENZA, depositata il 29/01/2010 R.G.N. 506/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/06/2014 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
CARLEO;

Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

/( A,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 25-2-1997 il Comune di
Atella proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso il
25-1-1997 dal Pretore Circondariale di Melfi, Sezione
Distaccata di Rionero in V., in virtù del quale era stato

di Valentino Ottaviano s.n.c. di L. 22.599.732, oltre
interessi legali dal trentesimo giorno successivo
all’emissione delle fatture n. 430-431-525-580-581/1993 al
saldo e spese del procedimento monitorio. L’opponente
contestava l’avversa pretesa creditoria, stante la nullità del
contratto che sarebbe intercorso tra le parti per carenza di
forma scritta, richiesta

ad substantiam

per la cessione di

beni alla P.A, ed all’uopo deduceva che la fornitura in
oggetto non era stata in alcun o preceduta da un atto
deliberativo del Comune, né era stata ratificata dallo stesso,
in assenza di idonea copertura finanziaria, ciò che comportava
la responsabilità del soggetto che aveva agito in
rappresentanza dell’ente senza avere alcun potere. Pertanto
concludeva per la revoca del D.I.. e l’accertamento che
nessuna somma era dovuta all’opposta con vittoria di spese
processuali. Nel costituirsi in giudizio, la Lítostampa
Ottaviano s.n.c. chiedeva preliminarmente la chiamata in causa
di Ciani Pasquale, Sindaco di Atella che aveva ordinato gli
stampati indicati nelle fatture prodotte nel procedimento
monitorio ed evidenziava che il Comune non aveva mai

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condannato al pagamento in favore della Litostampa Ottaviano

contestato l’avvenuta fornitura, di talché concludeva per il
rigetto dell’opposizione, ovvero, in alternativa, per la
condanna del Ciani al pagamento della somma oggetto del
decreto ingiuntivo con rifusione degli oneri legali. Disposta
la chiamata in causa, si costituiva, altresì, Ciani Pasquale,

s.n.c. erano state regolarmente accettate dal Comune di
Atella, il quale aveva utilizzato il materiale tipografico
fornito dalla società opposta con conseguente indebito
arricchimento dell’ente: chiedeva perciò la conferma del
decreto ingiuntivo e, nel merito, il rigetto della domanda
proposta nei suoi confronti, mentre, nell’ipotesi di
accoglimento della stessa, spiegava azione riconvenzionale di
rivalsa per la condanna del Comune di Atella, ai sensi
dell’art. 2041 c.c., ad indennizzarlo della somma che fosse
risultata dovuta al creditore procedente. Nel corso del
giudizio, era ammesso ed espletato l’interrogatorio formale di
Ciani Pasquale; inoltre il Comune di Atella provvedeva al
pagamento della sorte capitale di E 11.671,79, riconosciuta

assumendo che le fatture emesse dalla Litostampa Ottaviano

quale debito fuori bilancio. All’esito, il Tribunale di Melfi
con sentenza revocava il decreto íngiuntivo opposto e
condannava il Comune di Atella al pagamento in favore della
Litostampa Ottaviano s.n.c. degli interessi sulle somme
indicate dalle fatture sino al momento dell’avvenuto pagamento
della sorte capitale, nonché alla rifusione delle spese
legali. Avverso tale pronuncia proponeva appello il Comune di

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d/

Atella, assumendo la contraddittorietà della decisione per
aver il primo giudice, per un verso, riconosciuto che il Ciani
aveva violato le disposizioni contenute nell’art. 3 D.L. n.
66/1989 e, per altro verso, affermato la legittimazione
passiva dell’ente e non del solo amministratore che aveva

decreto. Inoltre l’appellante contestava che l’avvenuto
riconoscimento del debito fuori bilancio equivalesse a
ricognizione di debito, in assenza di qualsiasi pregressa
obbligazione a proprio carico, assumendo viceversa di essere
obbligato limitatamente alle somme oggetto di riconoscimento,
peraltro già corrisposte, ragion per cui concludeva perché
fosse dichiarato il suo difetto di legittimazione passiva ed
accertato che nulla era dovuto alla Litostampa. In esito al
giudizio, in cui si costituiva l’appellata, la Corte di
Appello di Potenza con sentenza depositata in data 29
gennaio 2010 accoglieva l’appello, rigettava la domanda
attrice, condannava la Litostampa alla restituzione in favore
del Comune delle somme corrisposte in esecuzione della
sentenza di primo grado, compensava le spese del doppio grado.
Avverso la detta sentenza la soccombente ha quindi proposto
ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa
applicazione dell’art.83 cpc,

la ricorrente Litostampa

Ottaviano ha censurato la sentenza impugnata nella parte in

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consentito la fornitura, come previsto dall’art. 23 citato

cui la Corte di Appello ha disatteso l’eccezione di nullità
della procura, conferita al proprio difensore dal Comune di
Atella, assumendo che l’illeggibilità della sottoscrizione del
mandato e la mancata indicazione nel ricorso del nome del
Sindaco, che l’aveva conferita, non comportavano la nullità

All’uopo,

La doglianza è infondata.

mette conto di

sottolineare che, così come ha evidenziato la Corte
territoriale, nella fattispecie, la procura rilasciata a
margine dell’atto di appello conteneva espressamente
l’indicazione nominativa del Sindaco del Comune di Atella che
l’aveva conferita.
Ciò premesso, va rilevato che, come hanno statuito le Sezioni
Unite di questa Corte, l’illeggibilità della firma del
conferente la procura alla lite, apposta in calce od a margine
dell’atto con il quale sta in giudizio una società esattamente
indicata con la sua denominazione, è irrilevante, non solo
quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della
procura stessa o dalla certificazione d’autografia resa dal

della procura attesa la notorietà dell’identità del Sindaco.

difensore, ovvero dal testo di quell’atto, ma anche quando
detto nome sia con certezza desumibile dall’indicazione di una
specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il
titolare per il tramite dei documenti di causa (v. Sez.Un.
n.4810/2005). Ne deriva che nel caso di specie non merita
censura l’affermazione di principio, espressa dal giudice di
appello, secondo cui, contenendo la procura a margine del

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Afr

ricorso l’espressa indicazione nominativa del Sindaco del
Comune che l’aveva conferita, l’illeggibilità della
sottoscrizione del mandato alle liti e l’omessa indicazione
nominativa del Sindaco nel corpo del ricorso erano, di per sé
sole, assolutamente irrilevanti occorrendo intendere l’atto

presso lo stesso ente costituitosi in giudizio l’identità del
Sindaco pro tempore.
Passando alla seconda doglianza, per violazione e falsa
applicazione dell’art.112 cpc, 111 Cost., va osservato che, ad
avviso della ricorrente, la Corte di Appello sarebbe incorsa
nel vizio di extrapetizione trasformando un’eccezione di
carenza di legittimazione passiva in un’azione di nullità del
contratto per carenza di forma scritta ad substantiam, laddove
giammai il Comune aveva dedotto la nullità del rapporto
contrattuale. In tal modo, il giudice di appello avrebbe
altresì violato l’art.111 Cost. determinando vantaggi per il
Comune e penalizzando l’appellata.
La censura è infondata. Ed invero, come risulta dalla sentenza

nella sua unitarietà e potendosi agevolmente verificare

impugnata, il Comune di Atella sin dal primo momento,
nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo,

“contestava

l’avversa pretesa creditoria, stante la nullità del contratto
che sarebbe intercorso tra le parti per carenza di forma
critta, richiesta ad substantiam per la cessione di beni alla
P.A. ed all’uopo deduceva che la fornitura in oggetto non era
stata in alcun modo preceduta da un atto deliberativo del

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4/(/

Comune né era stata ratificata dallo stesso, in assenza di
idonea copertura finanziaria, ciò che comportava la
responsabilità del soggetto che aveva agito in rappresentanza
dell’ente senza avere alcun potere. Pertanto concludeva per la
revoca del d.i. e l’accertamento che nessuna somma era dovuta
pag. 2

della decisione di appello).
Ne deriva che nel caso specie deve escludersi qualsivoglia
violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed
il pronunciato, in quanto il giudice di appello non si
pronunciò affatto oltre i limiti delle domande e delle
eccezioni proposte dal Comune, posto che l’accertamento
dell’insussistenza del credito azionato dalla società
Litostampa Ottaviano presupponeva necessariamente, così come
richiesto dallo stesso opponente, il previo accertamento della
nullità del contratto che peraltro – il rilievo merita di
essere sottolineato – è rilevabile d’ufficio.
Resta l’ultima censura per violazione e falsa applicazione
dell’art.2041 cc, in relazione all’art.360 nn 3 e 5 cpc,
svolta quindi sia per violazione di legge sia per vizio
motivazionale, con cui la ricorrente ha censurato la sentenza
sotto un duplice profilo: a) per aver la Corte errato
nell’escludere che l’azione di indebito arricchimento fosse
già entrata nel giudizio di primo grado, avendo lo stesso
Comune riconosciuto in comparsa conclusionale la proposizione
dell’azione. Senza trascurare che il Comune aveva concluso un

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all’opposta con vittoria di spese processuali” (v.

accordo transattivo con la Litostampa Ottaviano e dichiarato
di fatto l’utilità della prestazione effettuata con una
delibera di riconoscimento dei debiti fuori bilancio; b) per
avere la Corte erroneamente condannato la società Litostampa
Ottaviano alla restituzione della somma versatale dal Comune

esecuzione di un provvedimento esecutivo nascente dal giudizio
monitorio o di merito, come erroneamente ritenuto dai giudici
di merito, ma in virtù dell’accordo transattivo indicato in
precedenza.
Il primo profilo di censura è infondato perché l’affermazione
del procuratore del Comune, contenuta nella comparsa
conclusionale, riguardo al fatto che l’ente avesse provveduto
al pagamento dell’indennizzo nei limiti del suo arricchimento,
non contiene la minima ammissione in ordine all’avvenuta
proposizione, ritualmente corretta e tempestiva, di una
domanda,nuova, di arricchimento senza causa, da parte
dell’attrice opposta.
Ugualmente infondato è il secondo profilo di censura, con
riferimento specifico al vizio motivazionale dedotto (v. il
riferimento alla violazione dell’art.360 n.5 cpc).
A riguardo, vale la pena di sottolineare che l’iter
argomentativo della Corte territoriale prende le mosse
dall’orientamento giurisprudenziale, secondo cui, in tema di
assunzione di impegni e di effettuazione di spese da parte
degli enti locali, a norma dell’art. 23 D.L. n. 66 del 1989

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trascurando che tale somma le era stata corrisposta, non in

(conv. in legge n. 144 del 1989, riprodotto senza sostanziali
modifiche dall’art. 35 D.Lgs. n. 77 del 1995 e ora rifluito
nell’art. 19 del D.Lgs. n. 267 del 2000), qualora la richiesta
di prestazioni e servizi proveniente da amministratore o
funzionario dell’ente locale non rientri nello schema

l’ente territoriale può riconoscere

a

posteriori

la

legittimità dei debiti fuori bilancio, con apposita formale
deliberazione di riconoscimento del debito nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente
stesso, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e
servizi di competenza, fermo restando che (a norma degli artt.
35 D.Lgs. n. 77 del 1995 e 191 D.Lgs. n. 267 del 2000), in
caso di mancato riconoscimento, il rapporto contrattuale
intercorre unicamente tra il terzo contraente e il funzionario
o l’amministratore che ha autorizzato la prestazione (v.
Cass.n.355/2002, Cass.n.11597/2005).
Ciò premesso – così, continua la Corte territoriale – va
rilevato che, nel caso di specie, nelle more del giudizio di
primo grado, era intervenuta una delibera comunale che aveva
riconosciuto il debito fuori bilancio, dal cui tenore, però,
non si desumeva l’avvenuto riconoscimento degli interessi
moratori. Tale circostanza era confermata dal contenuto
dell’atto di transazione, intercorso tra le parti, il quale
ribadiva come il Comune non avesse inteso corrispondere alla
Litostampa Ottaviano anche gli accessori del debito contratto

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procedimentale di spesa tipizzato dal terzo coma della norma,

dall’amministratore, che aveva richiesto la fornitura dei
beni.
Né poteva assumersi che spettassero alla società anche gli
interessi derivanti dal riconoscimento perché, a fronte
dell’avversa deduzione di nullità del contratto, la Litostampa

causa; il che escludeva l’ammissibilità di una pronuncia che
condannasse il Comune alla corresponsione di ulteriori somme,
oltre quelle spontaneamente riconosciute.
Da ciò, derivava l’accoglimento del motivo di gravame proposto
dal Comune (il quale aveva assunto “di

essere obbligato

limitatamente alle somme oggetto di riconoscimento, peraltro
già corrisposte”:

v. pag. 3 della sentenza impugnata). Logico

corollario dell’accoglimento del gravame – questa, la
conclusione del percorso argomentativo della Corte di merito era la condanna della Litostampa Ottaviano alla restituzione,
in favore del Comune di Atella, delle somme da quest’ultimo
corrisposte in esecuzione dell’impugnata sentenza: somme che
andavano evidentemente identificate nei soli

“interessi sulla

somma indicata dalle fatture, calcolate fino al momento
dell’avvenuto pagamento della sorta capitale”

(così,

testualmente, nel dispositivo della sentenza di primo grado) e
non già nella somma costituita dalla sorta capitale, come
sembra ritenere, erroneamente, la ricorrente, poiché
quest’ultima somma era stata già pagata dal Comune nelle more

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Ottaviano non aveva proposto azione di arricchimento senza

del giudizio di primo grado e non era stata oggetto di alcuna
statuizione di condanna della sentenza.
Tutto

ciò

insussistente

premesso

e

considerato,

deve

ritenersi

il vizio motivazionale denunciato dalla

ricorrente, in quanto la motivazione adottata dalla Corte

perviene a conclusioni

e

logicamente compatibili con le

premesse dal quale era partito il ragionamento della Corte.
Considerato che la sentenza impugnata è esente dalle censure
dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame,
siccome infondato, deve essere rigettato, senza che occorra
provvedere sulle spese in quanto la parte vittoriosa, non
essendosi costituita, non ne ha sopportate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. NullV spese.
jL
Così deciso in Roma in camera di Consiglio in data 24.6. 2014

territoriale appare assolutamente corretta e lineare

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