Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21404 del 10/10/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 21404 Anno 2014
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

PU

SENTENZA
sul ricorso 3894-2013 proposto da:
DEL NOCE FABRIZIO DLNFRZ48A03L219J, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI BATTISTA DE ROSSI
32, presso lo studio dell’avvocato ANNA SISTOPAOLI,
che lo rappresenta

e

difende unitamente all’avvocato

GRAZIA VOLO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

GRUPPO EDITORIALE L’ESPRESSO SPA 00488680588, in
persona

dell’amministratore

delegato

e

legale

rappresentante dott.ssa MONICA MONDARDINI, MAURO

1

Data pubblicazione: 10/10/2014

EZIO, elettivamente domiciliati in ROMA, P.ZZA DEI
CAPRETTARI 70, presso lo studio dell’avvocato
MAURIZIO MARTINETTI, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato VIRGINIA RIPA DI MEANA giusta
procura a margine del ricorso;

V.LE LIEGI 42, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO
GIOVANNI ALOISIO, che la rappresenta e difende giusta
procura a margine del controricorso;
– controri correnti –

avverso la sentenza n. 4006/2012 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/07/2012 R.C.N.
8595/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/06/2014 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato ANNA SISTOPAOLI;
udito l’Avvocato ROBERTO GIOVANNI ALOISIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

SALUZZI PAOLA, elettivamente domiciliata in ROMA,

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Fabrizio Del Noce ha proposto ricorso per cassazione contro la s.p.a. Gruppo
Editoriale L’Espresso, Ezio Mauro e Paola Saluzzi avverso la sentenza del 20 luglio 2012,
con la quale la Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’appello da lui proposto contro la
sentenza del 5 marzo 2008, con cui il Tribunale di Roma aveva respinto la sua domanda

diffamatorio e/o comunque lesivo della persona, della dignità, dell’onore e della
reputazione personale e professionale, ravvisabile:
a) nel contenuto dell’intercettazione di una conversazione telefonica avvenuta fra la
Saluzzi (all’epoca conduttrice televisiva della trasmissione “Uno Mattina”, in onda su RAI
Uno) e Salvo Sottile (all’epoca portavoce dell’allora vicepresidente del Consiglio dei
ministri, on. Gianfranco Fini), che era stata pubblicata sul numero del 19 giugno 2006 del
quotidiano “La Repubblica” – del quale la s.p.a. era editrice e il Mauro direttore
responsabile – nell’ambito di un articolo riportante anche altre intercettazioni, sotto il titolo
“I verbali. Conduttori, giornalisti e dirigenti: a Saxa Rubra telefonate e veleni”;
b) nel contenuto dell’articolo pubblicato il giorno successivo sullo stesso quotidiano,
intitolato “Che errore chiedere aiuto a Sottile, ma ….” e recante intervista alla Saluzzi sul
contenuto dell’intercettazione che la riguardava.
Il contenuto della detta intercettazione era emerso ed era stato conosciuto dal
quotidiano, in quanto era risultato compreso in un’ordinanza di custodia cautelare emessa
dal G.I.P. del Tribunale di Potenza nell’ambito del procedimento penale denominato
“Vailettopoli”, che era culminato con l’arresto del principe Vittorio Emanuele di Savoia e
di altri, fra cui lo stesso Sottile.
§2. Al ricorso, che prospetta tre motivi, hanno resistito con separati controricorsi da
un lato il Gruppo Editoriale L’Espresso ed il Mauro, dall’altro la Saluzzi.
§3. Il ricorrente e la Saluzzi hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. A premessa dell’esame dei motivi è opportuno precisare il contenuto sia
dell’articolo che dell’intervista riguardo ai quali è stata svolta la pretesa risarcitoria.
§1.1. Riguardo all’articolo, la parte ritenuta rilevante dal ricorrente viene trascritta
nell’esposizione del fatto del ricorso ed il documento viene indicato come prodotto in

Est. Con

aele Frasca

intesa ad ottenere il risarcimento dei danni sofferti per il carattere asseritamente

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

questa sede, onde risulta rispettato l’art. 366 n. 6 e.p.c. e la Corte, essendo in concreto
avvenuta anche la produzione del documento (a norma dell’art. 369, secondo comma, n. 4
c.p.c.), è messa in grado di controllare la corrispondenza della riproduzione al suo effettivo
contenuto e di apprezzare tale contenuto nella sua collocazione, nel suo complessivo tenore
e nel suo aspetto grafico, in funzione di quanto suppone lo scrutinio di motivi di ricorso.
La conversazione intercettata (dove “P” sta per la Sa11177i e “S” per il suo
interlocutore Sottile) risulta avere il seguente tenore,: <> [….] Provo una rabbia feroce …. Del Noce decise che non esistevo più. E questo
nonostante a “Unomattina” ascolti e gradimenti fossero ottimi. Altri aspettavano il mio
posto”.
§2. Con il primo motivo di ricorso — che appare rivolto soltanto contro il Gruppo
Editoriale L’Espresso ed il suo direttore – si deduce, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.,
“violazione e falsa applicazione degli artt. 51 e 595 c.p., dell’art. 21 della Costituzione e
degli artt. 8 – 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, dell’art. 2043 e 2059

c.c.”, nonché, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., “omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione in ordine all’avvenuto riconoscimento dei Giudici di primo grado della
sussistenza del legittimo esercizio del diritto di cronaca”.
4
Est. Cons. aff le Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 116.2014)
2

Il motivo si articola in varie e distinte censure e concerne la valutazione svolta dalla
sentenza impugnata riguardo al primo motivo di appello. A premessa della sua
illustrazione, vi si dice che ad essa si procederà con esclusivo riferimento a quel motivo,
ancorché si dia atto che la Corte territoriale lo ha esaminato congiuntamente al secondo
motivo di appello.
§2.1. In via preliminare, con quella che parrebbe una prima censura, si deduce che la
Corte capitolina sarebbe incorsa in un <> perché avrebbe

attribuito al primo motivo di appello un contenuto infedele, giacché l’avrebbe considerato
relativo soltanto alle inveritiere circostanze concernenti l’orientamento sessuale del Del
Noce ed all’epiteto “frocione”, mentre vi si era pure lamentato che non veritiere fossero
anche l’affermazione del fidanzamento con il Giletti e l’attribuzione di favoritismi in
danno degli interessi dell’azienda pubblica RAI di cui il Del Noce era dirigente.
§2.1.1. La censura, se la si considera effettivamente proposta, per la verità non
individua come essa si collochi rispetto al paradigma dell’art. 360 c.p.c. ed all’intestazione
del motivo, ma tanto non impedisce, alla stregua di Cass. sez. un. n. 17931 del 2013, che
questa Corte, supplendo all’una e all’altra carenza e dando rilievo alla sostanza di quanto
essa prospetta vi individui sia la prospettazione di un’omessa pronuncia su una censura del
motivo di appello sia un vizio ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c.
§2.1.2. La censura non appare fondata.
Si rileva, infatti, che dalla stessa sentenza impugnata e precisamente dalla pagina 4,
in chiusura dell’esposizione riassuntiva del primo motivo di appello, emerge che la Corte
territoriale ha ben tenuto presente il contenuto di esso proprio nei termini indicati dal
ricorrente e lo ha correlativamente esaminato.
Infatti, se è vero che nel terzo capoverso di cui ai righi 13-17 di detta pagina si fa
riferimento solo, con una prima proposizione, all’assunto del primo motivo circa il
carattere non veritiero delle circostanze riferite nella conversazione intercettata “in
relazione al proprio [del Del Noce] orientamento sessuale” e, con una seconda, a quello
circa la violazione del requisito della continenza “stante l’insultante epiteto frocione
pronunciato dalla Saluzzi al suo [del Del Noce] indirizzo”, tuttavia, si deve rilevare
gradatamente:
a) che l’oggetto della prima proposizione si presta evidentemente a comprendere

anche il riferimento al “fidanzamento”, atteso che esso è oggettivamente collegato
all’orientamento sessuale, onde per ciò solo non è sostenibile che la Corte capitolina non
.??

5
Est. Cons.Raffae1e Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

abbia percepito l’estensione del primo motivo dell’appello anche quanto all’aspetto
dell’intercettazione concernente l’attribuzione del “fidanzamento”;
b) che, comunque, nella successiva motivazione con cui ha rigettato il primo motivo
di appello la Corte. territorialenon ha mancato di considerare — il che renderebbe irrilevante
che nel riferire il primo motivo non abbia, in ipotesi denegata, indicato detto aspetto —
tanto la circostanza del fidanzamento quanto quella dell’attribuzione dei favoritismi:
riguardo al primo aspetto nel secondo rigo della pagina 6 si allude infatti al “legame

sentimentale” con Giletti e vi si torna ad alludere nei righi ventitre e ventisette della stessa
pagina; riguardo all’aspetto dei favoritismi vi si allude sempre nella stessa pagina,
argomentando sulla posizione apicale del Del Noce e parlando di “favoritismi in àmbito
aziendale.
§2.1.3. La censura, sempre se la si ritiene proposta, risulta pertanto priva di
fondamento sia quanto all’omessa pronuncia sia quanto al vizio motivazionale, perché la
Corte romana ha giudicato del primo motivo anche quanto ai due aspetti indicati.
§2.2. Dopo la premessa cui si è fatto riferimento e che si è scrutinata come una
ipotetica censura nei sensi ora detti, l’illustrazione del motivo si articola in due paragrafi
separati, numerati come 1) e 2).
§2.3. Sotto il paragrafo indicato come 1), si fa riferimento in primis al passo
motivazionale della sentenza impugnata con cui la Corte romana, per negare che la
pubblicazione dell’intercettazione integrasse una diffamazione, si è così espressa:
“Ritiene la Corte che i due motivi – da trattarsi congiuntamente poiché fra loro
connessi ed entrambi concernenti i medesimi appellati Gruppo Editoriale L’Espresso ed
Ezio Mauro – non siano condivisibili. Con riferimento al primo, sebbene il Del Noce non
fosse indagato, né per altro verso coinvolto nel procedimento penale, in fase di indagini
preliminari, nel cui àmbito è stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare, contenente
la intercettazione del colloquio telefonico Saluzzi-Sottile, ciò nonostante la divulgazione
della telefonata mediante pubblicazione sul quotidiano appare giustificata dal legittimo
esercizio del diritto di cronaca”.
Si richiamano, quindi, evocando Cass. n. 16917 del 2010, i principi affermati dalla
giurisprudenza di questa Corte circa i requisiti necessari per considerare la divulgazione di
notizie lesive dell’onore come espressione del diritto di cronaca ed escludere la

responsabilità civile per il delitto di diffamazione, cioè il principio della verità oggettiva o
putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca, il principio della c.d.
pertinenza, cioè della sussistenza di un interesse pubblico all’informazione, e il principio
6
Est. Cons.

c’e Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

della c.d. continenza, cioè dell’osservanza di una forma “civile” nell’esposizione dei fatti e
nella loro valutazione.
Si passa, quindi, ad esaminare la motivazione della sentenza impugnata con
riferimento a tali principi e si prospettano, sebbene senza una chiara scansione che le separi
l’una dall’altra, varie censure parametrate proprio ad essi.
§2.3.1. In primo luogo si considera la motivazione della sentenza impugnata nella
parte in cui ha ravvisato la pertinenza della riproduzione dell’intercettazione ad un

interesse pubblico alla conoscenza da parte dei lettori, così inizialmente argomentando in
ordine al contesto sul quale si sarebbe innestato l’articolo del 19 giugno 2006. La parte di
motivazione evocata ha il seguente tenore: “Innanzi tutto la comunicazione appare
pertinente ad un rilevante interesse pubblico dei lettori. Va premesso che l’inchiesta in
questione, c.d. “Vallettopoli”, avviata dalla magistratura di Potenza nei confronti di
Salvatore Sottile all’epoca portavoce dell’allora vice presidente del Consiglio dei Ministri
on. Fini aveva ad oggetto l’ipotesi di concussione sessuale contestata al Sottile in
concorso con il vicedirettore delle risorse TV di viale Mazzini Giuseppe Sangiovanni.
Secondo gli inquirenti, il Sottile ed il Sangiovanni, abusando delle rispettive qualità e dei
loro poteri, avevano instaurato con le aspiranti attrici un rapporto di soggezione tipico
della concussione, ottenendo prestazioni sessuali in cambio di segnalazioni o di
raccomandazioni per la partecipazione a programmi televisivi. Si ipotizzava inoltre che il
Sottile abusasse del proprio ruolo e millantasse le proprie conoscenze in Rai, promettendo
favori e forme di interessamento alle attrici, soubrettes e conduttrici che aspiravano a
lavorare presso l’azienda pubblica. Il quadro che emerge dalle conversazioni registrate
era dunque quello di un forte coinvolgimento di alcuni funzionari RAI e di una grave
commistione tra politica ed azienda televisiva.”.
Con riferimento alla riportata motivazione si sostiene — così prospettando una prima
censura – che in essa «il “contesto” descritto», cioè la descrizione nel riportato passo
motivazionale della situazione in cui si sarebbe collocato l’articolo, risulterebbe <>.

§2.3.1.3. Riguardo alla censura relativa alla circostanza che il contenuto dell’articolo
non precisava in alcun modo che il Del Noce, come la Saluzzi, non risultavano coinvolti in
modo penalmente rilevante nel procedimento penale, una volta rilevato che tale dato era
pacifico, tant’è che la sentenza l’ha considerato, ed una volta ribadito che si tratta di
censura inidonea a rilevare con riferimento al profilo dell’interesse pubblico alla
pubblicazione (pertinenza) ed invece oggettivamente funzionale in astratto
all’apprezzamento concernente la c.d. continenza, il Collegio osserva in primo luogo che la
censura così qualificata è priva di qualsiasi attività anche percepibile solo oggettivamene —
cioè senza espressa evocazione – dimostrativa in iure di come detta mancata precisazione
possa avere determinato la violazione del limite della continenza.
Nessuna argomentazione è svolta, infatti, sul come e perché il dato puramente
negativo della mancanza di precisazione sul mancato coinvolgimento del Del Noce
avrebbe integrato un’esorbitanza dal limite della continenza. Sicché, pur apprezzata la
censura per quello che propone ed al di là dell’inesatto riferimento al limite dell’interesse
pubblico, l’assenza di tale attività dimostrativa la rende del tutto generica. Né — lo si
osserva per assurdo — quando si apprezzasse la censura come evocativa del limite
dell’interesse pubblico, essa potrebbe subire diversa sorte, dato che non si spiega come e
perché l’omessa precisazione abbia determinato la violazione di quel limite.
La censura sarebbe, pertanto, inammissibile alla stregua del seguente principio di
diritto: <>),che non
solo non evoca il Del Noce, ma ha anche lo stesso carattere corsivo e la stessa dimensione
del contenuto della conversazione, che si colloca dopo altra diversa conversazione
12
Est. Cons. Ra ael rasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

intercettata con un titolo di identica fattura e prima di altre anch’esse titolate sempre con
modalità identiche;
.

0 nel riprodotto contenuto della intercettazione, che è la sola parte dell’articolo che

consente al lettore di percepire il coinvolgimento nella riproduzione del Del Noce, sia il
suo nome che quanto lo riguarda non sono nemmeno graficamente evidenziati in modo
diverso rispetto all’intero corpo dell’articolo.
§2.3.1.7. Nella descritta situazione, se il Collegio potesse procedere allo scrutinio
della censura, dovrebbe, esprimendo un giudizio in iure quanto alla sussumibilità del

contenuto dell’articolo sotto il limite della continenza e quanto allo svolgimento da parte
della testata giornalistica di un’attività di commento a parole o con mezzi grafici diretta a
suggerire anche in misura minimale ed allusiva il coinvolgimento nell’indagine penale,
dare una risposta assolutamente negativa, cioè escludere in modo deciso che una simile
connotazione vi si potesse cogliere. Nulla in sostanza nell’articolo suggeriva al lettore un
coinvolgimento del Del Noce. Né, d’altro canto, esso si poteva desumere direttamente
dalla conversazione fra la Saluzzi ed il Sottile, se non altro per il fatto che la conversazione
e, quindi, quanto affermato dalla Saluzzi si riferiva al passato, mentre la vicenda penale era
il presente.
A pagina 23 del ricorso si sostiene, d’altro canto, in modo puramente assertorio che il
titolo dell’articolo, sopra ricordato sub a), sarebbe stato idoneo a indurre <>, ma non si spiega
come e perché tale induzione potesse ricollegarsi ad esso. Si deve, comunque, osservare
che l’evocazione dei “verbali” rimandava alla riproduzione delle intercettazioni, mentre il
resto del titolo non indicava nemmeno chi fosse indagato, né direttamente né
indirettamente, essendo la conoscenza di tale dato affidata evidentemente — è da credere ad altra parte del giornale (la pagina precedente?) non prodotta in questa sede e cui nessun
riferimento il ricorrente (e nemmeno le altre parti costituite) hanno fatto.
E’ da escludere, dunque, che con una simile caratterizzazione l’articolo del 19
giugno 2006, come tale e per quanto prodotto in questa sede, suggerisse in alcun modo,
anche soltanto per via surrettizia, l’idea che il Del Noce fosse inquisito.
§2.3.1.8. Si deve, poi, aggiungere, sciogliendo la riserva fatta sopra al paragrafo
3.3.1.4, che il tenore del contenuto dell’articolo, in quanto meramente riproduttivo di varie
intercettazioni e privo di attività di esercizio di commenti riassuntivi negli occhielli o
tramite altra tecnica in qualche modo evocativi della persona del Del Noce, esclude altresì
che un superamento del limite della continenza sia ascrivibile alla testata giornalistica per
13
Est. Cons. affae1e Frasca

R.g.n. 3894-13 (ad. 13.6.2014)

un fatto omissivo, cioè per non avere precisato che il medesimo non era coinvolto
nell’inchiesta penale.
Diversamente sarebbe stato se la riproduzione dell’intercettazione che riguardava il
del Noce fosse stata in qualche modo oggetto di commenti, eventualmente anche con
riferimento ad altre intercettazioni diverse da quella fra la Saluzzi ed il Sottile, oppure se
gli occhielli avessero in qualche modo evocato la persona del Del Noce. In tal caso l’idea
che il Del Noce fosse stato indagato si sarebbe potuta leggere anche solo dubitativamente,

avuto riguardo all’eventuale idoneità della tecnica usata ad ingenerarla.
L’assenza nell’ordito dell’articolo di qualsiasi indicazione circa i soggetti indagati
esclude, invece, che il non esserlo il Del Noce dovesse essere precisato, perché il silenzio
generale in proposito non appare significativo che tutti i soggetti nominati fossero coinvolti
dall’inchiesta.
Siffatta conclusione si giustifica anche per l’impossibilità per la Corte, nella logica
del vizio di sussunzione che è chiamata a scrutinare, di considerare la collocazione
dell’articolo di cui è processo nell’àmbito degli altri servizi eventualmente dedicati nello
stesso numero del quotidiano alla vicenda e soprattutto di quello che si intuisce certamente
esistente nella pagina precedente quella in cui sono state riprodotte le intercettazioni e fra
esse quella concernente il ricorrente.
In fine non può dirsi – in disparte che nemmeno lo si è sostenuto – che proprio
l’assenza di qualsivoglia indicazione nella pagina di chi fosse indagato potesse come tale,
cioè per il suo contenuto negativo, indurre ad attribuire al Del Noce la qualità di indagato
sulla base del contenuto delle intercettazioni riprodotte: è sufficiente osservare che il
contenuto di esse nulla indicava ed anzi nulla (per essere relative al passato) poteva
indicare in proposito. Nessuna indicazione era, inoltre, desumibile, come s’è veduto, dai
titoletti a premessa di ciascuna delle intercettazioni.
D’altro canto, fermo nuovamente che ad essa non si è nemmeno fatto alcun
riferimento, l’assenza di indicazioni sul contenuto della pagina precedente del quotidiano
impedisce di valutare il profilo di censura in discorso al di là di quanto emerge dalla pagina
qui prodotta.
§2.4. Sempre nell’illustrazione del primo motivo viene svolta, di seguito, un’altra
censura con cui si criticare, riportandolo nel ricorso ed in quanto rivelatore di un erroneo
apprezzamento da parte della Corte territoriale della sussistenza del requisito del rilevante
interesse pubblico del lettore (c.d. pertinenza), il seguente passo motivazionale della
sentenza impugnata (successivo a quello evocato e criticato in precedenza): <>.
L’articolo avrebbe, dunque, realizzato «una rilevante violazione dell’interesse
pubblico del lettore, perché al medesimo sono state fornite informazioni incomplete e
certamente irrilevanti e di nessun conto nell’ àmbito della c.d. “inchiesta vallettopoli”,
attesa l’assoluta estraneità del Del Noce e sinanche della medesima Saluzzi>>.
§2.4.2. Al contrario di quanto sostengono i resistenti, la censura — che involge il tema
della c.d. pertinenza dell’informazione fornita – è ammissibile, in quanto sollecita questa
15
Est. Cons. Raffaele Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

Corte non già ad una rivalutazione della quaestio facti al di fuori dei limiti del n. 5 dell’art.
, 360 c.p.c. nel testo anteriore alla versione ora vigente (ed applicabile al ricorso), bensì allo
scrutinio di un vizio di c.d. sussunzione, cioè circa la riconducibilità della fattispecie
concreta, incontroversa nei suoi profili di accadimento di fatto, sotto il parametro
normativo dell’esercizio legittimo del diritto di cronaca in quanto giustificato dal rilevante
interesse pubblico del lettore alla conoscenza dell’accadimento narrato. Si sostiene in
pratica che l’interesse pubblico del lettore alla conoscenza dell’intercettazione nella parte

riguardante il Del Noce (la c.d. pertinenza dell’informazione) non sarebbe stato sussistente
e, dunque, che non potrebbe essere invocato come giustificativo, sotto il profilo
dell’esercizio del diritto all’informazione, dell’esclusione della riconducibilità della
pubblicazione della notizia alla fattispecie astratta del delitto di diffamazione, invocata
nella rubrica dell’articolo.
Si tratta, in sostanza, di verificare se la fattispecie concreta è stata correttamente
ricondotta sotto l’ambito dell’ampiezza disciplinatrice della fattispecie astratta di
individuazione di detto interesse e, quindi, il vizio lamentato è riconducibile all’àmbito del
n. 3 dell’art. 360 c.p.c., sub specie del paradigma della falsa applicazione di norma di
diritto.
§2.4.3. Tanto chiarito, il Collegio osserva che la censura è, tuttavia, priva di
fondamento.
Queste le ragioni.
§2.4.3.1. Premesso che nella specie si è trattato di esercizio del diritto di cronaca
giudiziaria, con riferimento al contenuto di un atto, un’ordinanza di custodia cautelare
emessa da un G.1.P. nell’àmbito di un’inchiesta penale, che era divenuto non più coperto
dal segreto agli effetti della disciplina del processo penale, giusta il combinato disposto del
primo comma dell’art. 114 e dell’art. 329, primo comma, c.p.p. (per essere stata conosciuta
l’ordinanza de qua dal o dagli imputati e dai loro difensori), si deve rilevare che è priva di
fondamento la prospettazione del ricorrente che il non essere egli coinvolto nel
procedimento penale di per sé implicasse che l’informazione desumibile dal riprodotto
contenuto dell’intercettazione in cui egli era nominato non fosse assistita dal requisito del
rilevante interesse pubblico del lettore alla sua conoscenza e, quindi, non fosse pertinente.
Non è, infatti, sostenibile in linea generale che, quando in un atto del processo
penale non coperto dal segreto secondo le regole del Codice di procedura penale,
risulti contemplato un fatto o una notizia che sia relativa a persona che non sia in esso
coinvolta come “parte” e che siano potenzialmente lesivi del suo onore, della sua
16
Est. Cons. R.affale Frasca

R.g.n. 3894-13 (od. 13.6.2014)

reputazione, della sua riservatezza o di altri interessi primari, automaticamente si
debba ritenere che l’esercizio del diritto di cronaca riguardo al processo debba
avvenire per ciò solo omettendo qualsiasi riferimento a ,detta persona, perché il suo
non coinvolgimento in quella veste comporterebbe di per sé la carenza dell’interesse
pubblico del lettore o dell’utente del servizio informativo alla conoscenza di ciò che lo
riguarda. Occorre procedere, invece, sempre ad un accertamento concreto
dell’esistenza o meno di tale interesse, che può, dunque, sussistere anche se

l’informazione emergente dall’atto concerna persona non coinvolta.
A sostegno di tale affermazione si rileva in primo luogo che, se, con riferimento alla
cronaca giudiziaria e, quindi, all’essenziale aspetto della sua rilevanza per assicurare il
controllo dell’opinione pubblica e, dunque dei consociati, sulle vicende e sulle modalità
dell’esercizio da parte dello Stato della pretesa punitiva e, quindi, di un potere per
definizione funzionale ad un interesse pubblico e, pertanto, dei consociati (data l’invasività
e la pervasività della giurisdizione penale), si sostenesse che le notizie concernenti lo
svolgimento di detto esercizio (da parte dell’autorità giudiziaria) possono legittimamente
essere oggetto di cronaca soltanto se riguardanti i soggetti attinti, per così dire, “in
negativo” dal processo penale, cioè gli indagati o gli imputati, l’esercizio del diritto di
cronaca finirebbe per non potere attingere neppure i soggetti coinvolti nel processo come
vittime del reato. Ciò per la ragione che sarebbe impossibile o difficile esercitare la
cronaca riguardo all’indagato o imputato senza nominare la vittima, atteso che il fatto di
reato e, quindi, il processo che lo riguarda, è necessariamente comune ad entrambi.
Questo rilievo è decisivo, naturalmente, se si condivide l’idea che la conoscenza
dell’esercizio della pretesa punitiva penale e delle sue modalità di svolgimento per
definizione è correlata all’interesse pubblico e ferma naturalmente la ricerca dell’esistenza
di eventuali limitazioni a tale conoscenza rintracciabili non già nel difetto di sussistenza di
quell’interesse, bensì di interessi ad esso superiori. Interessi che lo stesso art. 329 c.p.p.,
nel suo comma 3, per esempio, contempla quali potenziali elementi che possono, pur in
presenza della cessazione del segreto ai sensi del suo comma 1, giustificare l’imposizione
di una segretezza. Interessi che, dunque, così come sono rilevanti per l’autorità giudiziaria
penale e, dunque, all’interno del processo, possono e debbono legittimamente ricercarsi
anche al di fuori della normativa disciplinatrice di esso, cioè in altri interferenti settori
dell’ordinamento.
§2.4.3.2. Se si conviene, dunque, che l’interesse pubblico alla conoscenza si correla
non solo alla qualità di persona indagata o imputata, cioè colpita dalla pretesa punitiva, ma
17
Est. Cons. RtffaeIe Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

anche alla qualità di vittima, si deve ulteriormente realtà constatare che, poiché le vicende
dello svolgimento della pretesa punitiva, cioè i fatti che assumono rilevanza nel processo
penale in relazione alla posizione di dette categorie di soggetti, ben possono riguardare,
nella loro dimensione di accadimenti storici, altri soggetti, in quanto tali fatti siano
utilizzati nel processo penale secondo le logiche degli atti che vi si compiono, emerge che,
essendo funzionale la conoscenza di detti fatti alla conoscenza’ della vicenda penale
siccome coinvolgente l’indagato o imputato e la vittima (cioè del procedimento e del

giudizio penale), il diritto di cronaca, se dovesse incontrare il limite automatico della
preclusione dell’informazione con riferimento ai fatti coinvolgenti, a livello di
accadimento storico pur divenuto rilevante nel processo penale, soggetti che non rivestono
nel momento dell’informazione quelle qualità (cioè siano “terzi”), finirebbe per non poter
essere esercitato e ciò ancorché la conoscenza di quei fatti, proprio perché essi sono
divenuti rilevanti in funzione ed in ragione dell’acquisizione da parte di taluno delle qualità
di indagato o imputato e di vittima, certamente sia oggettivamente e potenzialmente di
interesse pubblico.
Predicare dunque che la cronaca giudiziaria circa lo svolgimento del procedimento o
del processo penale non coperto da segretezza debba avvenire sempre espungendo i fatti
che riguardino i terzi estranei al processo, perché riguardo ad essi non sussisterebbe
automaticamente l’interesse pubblico alla conoscenza, risulta dunque manifestamente
contraddittorio giacché si risolverebbe nell’automatica negazione di tale interesse,
ancorché esso sia innegabile, riguardando l’esercizio della pretesa punitiva penale nel suo
complesso e, dunque, un profilo di rilevanza pubblicistica sicura e, come tale,
astrattamente sempre interessante l’opinione pubblica.
Pertanto, una volta considerato che lo svolgimento della pretesa punitiva penale non
coperto da segretezza, attesa la delicatezza dell’esercizio di essa, in ragione dell’interesse
preservato, è per definizione oggetto di un rilevante interesse pubblico alla conoscenza,
tale interesse non può che attingere in astratto quello svolgimento nella sua interezza e,
dunque, anche quanto al coinvolgimento dei terzi, dato che altrimenti l’informazione
diretta a soddisfare detto interesse non potrebbe esplicarsi.
§2.4.3.3. Ciò, naturalmente, dovendosi affermare in linea astratta, non toglie che un
limite all’esercizio del diritto di cronaca dei fatti rilevanti nel processo coinvolgenti terzi
sotto il profilo della pertinenza dell’informazione e, quindi, nell’individuazione di ciò che è
ad essa funzionale e dunque soddisfa il relativo interesse pubblico, possa e debba
ricercarsi, per un’esigenza di ovvio bilanciamento e proprio perché di terzi si tratta, a tutela
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Est. Cons. RaffkeLFrasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

di loro diritti di importanza primaria e, particolarmente, della loro reputazione e del loro
onore, nonché della sfera della loro riservatezza, ovvero ancora a tutela, di rapporti
personali dei terzi nella sfera delle relazioni familiari, cioè in definitiva di tutto ciò che
connota l’essere il terzo una “persona”. •
Il limite in funzione di tale bilanciamento (che, come s’è visto, lo stesso codice
processuale penale prevede in generale e, dunque, in relazione agli stessi soggetti coinvolti
direttamente nel processo) si può individuare qualora la conoscenza dei fatti coinvolgenti il

terzo, pur oggettivamente funzionale alla conoscenza dell’esercizio della pretesa punitiva e
delle sue modalità per come si sono effettivamente articolate e, quindi, alla conoscenza del
processo penale nel suo concreto divenire, possa, tuttavia, risultare a posteriori, cioè
quando si esercita il diritto di cronaca giudiziaria, priva di rilievo per soddisfare la
formazione da parte della pubblica opinione di una conoscenza di ciò che in concreto è
oggetto della pretesa punitiva penale e che, quindi, si presenta effettivamente funzionale
alla doverosa informazione su di essa e non già alla mera rappresentazione di come la
vicenda penale si è svolta e di tutto ciò con cui si è dipanata.
Si vuol dire, cioè, che, se pure nello svolgimento della pretesa punitiva penale nel
procedimento o processo penale siano emersi fatti coinvolgenti terzi, che nella dinamica di
detto svolgimento sono stati utilizzati sul piano processuale e sono, pertanto, divenuti fatti
pro cessuali, tuttavia, è possibile escludere, tramite un accertamento svolto in concreto cui è
tenuto chi eserciti la cronaca giudiziaria, l’interesse pubblico alla loro conoscenza se essi si
connotino come del tutto estranei ed irrilevanti rispetto all’informazione sull’oggetto della
pretesa punitiva. Ricorrendo tale condizione il nesso di pertinenza della cronaca può essere
considerato insussistente ove i fatti coinvolgenti il terzo afferiscano a interessi del
medesimo coinvolgenti interessi primari.
In sostanza se il fatto coinvolgente il terzo sia emerso nel processo penale ma si
connoti come del tutto irrilevante ai fini della conoscenza dei termini e dell’oggetto della
pretesa punitiva siccome esercitata nel procedimento o processo penale e siccome
potenzialmente suscettibile di ulteriori sviluppi di analogo e simile oggetto, ancorché
l’emersione si sia verificata e, dunque, oggettivamente sia parte dello svolgimento del
procedimento o processo penale, è sostenibile che l’esercizio del diritto di cronaca
giudiziaria possa non essere assistito dal requisito dell’interesse pubblico alla conoscenza
e, dunque, l’informazione pertinente, se riguardi fatti di tal genere.
Si deve, dunque, rimarcare che, allorquando il fatto processuale penale, pur divenuto
pubblico in seno al processo penale, riguardi un terzo, la cronaca giudiziaria che lo
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Est. Cons. Raffaet Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

riferisca non è automaticamente legittima sotto il profilo della pertinenza per il sol fatto
che, osservando naturahnente il limite della continenza, lo riporti fedelmente all’opinione
pubblica, cioè all’esterno della limitata sfera della pubblicità verificatasi_ nel processo
penale, occorrendo anche che chi esercita il diritto di cronaca tenga conto se il riferirlo
integralmente sia effettivamente funzionale all’interesse pubblico alla conoscenza della
vicenda penale e, dunque, all’informazione su di essa.
§2.4.3.4. Si tratta a questo punto di applicare questi principi alla fattispecie di cui è

processo.
All’uopo, si deve preliminarmente rilevare che l’informazione emergente dalla
intercettazione di cui trattasi concerneva una manifestazione di generico e non spiegato
convincimento della Saluzzi sulla tendenza sessuale del Del Noce, congiunta
all’affermazione, non si sa se frutto di conoscenza diretta oppure di conoscenza indiretta
oppure ancora di valutazione e supposizione, ma, tuttavia, in ogni caso non circostanziata
in alcun modo e particolarmente quoad luogo e tempo, circa l’esistenza di una relazione
espressione di essa e circa l’incidenza di tale relazione sull’esercizio della funzione
ricoperta dal del Noce in senso alla Rai.
Tali caratteristiche e, dunque l’assenza di circostanziazione, sia della fonte oggettiva
o soggettiva della conoscenza della tendenza sessuale, sia della affermata relazione, sia
della sua incidenza sulla funzione del Del Noce, connotavano le affermazioni della Saluzzi
non già come divulgazione, sebbene in una privata conversazione e, quindi, rispetto ad una
sola persona, di “dati” afferenti alla sfera personale del Del Noce, dei quali Ella era in
possesso, legittimamente o meno, bensì come mere affermazioni di un suo, assolutamente
non spiegato e circostanziato, convincimento.
Dunque non si trattò della rappresentazione di “fatti” conosciuti e comunicati al
Sottile, bensì di una mera espressione di opinioni. Opinioni nelle quali, peraltro, quanto
alla sfera sessuale non si coglieva una sicura nota spregiativa, come poteva suggerire
l’oggettiva pesantezza del termine “frocione”, nel senso che quell’espressione non si
connotava nel contesto della conversazione, come diretta a manifestare un apprezzamento
negativo circa l’omosessualità, bensì piuttosto come espressione di quel purtroppo ancora
diffuso e certamente incivile atteggiamento di irrisione verso l’omosessualità anche da
parte di chi — con ancora maggiore e ben più grave censurabilità — non assume un
atteggiamento negativo.
L’espressione “colorita”, non diversamente dal riferimento alla “fidanzata” serviva
solo, appunto nel quadro di chi tiene quell’atteggiamento di irrisione, ad indicare, a chi
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Est. Cons. Raffaele Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

evidentemente si sperava potesse intervenire a proprio favore, la ragione di “ingiustizia”
della presunta preferenza accordata al Giletti in quanto dipendente dalla relazione sessuale,
ma senza che il carattere di tale relazione avesse alcun rilievo.
§2.4.3.5. Ciò premesso, si osseiva in primo luogo che la pubblicazione
dell’intercettazione della conversazione Saluzzi-Sottile, per quanto concerna l’aspetto
dell’evidente perorazione da parte della prima di un intervento del secondo finalizzato a
scongiurare la sua estromissione dalla conduzione di un programma televisivo certamente

interessava l’opinione pubblica perché funzionale alla conoscenza di un fatto concernente
la posizione del Sottile in quanto indagato e imputato nel processo penale ed anzi idoneo,
evidentemente, nella prospettazione dell’ipotesi accusatoria a giustificare l’ordinanza
cautelare (siccome potenzialmente rivelatore sul piano probatorio del comportamento
delittuoso ascritto al Sottile, dato che una nota soubrette a lui si rivolgeva per perorare la
sua causa).
Si rileva, poi, che, applicando i concetti esposti sopra all’intercettazione riprodotta in
quanto la Salli77i vi si riferiva al Del Noce, terzo estraneo, e premettendo la considerazione
che il procedimento penale a carico del Sottile e di altri concerneva fatti di pretesa
corruzione per finalità sessuali (secondo l’ipotesi accusatoria verificatisi con riferimento
alla gestione della RAI), le affermazioni della Saluzzi, sia riguardo alle tendenze sessuali
del Del Noce, sia quanto alla narrazione della pretesa relazione con il Giletti ed alla sua
conseguenza (affidamento del programma), sia quanto alla implicita conseguente
attribuzione di un esercizio delle funzioni di direttore di rete in funzione di favorire il
Giletti, costituivano manifestazioni di opinione e di una del tutto generica conoscenza da
parte della dalla Saluzzi, l’interesse alla cui conoscenza da parte dell’opinione pubblica
come oggetto di dichiarazione da parte sua pur nella privata conversazione con l’indagato
Sottile, appariva giustificata dall’interesse pubblico concreto a conoscerne l’esistenza,
perché strettamente connessa, come notizia sullo svolgimento del processo penale, con
l’oggetto dell’esercizio della pretesa punitiva in essa esercitata.
Ciò perché si trattava della notizia di un fatto processuale penale che ineriva una
manifestazioni di opinione e di generica conoscenza di un accadimento (il favoritismo
legato alla pretesa relazione sessuale) in stretta ed oggettiva connessione per similarità con
l’oggetto dell’esercizio della pretesa punitiva, siccome riguardante il Sottile ed altri.
La pretesa finalizzazione sessuale dell’operare del Del Noce nelle sue funzioni di
decisione e scelta circa la conduzione dei programmi o lo svolgimento di altre attività,
ipotizzata dalla Saluzzi, evidenziava certamente una situazione — pur solo nell’opinione
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Est. Cons. 1.affaele Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

della medesima — omologa e simile a quelle direttamente attinte dalla pretesa punitiva
esercitata nel processo penale, che concerneva fatti illeciti per finalizzazione sessuale
coinvolgenti l’esercizio delle funzioni della dirigenza Rai, di cui il Del Noce, pur estraneo
all’ndagine, faceva parte.
Si trattava, pertanto, di manifestazioni di opinioni della Saluzzi che, sottintendendo
l’esistenza, sebbene appunto, lo si ribadisce, a suo giudizio e per conoscenza del tutto
generica, di un comportamento del Del Noce nell’esercizio della carica dirigenziale

rivestita in seno alla RAI, ispirato dalla pretesa relazione sessuale con il Giletti, risultavano
iscrivibili per assoluta similarità come notizia nella stessa cornice in cui si collocavano i
fatti di reato per cui il procedimento penale aveva avuto corso a carico del Sottile e di altri.
Tant’è che, se il fatto attribuito al Del Noce fosse stato vero, sarebbe stato verosimilmente
ipotizzabile un reato di medesima indole rispetto a quello attribuito al Sottile. O
quantomeno, data la difficoltà di configurare la rappresentazione di un “fatto” in quanto
espresso dalla Saluzzi – attesa la già evidenziata mancanza di circostanziazione e, dunque,
la genericità delle sue affermazioni – sarebbe stata ipotizzabile un’azione investigativa a
carico dello stesso Del Noce per verificare eventuali riscontri idonei a farlo concretamente
emergere.
L’indicata similarità rende allora la pubblicazione dell’intercettazione, ancorché
concernente una notizia emersa dalla vicenda penale coinvolgente terzi estranei, quali il
Del Noce e lo stesso Giletti, funzionale all’assicurazione, nell’esercizio del diritto di
cronaca giudiziaria, dell’interesse pubblico concreto all’informazione sulla vicenda penale
nella sua direzione e finalizzazione, in quanto si trattò di una notizia certamente e
strettamente connessa con l’oggetto dell’esercizio della pretesa punitiva.
Né potrebbe dirsi che un simile interesse potesse essere escluso dalla stessa
mancanza nell’opinione espressa dalla Saluzzi, nella generica manifestazione di
conoscenza della relazione attribuita al Del Noce e nel convincimento conseguente della
pretesa preferenza accordatagli, di note (temporali e di luogo), come s’è già detto,
sufficienti a circostanziare l’una e gli altri, si da farle assumere il valore di una
rappresentazione di “fatti”: è sufficiente osservare che proprio l’essere avvenute le
dichiarazioni della Saluzzi in un contesto di conversazione telefonica e l’essere state
espresse per giustificare la richiesta di intervento del Sottile, palesano che l’assenza di
circostanziazione non aveva alcun rilievo, tenuto conto che il tenore della conversazione
implicava che al Sottile l’attribuita tendenza sessuale del Del Noce non suonasse in alcun
modo strana. Ciò, se si apprezza con riferimento all’interesse pubblico all’informazione
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Est. Cons. Itaffaele Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

della pubblica opinione sull’inchiesta, rendeva la mancanza di circostanziazione
irrilevante, perché spiegabile nella logica della conversazione e di quanto evidentemente la
-. Saluzzi supponeva, per quanto concerne l’orientamento sessuale, convincimento condiviso
dal Sottile.
Inoltre, la stessa mancanza di circostanziazione, una volta collocata come s’è appena
detto e coniugata con il tenore della conversazione, palesa che non ricorreva in alcun modo
una situazione nella quale la conoscenza di quanto dichiarato dalla Saluzzi non fosse

funzionale al detto interesse, come sarebbe stato se fosse apparso in modo manifesto che
quanto attribuito al Del Noce era stato frutto di uno “sfogo” gratuito, sì da doversene
considerare la riproduzione priva di funzionalità rispetto a quell’interesse o sì da poterla
apprezzare come una dolosa e del tutto malevola e gratuita “invenzione” della Saluzzi, sì
che dal punto di vista giornalistico si sarebbe dovuto reputare la riproduzione non
funzionale ad un dovere di informazione, ma solo reiterativa di un pettegolezzo.
§2.4.3.6. Il Collegio osserva che l’apprezzamento circa la sussistenza dell’interesse
pubblico all’informazione sulla vicenda giudiziaria avrebbe potuto essere di segno opposto
se la similarità nei sensi sopra detti non vi fosse stata.
Questo sarebbe stato il caso se nella conversazione intercettata la Saluzzi avesse
enunciato le sue opinioni sulle preferenze sessuali del Del Noce senza in alcun modo
ipotizzare che esse avessero — sempre a suo dire – in qualche modo orientato decisioni del
medesimo nell’esercizio delle sue funzioni di direttore e attribuendo al del Noce un
ostracismo nei suoi confronti non espressamente motivato da esse, ma da altre ragioni, sì
che quelle opinioni sarebbero state solo manifestazioni di livore e pettegolezzo fine a se
stesso; oppure se la Saluzzi, pur ferma la dichiarazione circa detto ostracismo, avesse
ipotizzato da parte del Del Noce un comportamento illecito nell’esercizio di dette funzioni
non giustificato da una logica di favoritismo motivato da ragioni sessuali, bensì da ragioni
economiche, del tutto estranee all’oggetto della pretesa punitiva siccome esercitata nel
processo penale.
In tali casi, poiché siffatte manifestazioni di opinione da parte della Saluzzi si
sarebbero presentate del tutto eccentriche nel primo caso e del tutto dissonanti nel secondo
rispetto all’oggetto della pretesa punitiva esercitata nel procedimento penale, concernente
pretesi fatti di reato, motivati, almeno per quanto riguardava la RAI, da ragioni sessuali, si
sarebbe dovuto ritenere che l’essere il Del Noce estraneo al processo penale escludesse
l’interesse pubblico a conoscerle, per essere esse del tutto prive di qualsivoglia
correlazione con l’oggetto del processo penale e, quindi, prive di pertinenza con il corretto
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Est. Consi Raffaele Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

esercizio del diritto di cronaca. E tanto ancorché esse fossero state inserite nell’ordinanza
di custodia cautelare e, dunque, fossero divenute fatto processuale penale, cioè parte del
materiale utilizzato nel processo penale. In tal caso, la posizione di terzo estraneo del Del
Noce sarebbe stata certamente ragione giustificativa della carenza in concreto del pubblico
interesse all’informazione su quanto dichiarato a suo riguardo, perché la conoscenza delle
dichiarazioni della Saluzzi, in quanto coinvolgenti la sfera della sessualità del Del Noce e,
quindi, quantomeno la sua riservatezza (non il suo onore, dato che l’attribuzione del

carattere omosessuale di una tendenza sessuale, in un contesto come quello attuale non può
e non deve considerarsi affatto di per sé solo disonorevole, potendo semmai divenirlo se i
soggetto di cui trattasi abbia e rivendichi un’immagine connotata dalla tendenza sessuale
non omosessuale, come tale pregiudicabile dalla detta attribuzione), nonché la sua
reputazione (per il profilo dello svolgimento delle sue funzioni), non sarebbe apparsa in
alcun modo collegabile con l’oggetto della pretesa punitiva manifestasi nella c.d. inchiesta
“Vallettopoli” e segnatamente con esso in relazione alla posizione del Sottile. E dunque la
sua diffusione non avrebbe potuto considerarsi esercizi di cronaca giudiziaria caratterizzata
dal necessario requisito della pertinenza.
Viceversa, nel caso di specie, non solo la conversazione telefonica si presentava
come un elemento probatorio oggettivamente utilizzato (evidentemente anche a carico del
Sottile si deve supporre: sul punto il dibattito processuale non ha fornito alcuna
precisazione, mentre non rileva, naturalmente, che dalla stessa conversazione di cui trattasi
emergesse direttamente la rappresentazione da parte della Saluzzi di un potenziale fatto di
reato a carico del Del Noce) dall’autorità penale in funzione dell’ordinanza cautelare, ma,
per quanto attiene alla parte in cui la Satn77i enunciava i suoi convincimenti circa l’operare
del Del Noce, pur concernendo soggetto estraneo al processo penale, riguardava contenuti
oggettivamente similari a quanto era oggetto della pretesa punitiva penale su cui la cronaca
si esercitò.
La censura di insussistenza di un rilevante interesse pubblico del lettore dev’essere
dunque rigettata, in quanto la motivazione della sentenza impugnata si è sostanzialmente
ispirata a criteri di valutazione rispettosi dei principi qui esposti, che il Collegio intende
sottolinearlo sono quelli che a legislazione vigente si devono ritenere applicabili in via
giudiziale con riferimento a situazioni di cronaca giudiziaria riproduttive di intercettazioni
rese pubbliche nel processo penale concernenti terzi non coinvolti in esso come indagati o

imputati o come vittime.

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Est. Cons. Raffaele Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud_ 13.6.2014)

§2.4.3.7. Il principio di diritto che viene in rilievo e giustifica il rigetto della censura
esaminata è il seguente: «Con riferimento alla cronaca giudiziaria, la pubblicazione a
mezzo stampa o di altri mezzi di comunicazione di notizie potenzialmente lesive
dell’onore, della reputazione, della riservatezza e di interessi primari di terzi estranei
al processo penale al momento della pubblicazione, in quanto non rivestenti la
qualifica di imputato o di vittima del reato, ed emergenti da conversazioni telefoniche
intercettate fra un terzo e un indagato, riportate nel contenuto di un’ordinanza di

custodia cautelare (e, dunque, non più coperte da segreto nel processo penale),
dev’essere ritenuta — ferma la valutazione della sua liceità sotto gli altri profili
caratterizzanti il corretto esercizio del diritto di cronaca giudiziaria in concreto, cioè
quanto alle modalità (c.d. continenza) – di interesse pubblico (e, quindi, assistita da
c.d pertinenza), qualora la notizia venga pubblicata come parte di un’informazione
sulla vicenda penale riguardante l’indagato (divenuto imputato per effetto della
disposta custodia cautelare) e concerna un oggetto che, in aggiunta alla sua eventuale
valenza probatoria, supposta, a torto o a ragione, dall’autorità penale in sede di
emissione del provvedimento, presenti similarità rispetto all’oggetto del processo
penale, cioè riguardi circostanze della stessa indole rispetto alla vicenda che ne è
oggetto. Non deve, invece, essere ritenuta di interesse pubblico, qualora, pur
pubblicata come parte di quell’informazione, concerna un oggetto del tutto privo di
similarità in tal senso e dunque come tale del tutto irrilevante ed eccentrico ai fmi
della cronaca giudiziaria, cioè della conoscenza da parte dell’opinione pubblica di
quello che è accaduto nel processo penale in relazione a ciò che di esso è oggetto ed
eventualmente di ciò che potrebbe ulteriormente accadere sul piano penale in
relazione ad un oggetto similare.>>.

In pratica, quando si dà notizia del contenuto di intercettazioni divenute
pubbliche in un processo penale e riguardanti terzi estranei occorre distinguere, agli
effetti del requisito della pertinenza dell’informazione, ciò che per il suo oggetto
risulta similare, in quanto è della stessa indole dell’oggetto della pretesa punitiva
esercitata, da ciò che, pur esistente nel contenuto dell’intercettazione, si presenta
come del tutto eccentrico e privo di quella connotazione di similarità e di identità di
indole e perciò privo di rilevanza per l’interesse pubblico all’informazione su
processo, ancorché per scelta — allo stato non illegittima – dell’autorità giudiziaria
penale risulti dalla riproduzione dell’intercettazione e, quindi, sia divenuto “fatto”

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Est. Cos. Raffaele Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6_2014)

processuale penale, a prescindere dalla sua effettiva rilevanza secondo la disciplina
processuale penale.
La cronaca giudiziaria, nel primo caso, è assistita dal requisito della pertinenza,
in quanto la conoscenza da parte dell’opinione pubblica del g contenuto della
intercettazione coinvolgente il terzo estraneo appare, in ragione della similarità e
identità di indole del fatto che ne è oggetto rispetto all’oggetto del processo penale, del
tutto funzionale alla oggettiva conoscenza di quest’ultimo e ciò non per il solo rilievo

che assume il fatto stesso dell’inserimento in un atto del processo penale, ma perché la
conoscenza del contenuto della intercettazione, pur coinvolgente il terzo, in quanto
assicurata dall’esercizio del diritto di cronaca giudiziaria che lo riferisca, appare
funzionale alla percezione della esatta dimensione della vicenda penale ed inoltre
anche all’assicurazione (essenziale in democrazia) del controllo della pubblica
opinione sul comportamento seguito dalla stessa autorità penale quanto a detto fatto
similare, rispetto a quello oggetto della vicenda processuale.
§2.5. Il ricorrente svolge ancora, di seguito a quella esaminata, altra censura sempre

finalizzata, sulla base delle stesse considerazioni svolte a proposito di quella precedente, a
dimostrare che erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto esistente l’interesse
pubblico all’informazione con il prosieguo della motivazione della sentenza impugnata, là
dove si è così espressa: «Con riguardo poi all’ambito “privato” della telefonata, è del
pari evidente come proprio la pertinenza con il tema trattato dall’articolo (nomine RAI
disposte sulla base di favoritismi, anziché conseguenti a competenza professionale) valga
a rendere di pubblico interesse tanto l’orientamento sessuale del Del Noce come ritenuto
ed affermato dalla Saluzzi, quando il presunto legame (del pari palesato dalla Saluzzi al
proprio interlocutore telefonico) tra il Del Noce ed il Giletti_>>.
La critica a tale passo motivazionale viene svolta evocando un brano motivazionale
di una sentenza del Tribunale di Milano, che si dice passata in cosa giudicata per mancata
impugnazione e che ha accolto l’azione risarcitoria esercitata dal Del Noce contro la s.p.a.
R.C.S. per la pubblicazione della medesima intercettazione telefonica sul quotidiano “Il
Corriere della Sera”. Sentenza che si assume prodotta (e lo è ora in questa sede ed è,
dunque, esaminabile) come allegato 3 del fascicolo di secondo grado e che si dice evocata
nel giudizio di appello nella conclusionale (pure indicata come prodotta) quanto al
seguente brano motivazionale, che, dunque, assume il valore di vera e propria
argomentazione a sostegno della censura: «Se il giornalista può riferire sulla stampa
notizie, anche di natura privata, che siano connaturate a fatti di interesse pubblico, che
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Est. Con Ra ele Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

possono emergere anche nell’ambito della cronaca giudiziaria, deve farlo curando di
garantire il pieno rispetto della dignità personale dei soggetti coinvolti. In altre parole,
l’imprudente scelta di taluni organi- di inserire in atti processuali il contenuto di
emergenze istruttorie che si sono rivelate del tutto estranee alla fattispecie di reato per cui
si è indagato, non può trasformare di per sé in corretta cronaca giudiziaria la
pubblicazione letterale di conversazioni privatissime oppure, come nel caso che ci occupa,
di invettive e pettegolezzi malevoli su supposti orientamenti sessuali di personaggi pubblici

pronunciati da un terzo al telefono con un indagato e non esime il giornalista da una
valutazione sull’essenzialità di quanto si intende pubblicare».
§2.5.1. Siffatta motivazione (che naturalmente questa Corte considera qui come fatta
propria dal ricorrente e, quindi, come sua argomentazione), in disparte che non viene
spiegata quanto alla pretesa esorbitanza delle emergenze istruttorie rivelatesi del tutto
estranee alla fattispecie di reato, che non esisterebbe se si volesse riferire alla
conversazione fra la Saluzzi ed il Sottile in quanto idonea, nella prospettazione accusatoria,
a svolgere funzione probatoria di quanto ascritto al Sottile (perché, evidentemente, a questo
scopo la conversazione poteva evidenziare la posizione di influenza del medesimo sulle
scelte di affidamento dei programmi o di ruoli in essi), risulta del tutto assertoria e, dunque,
non esige che questa Corte si faccia carico di confutarla, data la sua assoluta genericità.
Comunque, quanto osservato nel paragrafo precedente ed il conseguente principio di
diritto che si è affermato palesano a sufficienza le ragioni per cui non potrebbe sorreggere
la censura ora in esame.
Lo si rileva non senza che debba notarsi che il brano motivazionale del Tribunale
meneghino qui utilizzato come motivo di censura si inserisce in una vicenda che ha
riguardato la pubblicazione su altro quotidiano di interesse nazionale della stessa
intercettazione di cui è processo, ma effettuata con caratteri tipografici e con commenti
che, dalla lettura stessa della sentenza, palesano che non si è trattato della mera
riproduzione del contenuto della intercettazione, bensì di una riproduzione accompagnata
da una veste grafica e da commenti ampiamente idonei a determinare erronei
convincimenti nel lettore circa la posizione del De Noce: ciò è tanto vero che la sentenza
argomenta ampiamente in proposito e dà rilevanza decisiva, ai fini del riconoscimento del
risarcimento al Del Noce, proprio alle modalità della pubblicazione e non alla riproduzione
in se. E, dunque, alla violazione del requisito della c.d. continenza, piuttosto che, come
invece suggerirebbe la motivazione fatta propria dal ricorrente in questa sede a quello della
pertinenza.
27
Est. Cons. Riffae1e Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

La censura in esame è, dunque, gradatamente inammissibile per assoluta carenza di
attività argomentativa e comunque infondata.
§2.6. Si sostiene ancora, con altra ulteriore censura, che nella specie sarebbe mancato
il requisito della continenza nella riproduzione del termine “frocione”, che il quotidiano si
sarebbe ben guardato dall’omettere nell’articolo, ancorché l’omissione non <>.

§2.6.1. La prospettazione appare incongrua, perché, pur asserendosi che sarebbe stato
violato il limite della continenza, in realtà poi si sostiene l’assunto di tale violazione
argomentando che la riproduzione dell’epiteto “frocione” non sarebbe stata funzionale
all’interesse pubblico del lettore. La direzione effettiva della censura, dunque, involge quest’ultimo requisito e non la
continenza, ma allora valgono le considerazioni già svolte circa la sussistenza
dell’interesse pubblico che non può che riguardare l’intercettazione nella sua interezza
ancorché contenente affermazioni offensive, tanto più se si considera che l’epiteto — al di là
del suo carattere nel contesto irridente (piuttosto che spregiativo), che, però, suona a
posteriori (cioè all’atto della pubblicazione) come disdicevole per chi Io ha usato,
disvelando il suo censurabile e certo non condivisibile atteggiamento verso l’omosessualità
— è strettamente correlato all’attribuzione della relazione con il Giletti. La notizia
pubblicata riguardava in questa ottica l’avere una conduttrice televisiva espresso
un’opinione sull’orientamento sessuale del Del Noce e nell’averla specificata (in modo,
peraltro, del tutto non circostanziato, come s’è detto) e l’interesse pubblico alla conoscenza
concerneva l’avere a suo dire il Del Noce esercitato le sue funzioni sulla base di esso. Il
riferire la frase esatta, compreso l’epiteto, appare indissolubilmente collegato
all’informazione come tale.
Il fatto, poi, che si trattasse di un’opinione offensiva (perché irridente) non è di per sé
idoneo ad escludere o limitare l’interesse pubblico alla conoscenza del tenore
dell’affermazione risultante dalla intercettazione. Lo si osserva anche senza considerare
che proprio il carattere offensivo dell’opinione rispetto al Del Noce, in quanto “colora” il
tenore della telefonata intercettata fra il Sottile, indagato ed imputato, e la conduttrice
Saluzzi, si presenta pienamente rispondente e funzionale alla percezione da parte
dell’opinione pubblica della tipologia e del tipo di conversazioni usuali nell’ambiente
interessato dall’inchiesta penale, si da permettere una esatta percezione del suo oggetto.

28
Est. Cons. Raffaele Frasca

§2.6.2. Il collegio osserva, poi, che se si volesse rapportare — al di là della sua
,

effettiva direzione – la censura al concetto di c.d. continenza, si dovrebbe rilevare che esso,
quando il giornalista si limita, come nella specie, a riportare fedelmente, il contenuto
dell’atto processuale penale, ivi compresa la trascrizione di un’intercettazione, non può in
alcun modo comportare che competa al giornalista di omettere ciò che, come nella specie,
risulta funzionale al concreto interesse pubblico alla conoscenza della vicenda penale,
essendo doveroso, ma non per l’incidenza della continenza, bensì proprio dell’assenza di
quell’interesse, espungere ciò che — come s’è precisato sopra – non presenti quella

i
i

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

funzionalizzazione.
La continenza concerne, infatti, l’aspetto della modalità di esposizione del fatto e la
sua valutazione e non il fatto oggetto dell’informazione in sé.
Informare riproducendo l’espressione offensiva altrui senza aggiungere
espressamente o anche in modo suggestivo e subdolo alcunché che la faccia propria non
può violare la continenza.
Lo si osserva lasciando in disparte la questione del se l’espunzione dalla
pubblicazione dell’atto penale divenuto pubblico di ciò che si possa presentare offensivo a
danno del terzo estraneo sia giustificabile alla stregua del d.lgs. n. 196 del 2003, questione
di cui si occupa il secondo motivo.
§3. L’illustrazione del primo motivo continua ancora, come s’è anticipato, con un
secondo paragrafo, nel quale si criticano il brano motivazionale con cui la Corte territoriale
ha considerato di nessun rilievo sia «la falsità dei riferimenti a dati “privati” sostenuta dal
Del Noce (orientamento sessuale, legame con il Giletti”>>, sia <>, adducendo che <> e quindi, sostenendo che la pubblicazione sarebbe stata
legittima <>.
In merito a tale motivazione si sostiene che essa, pur successivamente evocativa del
principi di cui a Cass. n. 10686 del 2008, non sarebbe stata adeguata rispetto ad essi, in
quanto nulla avrebbe detto <>.
Si assume, quindi, come oggetto di critica l’affermazione della Corte territoriale che
riprendendo un principio di cui alla sentenza citata ha osservato che <>. E si
conclude l’illustrazione del motivo affermando che <<è ancor più carente e lacunosa nelle proprie argomentazioni la sentenza de qua allorquando la stessa ha volutamente evitato di accertare se la pubblicazione avesse, nella fattispecie, "assolto al proprio dovere di mettere bene in evidenza che la verità non si estendeva" a quanto la Saluzzi stava affermando, men che mai "contestualmente alla comunicazione", non essendo mai ricordato nell'articolo de quo che il dott. Del Noce (così come la stessa Saluzzo) era assolutamente estraneo all'inchiesta.>>.
§3.1. Quanto illustrato nel paragrafo del ricorso ora in esame si risolve nella
sostanziale prospettazione di un elemento che dovrebbe evidenziare l’assenza di interesse
pubblico alla pubblicazione dell’intercettazione nella parte riguardante il Del Noce, in
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Est. Cons. Raffae1e Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

ragione della mancanza di notorietà della Saluzzi anche nell’ambiente (quello televisivo), e
nel ribadire quanto già si è in precedenza articolato in ordine alla mancanza di precisazione
nell’articolo che quanto affermato dalla Saluzzi non era vero e che il Del Noce non era
indagato.
§3.2. Il primo profilo è prospettato non solo in modo assolutamente privo di attività
dimostrativa circa la scarsa notorietà della Saluzzi, peraltro difficilmente sostenibile dato
che trattavasi di persona già conduttrice di un programma di prima fascia mattiniera quale

Unomattina, e, dunque, si profila inammissibile per genericità, ma soprattutto non
considera: a) che il contenuto dell’intercettazione coinvolgeva lo stesso soggetto indagato
e oggetto dell’ordinanza di custodia cautelare, cioè il Sottile, che all’epoca rivestiva una
posizione di collaboratore con un’alta carica dello Stato, che lo rendeva soggetto
particolarmente “esposto”; b) che l’intercettazione di cui ci si occupa concerneva un
processo certamente ed innegabilmente coinvolgente in generale fatti rilevanti per la vita
pubblica, data la natura della Rai, si da giustificare una cronaca giudiziaria particolarmente
puntuale e precisa.
§3.3. Il secondo profilo, oltre a riproporre la doglianza già in precedenza esaminata
in ordine alla mancata precisazione del non essere il Del Noce soggetto coinvolto nel
processo penale, prospetta una censura, quella di non avere evidenziato che le affermazioni
della Saluzzi non erano vere, che non solo è prospettata del tutto genericamente, con
conseguente inammissibilità, ma, inoltre, avuto riguardo alle già ampiamente descritte e
considerate caratteristiche del contenuto dell’articolo, è del tutto priva di fondamento,
atteso che la mera riproduzione del contenuto delle intercettazioni e, dunque, di
affermazioni della Saluzzi fatte in una privata conversazione, palesava che solo alla
medesima esse erano imputabili ed escludeva che fosse necessaria la precisazione che esse
non si ritenevano vere e non si condividevano. Si è già detto, del resto, della totale assenza
di qualsivoglia elemento strutturale dell’articolo, quanto a grafica e contenuto, che potesse
anche solo suggerire, ancorché anche solo in prima battuta, che le opinioni a suo tempo
espresse dalla Saluzzi fossero condivise.
§3.4. Anche le censure prospettate nel secondo paragrafo del primo motivo sono,
pertanto, rigettate.
§4. Il primo motivo è allora, conclusivamente e complessivamente, rigettato.
§5. Con il secondo motivo, sempre dedotto sia ai sensi del n. 3 che del n. 5 dell’art.
360 c.p.c., si fa valere “violazione o falsa applicazione degli artt. 136-137 D.Igs. n.
196/2003; degli artt. 5-6-8-11 del Codice deontologico relativo al trattamento dei dati
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Est. Cons. R aele Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

personali nell’esercizio dell’attività giornalistica,- adottato con provvedimento del Garante
del 29.7.1998 dell’art. 21 Cost.; degli artt. 8-10 Convenzione Europea dei Diritti _
dell’Uomo”, nonché “omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della
controversia, con riferimento all’affermata legittima diffusione dei dati personali del dott.
Del Noce”.
Vi si prospettando due distinte censure.
§5.1. In primo luogo si critica l’affermazione con cui la Corte territoriale,

esaminando il secondo motivo di appello, con il quale si era prospettato che l’articolo del
19 giugno 2006 violava il diritto alla protezione dei dati personali, ha osservato che
«l’informazione fornita dal giornale rientri nei parametri dettati dall’art. 137 P.L.vo
196/2003>>.
La critica è svolta sostenendo che il giudice d’appello non avrebbe considerato,
nell’esaminare la questione le norme degli artt. 5, 8 e 11 del Codice di deontologia relativo
al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, le quali, come ha
ritenuto Cass. n. 17408 del 2012, in difetto di provvedimenti del Consiglio Nazionale
dell’Ordine dei Giornalisti, sono rilevanti per l’esplicazione del concetto di essenzialità
indicato dal citato art. 137. In particolare, tenuto conto della previsione dell’art. 8 del
Codice la Corte capitolina «avrebbe dovuto domandarsi se la riproduzione dei dati in
questione, certamente dettagliata, fosse stata essenziale ai fini dell’informazione
sull’inchiesta ed avrebbe dovuto svolgere un’indagine al fine di accertare se tale vicenda
presentasse i caratteri indicati dai citati articoli del Codice deontologico.>>.
Viceversa, la motivazione della sentenza impugnata non lo avrebbe fatto, perché si
sarebbe esaurita nella seguenti affermazioni: «la divulgazione dei dati in questione,
quantunque dettagliata, appare indispensabile in ragione della “originalità del fatto” e
della “qualificazione dei protagonisti” (inchiesta giornalistica su presunti favoritismi
nella selezione nella scelta dei conduttori televisivi in ambito R_AI, sulla base di criteri di
contiguità sentimentale o sessuale, estranei alla competenza professionale della persona
prescelta). Inoltre i dati in questione riguardano persona che riveste “una posizione di
particolare rilevanza sociale o pubblica”, quale, nella specie, la posizione di direttore
della rete ammiraglia della RAI.».
Dalla riportata motivazione, secondo il ricorrente, si evincerebbe che la sentenza
impugnata non avrebbe sufficientemente motivato «né in ordine all’essenzialità, né
tantomeno in ordine all’originalità del fatto, contenendo la stessa al riguardo solo un
brevissimo inciso, riassuntivo dell’oggetto dell’inchiesta, ma del tutto insufficiente a
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Est. Cons. Raff ele Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

caratterizzare l’originalità del fatto con specifico riferimento all’odierno ricorrente nonché
omettendo di considerare, ancora una volta, l’assoluta estraneità del Del Noce all’inchiesta
medesima.».
La Corte di merito avrebbe, inoltre, <>.
Ciò premesso, si rileva, riprendendo le affermazioni della citata sentenza, che è pure
vero che il d.lgs. n. 196 del 2003 — coni’ è noto – contempla espressamente nell’art. 136
l’attività giornalistica e quella comunque perseguente analoga finalità (cui nella specie può
senz’altro essere ricondotta la redazione del libro) e, per quanto interessa, all’art. 137
sottrae il trattamento dei dati personali con essa realizzantesi all’autorizzazione del Garante
(comma 1, lett. a) ed al consenso dell’interessato (comma 2), salvo stabilire, poi, nel
comma 3 che “in caso di diffusione o di comunicazione dei dati per le finalità di cui
all’articolo 136 restano fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti di cui
all’articolo 2 e, in particolare, quello dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di
interesse pubblico”.

33

Est. Cons. RaTae1e Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

E’ ancora noto — ed è stato parimenti affermato dalla citata sentenza – che il
successivo art. 139, con norma applicativa della previsione generale dell’art. 12 del diga,
aveva stabilito al comma 1 che <>.
L’art. 6, sotto la rubrica <>.
Con specifico riferimento alle abitudini sessuali, l’art. 11 del Codice così si esprime:
<<1. Il giornalista si astiene dalla descrizione di abitudini sessuali riferite ad una determinata persona, identificata o identificabile. 2. La pubblicazione è ammessa nell'ambito del perseguimento dell'essenzialità dell'informazione e nel rispetto della dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica.». E' evidente che il rispetto dell'essenzialità dell'informazione qui evocato è quello i cui termini sono definiti dal precedente art. 6 §5.4. Ora, nell'apprezzare la vicenda la Corte territoriale ha espressamente considerato il descritto quadro normativo e, quindi, lo ha ritenuto rilevante. Il ricorrente le imputa di non avere considerato anche l'art. 8 del Codice deontologico, ma non si comprende quale sarebbe stata la rilevanza di tale norma, che concerne, fra l'altro il fornire da parte del giornalista notizie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona. Nella specie l'articolo non riguardava notizie sul Del Noce relative ad un suo coinvolgimento in un fatto di cronaca, ma riguardava la divulgazione di risultanze di un processo penale, cioè del contenuto di un'ordinanza cautelare, sicché l'oggetto della divulgazione non era una notizia correlata al coinvolgimento del ricorrente in un fatto di cronaca, bensì in via diretta l'informazione sul contenuto di quell'ordinanza e, dunque, la norma pertinente era l'art. 6 e non l'art. 8. Ebbene, una volta considerato che la vicenda è stata correttamente ricondotta in astratto alle fattispecie degli artt. 6 e li del Codice deontologico, si rileva preliminarmente che, scendendo ad una valutazione concreta, dev'essere considerato se lo sia stata correttamene e tanto postula una riflessione sul se e quale possa essere stata ipoteticamente nella specie la "notizia" e il "fatto" cui alludono l'art. 6. §5.5. Nella specie la notizia e il fatto non sono la pretesa tendenza sessuale del ricorrente e il suo preteso fidanzamento con il Giletti, in quanto divulgati dalla testata giornalistica come dati conosciuti riguardo allo stesso ricorrente e ciò né sotto il profilo della nozione di "dato personale" né sotto quello specifica del "dato sensibile", siccome definiti dalle lettere b) e d) dell'art. 4 del d.lgs. n. 196 del 2003. 35 Est. Cons. Raffaele Frasca R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014) Viceversa, l'oggetto della pubblicazione, avendo riguardato il contenuto dell'intercettazione e, dunque, una manifestazione di opinione fatta dalla Saluzzi nella sua privata conversazione circa la tendenza sessuale del Del Noce e l'affermazione da parte della medesima della relazione con il Giletti senza alcuna specificazione delle coordinate fattuali giustificative dell'una e dell'altra, non integrava, pur secondo una sua nozione lata, una "informazione relativa a persona fisica", cioè al del Noce e, dunque, un "dato". Non avendo la Saluzzi corroborato le sue affermazioni con l'indicazione dei dati fattuali che la inducevano a farle, si trattò di opinioni della medesima prive pertanto della connotazione di dato personale, cioè della qualità di informazione sul medesimo, che essa, in quanto depositaria, esternava nella sua privata conversazione (senza che, per la caratteristica riservata di essa, potesse configurarsi un "trattamento" agli effetti del d.lgs. n. 196 del 203) e che, una volta divenuta pubblica la stessa, chi la utilizzava si trovava invece a sua volta a dover "trattare", così incorrendo nelle limitazioni di cui al citato d.lgs. Se la Saluzzi avesse basato il suo convincimento sulla indicazione di un fatto circostanziato a sua conoscenza e l'avesse enunciato, allora, poiché si sarebbe stati, in presenza di una rappresentazione da parte della medesima di una precisa realtà e, quindi, della formazione di un dato costituente un'informazione sulla persona del De Noce, la testata giornalistica, una volta venutasi a trovare nella condizione di utilizzare l'intercettazione nella sua pubblicazione e, quindi, di "trattare" detto dato, si sarebbe venuta a trovare nella condizione di dover osservare le norme del codice deontologico. Per le medesime ragioni sopra esposte la dichiarazione della Saluzzi, in quanto opinione, non può in alcun modo essere considerata dato sensibile, cioè un dato personale idoneo a rivelare la vita sessuale del Del Noce. Ne segue che la notizia e il fatto oggetto della pubblicazione agli effetti dell'art. 6 citato vano identificati nella dichiarazione della Saluzzi all'indagato Sottile di un suo mero convincimento, privo di qualsiasi carattere di circostanziazione. Tale dichiarazione della Saluzzi, costituendo una sua opinione e non l'esternazione di un dato conosciuto si presentava del tutto inidoneo a contrastare <>.
In contrario si sostiene che avrebbero avuto carattere offensivo: aa) l’affermazione
inerente il colloquio avuto con Silvio Berlusconi del seguente tenore: <<... mi hanno licenziata ieri: Del Noce», in quanto falsa; bb) quella che il licenziamento era avvenuto nonostante ascolti e gradimenti fossero ottimi», in quanto adombrante un comportamento contrario all'interesse dell'azienda televisiva; cc) quella secondo cui <<... altri aspettavano il mio posto ...>>, in quanto adombrante una scorretta preferenza di terzi;
dd) ed in fine quella <>, in quanto suggerente
l’interdizione della Saluzi dalla Rai ad opera dell’odierno ricorrente.
§6.2.2. L’assunto del carattere diffamatorio di tali affermazioni non appare
condivisibile, giacché:
a) la prima affermazione, cioè l’essere dovuto il licenziamento al Del Noce e l’averlo
ribadito nell’intervista richiamando quando dichiarato nell’incontro con il Berlusconi, di
per sé non è riconducibile al paradigma dell’art. 595 c.p.c. perché il mero fatto
dell’attribuzione del licenziamento non si risolve di per sé nell’attribuzione di un fatto
offensivo della reputazione del Del Noce e ciò anche se si fosse trattato — come sostiene il
ricorrente – di un fatto non vero;
b) la seconda affermazione merita la stessa valutazione, in quanto sottende una mera
critica alla giustificazione del licenziamento, ma non adombra, in disparte la sua genericità,
un comportamento contrario all’interesse dell’azienda e, quindi, ai doveri del Del Noce,
dato che la sostituzione di un conduttore televisivo che fa ottimi ascolti non è di per sé atto
contrario a quell’interesse, potendo essere giustificata dall’intenzione di rinnovare la
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Est. Cons. 1affaIe Frasca

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

4
i

conduzione con altri che si crede in grado di fare gli stessi ascolti o ascolti migliori:
l’assoluta incertezza del significato oggettivo dell’affermazione esclude l’ipotizzabilità del
contenuto diffamatorio;
.

c) la terza in ordine al fatto che altri aspettavano il posto, non suggerisce di per sé

che fossero stati preferiti scorrettamente e, dunque, vale la stessa considerazione di
incertezza fatta alla lettera precedente;

d) la quarta sottende solo il convincimento di un atteggiamento del ricorrente che la

Saluzzi assumeva frutto di inimicizia, ma non ha contenuto offensivo nei suoi riguardi.
Tanto assorbe le ulteriori considerazioni svolte riguardo alla falsità delle
affermazioni, svolte a critica dell’ulteriore motivazione al riguardo svolta dalla Corte
territoriale.
§6.3. Con una seconda censura si imputa alla sentenza impugnata di non avere
considerato che nell’intervista la Saluzzi non aveva in alcun modo negato la verità delle
affermazioni di cui all’intercettazione, ma si era solo <>, sicché nell’intervista si sarebbe dovuto ritenere che la Saluzzi si
fosse rammaricata della forma, ma avesse inteso ribadire implicitamente <>.
§6.3.1. La censura, se fosse ammissibile, sarebbe degna di considerazione quanto alla
desumibilità di una possibile valenza diffamatoria in chi, dopo che su un quotidiano sono
state riportate dichiarazioni offensive verso un terzo fatte in una privata conversazione
telefonica con altro soggetto che sia stata intercettata e sia divenuta pubblica in un processo
penale, una volta avvenuta la pubblicazione sul quotidiano, in un’intervista resa
successivamente ad esso, non faccia alcuna presa di distanza dall’affermazione offensiva
risultante dall’intercettazione, sì da ingenerare l’apprezzabilità della stessa intervista come
una sostanziale conferma di quell’affermazione.
§6.3.2. Senonché, la censura è inammissibile, in quanto la sentenza impugnata non si
occupa di una simile prospettazione e nel ricorso non si dice se e dove nell’atto di appello
essa era stata prospettata. Sicché si tratta di questione che non può sfuggire alla valutazione
di novità in questa sede, in quanto non oggetto di devoluzione in appello e prima ancora di
prospettazione in primo grado.
t

L’art. 366 n. 6 c.p.c. imponeva di specificare sia l’uno che l’altro profilo.

:
e

§6.3.3. Peraltro, se la censura fosse stata ammissibile, si sarebbe rilevare che essa
non andava dedotta nei termini in cui lo è stata, cioè sotto il paradigma dell’art. 360 n. 5
41
Est. Cons. Raffaele Frasca

~~1.1.

■■■

R.g.n. 3894-13 (ud. 13.6.2014)

c.p.c., bensì sotto quelli del n. 4 dello stesso art. 360 c.p.c., id est come omissione di
pronuncia, che invece non è stata dedotta nemmeno implicitamente (il che non avrebbe
consentito di salvare la censura alla stregua di Cass. sez. un. n. 17931 del 2013).
§7. Il ricorso è, conclusivamente, rigettato.
L’oggettiva delicatezza e novità delle questioni di diritto esaminate, che evocano,
peraltro, un tema “caldo” anche a livello legislativo, quale quello della pubblicazione delle
intercettazioni eseguite ed utilizzate nel processo penale, è ragione ad avviso del Collegio
ampiamente giustificativa della integrale compensazione delle spese rispetto a tutti i

t

rapporti processuali.

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il 13 giu

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