Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21403 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 06/10/2020), n.21403

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3684/2014 R.G. proposto da:

Alisè s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avv. Mauro Monaco, elettivamente

domiciliata nel suo studio in Roma, via Taranto n. 95;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, in persona del Direttore p.t., con domicilio

eletto presso gli uffici della predetta Avvocatura, in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– ricorrente – controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Toscana depositata il 18 dicembre 2012, n. 97/24/12.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 febbraio

2020 dal Consigliere Dott. Leuzzi Salvatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

– L’Agenzia delle entrate di Prato emetteva nei confronti di Alisè s.r.l. tre avvisi di accertamento, mediante i quali veniva contestata alla contribuente, con riferimento agli anni 2003, 2004 e 2005, la detraibilità fiscale di alcune fatture ai fini IVA e, previa rideterminazione dei redditi d’impresa ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, si recuperavano anche i maggiori importi dovuti a titolo di Ires e Irap.

– La CTP di Prato, riuniti i ricorsi presentati avverso i tre atti impositivi, li accoglieva parzialmente, disponendo la rideterminazione dei redditi secondo la percentuale di redditività pari al 5% dei ricavi annui dichiarati, in luogo di quella dell’8.5% applicata dall’Ufficio, nonchè applicando il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5, alle violazioni della stessa indole.

– La CTR della Toscana, riuniva preliminarmente gli appelli dell’erario e del contribuente, quindi, accogliendoli entrambi in parte, riformava la sentenza di primo grado rideterminando nella misura originaria dell’8.5% la percentuale di redditività applicata ai ricavi dichiarati e quantificando la sanzione unica nella “misura di 1/4 di Euro 394.494,75″.

– La Alisè ha impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui l’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

– Con successivo ricorso, articolato su due motivi, l’Agenzia ha impugnato a sua volta per cassazione la sentenza anzidetta.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– Con il primo motivo di ricorso, la Alisè contesta la violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 36c.p.c., n. 4 e art. 132 c.p.c., n. 4, per avere la CTR omesso, nella sentenza impugnata, la succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione in merito alla sussistenza delle presunzioni gravi, precise e concordanti da cui inferire la fittizietà delle fatture di lavorazione contestate; con il medesimo motivo viene censurata anche la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, avendo la CTR valutato la sussistenza di presunzioni precise, gravi e concordanti da cui inferire la fittizietà delle fatture in questione.

– Con il secondo motivo di ricorso, la Alisè contesta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, non avendo la CTR esaminato e motivato circa l’utilizzabilità e rilevanza delle risultanze del procedimento penale con specifico riguardo al valore probatorio della sentenza di assoluzione anche al fine del superamento dell’onere della prova in capo al contribuente.

– Con il terzo ed ultimo motivo di ricorso, la Alisè contesta la violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4 e art. 132 c.p.c., n. 4, avendo la CTR omesso la succinta esposizione delle ragioni in fatto e in diritto sulla base delle quali ha ritenuto la correttezza della applicazione della percentuale reddituale dell’8.5%, in luogo di una percentuale più esigua; con il medesimo motivo si contesta l’omesso esame su un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 4, in quanto la CTR non ha esaminato e motivato, palesando l’iter logico-giuridico e la ricostruzione di fatto sulla scorta dei quali ha determinato il suo convincimento in merito alla percentuale reddituale applicabile nell’8.5% omettendo di esaminare la rilevanza di tutta la documentazione prodotta dal contribuente per la esatta determinazione della percentuale di redditività da applicare al caso di specie”.

– Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia contesta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo la CTR omesso di dichiarare inammissibile la richiesta di definizione in via agevolata ex L. n. 218 del 1997 della sanzione irrogata alla contribuente, richiesta formulata nel corso del giudizio di appello e che non era stata avanzata in precedenza.

– Con il secondo motivo di ricorso, avanzato in via subordinata al primo, l’Agenzia deduce la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, comma 2, per avere la CTR concesso la definizione agevolata in sede processuale, senza neppure fissare un termine improrogabile per adempiere al pagamento e calcolando erroneamente l’importo dovuto.

– Va anteposta la trattazione del secondo motivo del ricorso principale, che, palesandosi fondato, va accolto con assorbimento del primo e del terzo.

– La censura, che va più correttamente qualificata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è fondata.

– Va premesso e ribadito in diritto che:

– “Nel processo tributario, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perchè il

fatto non sussiste”, non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorchè i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta sentenza è destinata ad operare” (Cass. n. 17258 del 2019; Cass. n. 10578 del 2015; Cass. n. 5720 del 2007).

– La CTR era dunque tenuta a valutare specificamente, ancorchè al fine della formazione del proprio “libero convincimento”, la sentenza penale assolutoria messa in evidenza dal motivo di doglianza, mentre ne ha totalmente omesso l’esame.

– In buona sostanza, quantunque sia esclusa, alla luce dell’art. 654 c.p.p., l’efficacia vincolante nel processo tributario del giudicato penale, va contestualmente riaffermato il dovere del giudice tributario, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, di verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare. Nella specie, di converso, la CTR non ha puntualmente dato conto degli elementi rilevanti nel giudizio e dell’iter logico seguito per pervenire alla decisione di disattendere le risultanze accluse nella sentenza assolutoria in rapporto alle altre emergenze processuali.

– Il primo motivo del ricorso erariale è fondato e va accolto per quanto di ragione, con assorbimento del secondo, avanzato in via subordinata.

– La CTR, anzichè dichiararla inammissibile, ha invero vagliato nel merito la richiesta di definizione in via agevolata ex L. n. 218 del 1997 della sanzione irrogata alla contribuente.

– Era pacifica, tuttavia, la formulazione di detta richiesta soltanto nel giudizio d’appello, dacchè non constava fosse stata avanzata in precedenza.

– Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 implica la preclusione delle domande e delle eccezioni “nuove”, di quelle, cioè, che si risolvano in un mutamento, in secondo grado, degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa con conseguente ampliamento del “thema decidendum” (cfr. Cass. n. 16236 del 2015; Cass. n. 11470 del 2004; Cass. n. 6347 del 2002).

– Il divieto di proporre nuove domande e nuove eccezioni in sede di gravame, previsto dalla norma ora evocata, concerne tutte le domande e le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale (Cass. n. 31224 del 2017; Cass. n. 22105 del 2017; Cass. n. 11223 del 2016), includendo perciò anche quelle che adombrino, come nel caso di specie, la questione, non sollevata in primo grado, della riconoscibilità dei presupposti per la fruibilità della definizione in via agevolata delle sanzioni irrogate al contribuente.

– L’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale e del primo motivo del ricorso incidentale, assorbite tutte le altre censure, comporta la cassazione della sentenza d’appello. La causa va, pertanto, rinviata alla CTR della Toscana in diversa composizione per un nuovo esame nei termini sopra esposti e per la regolazione delle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata; rinvia per un nuovo esame nei termini sopra esposti e per la regolazione delle spese processuali alla CTR della Toscana in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

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