Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21399 del 18/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 21399 Anno 2013
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al ri.r.g. 34607/06 proposto da:
Giuseppe MERLIN – ( c.f. MRI, GPP 43R09 C498N)
rappresentato e difeso dagli avv.ti Lelio Limoni e Lucianc Tamburro ed elettivamente
domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, via Monte Zebio n. 32/2, giusta
procura speciale in calce al ricorso per cassazione ed a margine dell’atto di integrazione
del contraddittorio

– Ricorrente —
COntr()

Angiolino MERLIN ( c.f. N1RL NI,N 38R.18 C498V);
Elisa DA BASSO ( c.f. DBS LSE 421\156 512P)
parti entrambe rappresentate e difese, in forza di procura speciale a margine del
controricorso, dagli avv.ti Luisa Tregnaghi, Francesco Treg:naghi ed Enrico Bottai ed
elettivamente domiciliate presso lo studio del secondo in Roma, via D. Barone n.31

ControricoricorrentiNonché nei confronti di:

4ff?-5/1 3

– 1 –

4~,1~7

Are

Data pubblicazione: 18/09/2013

Dina MERLIN;
Fabrizio MENEGAZZI;
Patrizia MENEGAZZI;
Antonella MENEGAZZI

contro la sentenza n. 1217/2006 della Corte di Appello di Venezia, depositata
il 9 agosto 2006 e notificata il 23 ottobre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 17 luglio 2013 dal
Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito l’avv. Luciano Tamburro per il ricorrente, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso e per l’eventuale rimessione della causa alle Sezioni Unite ;

Udito l’avv. Enrico Bottai per le parti contro ricorrenti, che ha concluso per il
rigetto del ricorso e, in caso di ammissibilità della richiesta di remissione alle Sezioni
Unite, per la concessione di termine a difesa sulla questione sollevata solo in udienza.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Lucio Capasso che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1

Giuseppe e Dina Merlin; Patrizia, Antonella e. Fabrizio Menegazzi, eredi di Affilio

Silvio Merlin ( gli ultimi tre in rappresentazione della premorta madre Antonietta
Merlin) con atto di citazione del 17 settembre 1990 evocarono innanzi al Tribunale di
Verona Angiolino Merlin ed Elisa Da Basso, nonchè Dina Merlin ( moglie di Attilio
Merlin) deducendo: che il 2 maggio 1988 Attilio Silvio Merlin aveva concluso con il
figlio Angiolino e la di lui moglie Elisa Da Basso un contratto definito vitalizio p.p.c., in
forza del quale lo stesso aveva ceduto ai predetti tutto il suo patrimonio immobiliare,
costituito dalla piena proprietà di un fondo rustico con fabbricati rurali in Cerca e la
quota di un mezzo di altro fondo con annesso fabbricato sito nel medesimo Comune;
che tale cessione era avvenuta con riserva in favore dei cedenti del diritto reale di

2

– Parti intimate –

abitazione avente ad oggetto il fabbricato ove lo stesso abitava e che il corrispettivo
pattuito era costituito dall’obbligo del cessionario di somministrare al cedente ed alla di
lui moglie vitto, alloggio, vestiario, cure e spese sanitarie e quant’altro necessario per il
loro mantenimento ed assistenza; che dopo due anni dalla stipula, il 16 maggio 1990,

del contratto, assumendo l’inesistenza della causa per l’impossibilità giuridica della
prestazione relativa all’alloggio in quanto il vitaliziato si era riservato il diritto di abitare
l’immobile ceduto, rendendo così impossibile per i vitalizianti di adempiere alla
obbligazione di assicurare il godimento dello stesso, impedendo altresì che si formasse
un rapporto di scambio tra le prestazioni assunte dal cessionario e quelle del cedente. In
subordine dedussero la simulazione assoluta del contratto in quanto i coniugi Merlin,
già prima del negozio attributivo, abitavano nella casa poi trasferita in proprietà ed
erano autosufficienti dal punto di vista economico; in via di ulteriore subordine fecero
valere la simulazione relativa del contratto, assumendo che il negozio effettivamente
voluto sarebbe stata una donazione , deducendo ciò anche dalla, altrimenti superflua,
presenza di due testimoni al momento della stipula del rogito. Conclusero pertanto
affinchè, dichiarata la nullità del contratto, venisse ricostruito il patrimonio ereditario
del defunto mediante la riduzione della donazione così accertata e, per l’effetto, venisse
disposta la divisione del compendio seguendo le norme della successione legittima — in
caso di accertata nullità o simulazione assoluta del contratto — tenendo salvi i diritti dei
legittimari -in caso di verificata causa liberale del negozio-, con la conseguente
condanna dei beneficiari al rilascio della quota dei beni di accertanda spettanza degli
attori, previa prestazione di rendiconto e pagamento delle eventuali somme risultanti a
credito.

2 – Angiolino Merlin e la Da Basso si costituirono, contestando gli assunti avversari
con il sostenere di aver stipulato un contratto atipico di mantenimento ed assistenziale
in cui il contenuto degli obblighi dai medesimi assunti andava al di là della sola messa a

Attilio Silvio Merlin era deceduto. Poste tali premesse, gli attori fecero valere la nullità

disposizione dell’abitazione, con ciò facendo salva l’esistenza di una causa commutativa;
negarono altresì la sussistenza di un intento simulatorio.
3 – Interrotto il processo per morte della convenuta Dina Merlin , nella causa di
seguito riassunta venne espletata prova per testi, all’esito della quale il Tribunale emise

4 – Proposta impugnazione da parte di Giuseppe e Dina Merlin nonchè di Patrizia,
Antonella e Fabrizio Menegazzi., la Corte di Appello di Venezia, con sentenza n.
1217/2006, respinse detto gravarne osservando: che sarebbe sussistito un interesse
apprezzabile delle parti alla conclusione del contratto, ravvisabile, quanto all’alloggio,
nella funzione di garanzia che la mantenuta disponibilità del medesimo da parte del
vitaliziando assumeva rispetto alle altre prestazioni più propriamente assistenziali e, più
in generale, nello scopo di passare gli ultimi anni della propria esistenza con la famiglia
del figlio, da sempre coabitante con il nucleo famigliare di origine ed esercente l’attività
di coltivatore del fondo; che del pari non sarebbe stata revocabile in dubbio l’esistenza
dell’alea tipica sia del contratto di vitalizio oneroso sia del contratto atipico di
mantenimento , pur rilevandosene il differente oggetto che, nel primo negozio, era
rappresentato dalla mera sopravvivenza del vitaliziando per un periodo più o meno
lungo mentre nel secondo, si appuntava anche sulla onerosità delle prestazioni
assistenziali preventivamente assunte dagli onerati, in relazione — nella fattispecie- allo
stato di salute ingravescente di entrambi i coniugi Merlin ; che non potevano trarsi
argomenti decisivi in merito alla presenza di un accordo simulatorio tra padre e figlio
dalla contiguità temporale tra la stipula del contratto di mantenimento ed una riunione
familiare in cui si era invano discusso della ripartizione del patrimonio paterno tra i figli,
anche tenuto conto del fatto che le prestazioni assistenziali erano state poi
effettivamente assunte e soddisfatte da parte dell’onerato.
5 – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Giuseppe Merlin sulla base di
cinque motivi, illustrati da successiva memoria ; Angiolino Merlin ed Elisa Da Basso

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sentenza n. 170/2003 con cui respinse tutte le domande.

hanno risposto con controricorso; con ordinanza interlocutoria del 6 dicembre 2012 è
stata ordinata l’integrazione del contraddittorio con Dina Merlin; Fabrizio Menegazzi;
Patrizia Menegazzi; Antonella Menegazzi: dette parti intimate non hanno svolto difese;
all’udienza del 17 luglio 2013 il procuratore delle parti contro ricorrenti ha depositato

della causa all’esame delle Sezioni Unite di questa Corte, laddove si fosse ritenuto di
applicare al vizio di cui all’art. 360, I comma, n,5 cpc l’obbligo di articolare il c.d.
momento di sintesi , stabilito, in sede di interpretazione , nella formulazione del
principio di diritto ex art. 366 bis cpc.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I

Con il primo motivo la parte ricorrente fa valere la violazione e falsa applicazione

degli artt 1022, 1469; 1418, comma II, cod, civ. assumendo che la Corte del merito
avrebbe omesso di accertare la nullità del contratto per mancanza di causa, nonché la
violazione delle norme disciplinanti l’interpretazione del contratto — artt. 1362 e segg.
cod. civ. — per non aver rilevato che nello specifico negozio atipico di mantenimento
mantenimento la prestazione attinente l’alloggio avrebbe configurato requisito specifico
e determinante ai fini del sinallagrna, per cui l’inesistenza della stessa avrebbe implicato
la nullità dell’intero negozio per difetto di causa, anche tenuto conto dell’entità
economica del patrimonio immobiliare trasferito.
I.a — Il motivo non è fondato in quanto la Corte territoriale ha dato esauriente
spiegazione della ragione per la quale il mantenimento della disponibilità della magione
familiare fosse compatibile con il contemporaneo trasferimento della proprietà della
casa e con l’assunzione dell’obbligo, da parte del vitaliziante, di ospitare i propri
genitori, così che non può dirsi operata una scorretta delimitazione dell’ambito
applicativo delle norme che si assumono violate né una errata riconduzione della
fattispecie concreta a quella portata dalla norma : in particolare ben sussumibile nella
causa concreta del contratto di mantenimento — e quindi rispettosa della sua

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osservazioni scritte in relazione alla richiesta, avanzata da controparte, di rimessione

delimitazione normativa- appare la sottolineata finalità complessiva dell’accordo in
esame, rappresentata dalla sicurezza di poter vivere gli ultimi anni della propria esistenza
nella casa avita ed accudito dal figlio che più era stato vicino; del pari logicamente
risolvibile è l’apparente aporia della coesistenza dell’obbligazione di fornire alloggio su

funzione di garanzia che tale “riserva” costituiva rispetto l’adempimento delle altre
obbligazioni imposte alle controparti , al fine cioè di scongiurare l’eventualità che, una
volta trasferita la proprietà, l’onerato non adernDiesse alla connessa obbligazione di
fornire l’alloggio promesso-

I.b

Anche il quesito di diritto ( “Dica l’adita Corte se sia esistente la causa di un contratto di

mantenimento che preveda, a carico del vitaliziante„ l’esecnione di una prestazione di alloggio quale
parte di corrispettivo del trasferimento di un bene immoli le da eseguirsi a favore del vitalkiato il quale
si sia riservato il diritto reale di abita.zione sua ,). ita natural durante, come erroneamente ritenuto dalla
Corte di Appello o se tale prestazione, così come convenuta e letteralmente interpretata, esclusa o
pretermetta la causa del contratto, determinandone la nullità” ) appare eccentrico rispetto al
caput controversum

e quindi difetta di specificità rispetto alla fattispecie per la cui

regolazione è diretto a far formulare la reggiajuris , in quanto risolve la problematica solo
nella prospettiva dell’esecuzione della prestazione di alloggio, pretermettendo la
pluralità di obbligazioni assunte con il contratto e la — ulteriore e non affrontata nel
quesito — problematica della eventuale incidenza della assunta nullità di quella sola
prestazione rispetto all’economia dell’intero contratto.
II — Con il secondo motivo viene denunziata l’insufficienza e la contraddittorietà della
motivazione in ordine all’accertamento della sussistenza dell’alca contrattuale, ritenendo
non individuati in sentenza gli elementi di fatto ed i relativi riscontri istruttori che
avrebbero consentito di affetniare la sussistenza nella fattispecie dell’alea; censura in
particolare parte ricorrente che non sia stata adeguatamente valutata la c.d. equivalenza
del rischio, consistente nella calibrata delibazione tra la prospettiva dell’evento morte e

– 6 –

una abitazione di cui già per altro verso il cedente si era riservato l’uso, posta la

dell’aggravamento delle condizioni fisiche dei beneficiati, e l’onere economico imposto
al vitaliziante; viene altresì censurato l’assunto, da cui parte il ragionamento della Corte
del merito, sottolineante la differenza trg ‘aea del contratto di vitalizio oneroso —
ricollegabile solo all’evento morte- e quella relativa ai contratto atipico di

ci si duole infine del fatto che, se le emergenze istruttorie fossero state adeguatamente
valutate, si sarebbe giunti all’inevitabile conclusione che , stanti le degradate condizioni
fisiche dei due beneficiati, si sarebbe potuta formulare, con valutazione ex ante, una
ragionevole prognosi circa la minima durata ed entità dell’onere di mantenimento dei
predetti, facendo così escludere l’esistenza di un equilibrato sinallagn -ia tra le due
prestazioni contrapposte, considerata l’entità del trasferimento immobiliare che ne
avrebbe costituito il corrispettivo.
II.a — Anche questo motivo non è fondato.
Il.a.1 – Va innanzi tutto escluso che possano essere sottoposte a novellato scrutinio
della Corte le emergenze istruttorie considerate nei pregressi gradi del giudizio al fine di
pervenire ad una diversa significanza delle medesime nella prospettiva dell’accoglimento
del motivo; a maggior ragione non possono trovare ingresso , sia pure a sostegno
dell’argomentazione svolta, assunti difensivi che comportino un esame degli atti di
merito, come quelli attinenti al valore del compendio immobiliare o delle condizioni
fisiche ed economiche degli anziani coniugi Nlerlin — in relazione alla valutazione del
rischio insito nell’alea contrattuale ed oggetto di rilievo anche nel quarto motivo
nell’ambito della censura sulla simulazioneII.a.2 — Va altresì escluso che possa attribuirsi un “peso” argomentativo decisivo
nell’affermazione, contenuta a fol 10 della sentenza, secondo cui l’alea tipica del
contratto di vitalizio oneroso sia ontologicamente differente da quella presidiante il
contratto atipico di mantenimento: ciò in quanto la lettura del passo della decisione
immediatamente precedente e di quello ancora anteriore — fol 9 ibidem —rende ragione

fraheittat
7

mantenimento, sostenendo in contrario l’ontologica assimilazione delle due fattispecie ;

dei limiti di tale affermazione, dal momento che essa era diretta a mettere in evidenza il
carattere composito dell’alea del contratto atipico rispetto a quella del contratto di
vitalizio, avendo la prima come fattore di rischio non solo la sopravvivenza del
beneficiato ma anche l’onerosità dei prevedil:ili interventi assistenziali.

relazione all’affermata impossibilità di equiparazione fra l’alea propria del contratto di
rendita vitalizia e quella propria del contratto di mantenimento e per la nullità del
contratto ex art. 1418 cod. civ. per mancanza di causa per assenza dell’alea.
III.a — Il motivo è infondato sia per quanto argomentato sub

II.a.2. sia anche perchè

l’affermazione in esame non rivestiva rilievo decisivo nel ragionamento della Corte del
merito.
IV — Con il q_uarto motivo parte ricorrente denunzia l’insufficienza e la contraddittorietà
della motivazione in relazione al rigetto delle domande subordinate di accertamento
della simulazione- assoluta o relativa- del contratto: all’uopo viene messo in evidenza il
valore sintomatico del reale scopo del contratto di vitalizio che sarebbe stato da
attribuire: 1 – alla riunione familiare indetta dai defunto, con la partecipazione di tutti i
figli ed alla quale sarebbe seguita la stipula della convenzione, che avrebbe avuto come
effetto quello di pregiudicare del tutto i diritti successori delle parti estranee all’accordo:
2 – alla forma solenne, con la presenza di due testimoni, adottata per la stipula del
contratto di mantenimento, incongrua rispetto al “tipo” contrattuale; 3 – alla sostanziale
autosufficienza economica degli anziani genitori del contro ricorrente; 4 – alla identità
tra le prestazioni oggetto della convenzione e l’obbligazione alimentare alla quale
comunque Angiolino Merlin sarebbe stato tenuto, essendo figlio dei soggetti in istato di
bisogno.
IV.a — Il motivo è infondato perché sui van elementi sintomatici — per la parte
ricorrente- di una simulazione già vi è stata una congrua motivazione da parte della
Corte né il deducente coniuga logicamente la pretesa invalidità negoziale attinente ad

– 8 –

III — Con il terzo motivo viene denunziata la violazione e falsa applicazione di legge in

una sola delle controprestazioni rispetto alla tenuta complessiva del negozio per trarne —
come già operato per la nullità per mancanza_ eli causa- decisive conclusioni in merito
all’assenza della volontà commutativa o dla, presenza di una volontà negoziale
attributiva senza corrispettivo: appare invero logicamente inconciliabile assumere, ad un

dell’intero patrimonio immobiliare — che dunque presupponeva la precisa volontà
dell’intento attributivo- ed allo stesso tempo ritenere sussistente la simulazione assoluta
dell’atto; del pari logicamente non sostenibile: — alla stregua dell’argomentazione trasfusa
nel motivo in esame- sarebbe stata la tesi de,,la simulazione di un diverso contratto — di
donazione — attesa la compresenza di altre obbligazioni assistenziali puntualmente
assunte ed eseguite dal soggetto vitaliziante.
V — Con il quinto motivo viene dedotta la violazione degli artt. 115 e 116 cpc in
relazione all’art. 1417 cod civ. ed all’art. 2729 cod. civ. relativamente al rigetto della
domanda di simulazione, sostenendosi che l’omessa od erronea valutazione delle
emergenze di causa — già rilevata nell’ambito del motivo che precede- avrebbe
determinato una sostanziale violazione dei princ.pi a presidio della valutazione delle
prove da parte del giudice del merito, con particolar riferimento all’istituto della
simulazione, formulandosi il seguente quesito di diritto: ” Dica l’adita Corte se in una

controversia che abbia ad oggetto l’accertamento della simulazione di un contratto di mantenimento il
giudice debba porre a fondamento della propria de,isione elementi di prova, anche desumibili dalle
deposizioni escusse, co’nfiguranti nella loro complessiva PaMz5cione, indizi gravi, precisi e concordanti
dell’allegata simulazione, come sostenuto nel motivo in esame, o se debba pretendere la dimostrazione di
essa secondo prova puntuale, come sostenuto erroneamente in sentenza”
V.a — Il motivo va respinto per le argomentazioni espresse in relazione all’analoga
quarta censura, non senza omettere di considerare che il quesito di diritto ex art. 366 bis
cpc non tiene conto della ratio decidendi adottata in sentenza — in cui si mise in evidenza il

tempo, la volontà di pregiudicare gli altri eredi mediante l’attribuzione della proprietà

valore interpretativo, contrario alla tesi della simulazione, da attribuire all’effettivo
adempimento delle prestazioni assistenzialiVI — Stanti le suestese argomentazioni, apnn re infine irrilevante — in quanto non si è
fatto riferimento, nella presente decisione, a tale profilo di inammissibilità- la questione,

opportunità di rimettere il procedimento all’esame delle Sezioni Unite, ravvisandosi un
contrasto — e quindi una questione di massima importanza- tra i principi portati dall’art.
111 Cost e dall’art. 6, comma II CEDI., ( tesi a realizzare l’effettività dei diritti di difesa
nel processo) e l’interpretazione di legittimità che ha esteso, da epoca successiva alla
proposizione del ricorso ( vedere Cass. Sei. III n. 16002/2007), l’onere di formulare il
c.d. momento di sintesi, omologo del quesito di diritto ex art. 366 cpc, anche
nell’ipotesi di motivi relativi al vizio di motivazione.
VII — Le spese seguono la soccombenza e vanno regolate come indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pa g amento delle spese in favore delle parti
contro ricorrenti, liquidandole in compessi\ri euro 3.500,00 di cui curo 200,00 per
esborsi.
Così deciso in Roma il 17 luglio 2013, nella camera di consiglio della 2″ Sezione
Civile della Corte di Cassazione.

sollevata dal procuratore del ricorrente in sede di discussione orale, attinente alla

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