Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21399 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 06/10/2020), n.21399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 23085/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

C.R.D. NORD s.r.l. in persona del suo legale rappresentante pro

tempore rappresentata e difesa giusta delega in atti dall’avv.

Roccioletti Giuseppe (PEC avvgiusepperoccioletti.puntopec.it),

Carnevale Schianca Ernesto e Totino Carlo (PEC

carlo.totino.avvocato.pec.it) ppresso il quale ultimo difensore ha

eletto domicilio eletto in Roma, via Cassidoro, n. 19;

– controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 49/24/12 depositata il 05/03/2012, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/02/2020 dal Consigliere Succio Roberto;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto

Procuratore Generale Visona Stefanò che ha chiesto il rigetto del

ricorso principale e dichiararsi assorbito il ricorso incidentale;

udito l’avvocato dello Stato Pellio Alfonso e l’avvocato Totino Carlo

che si sono riportati ai rispettivi atti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La vicenda derivabl conferimento operato in data 3 dicembre 2004 da parte della società CLIVIA s.r.l. – allora IMPRESA EDILE DUE COLLI s.r.l. – nei confronti della società OPULENTIA di un ramo d’azienda. A seguito di tal operazione, la conferitaria aumentò il proprio capitale sociale modificando la denominazione sociale in IMPRESA EDILE DUE COLLI s.r.l.; quest’ultima mutau denominazione a sua volta in CLIVIA s.r.l. La conferente, in data 23 dicembre 2004, utilizzando i servizi del gruppo Mythos s.p.a., oggetto di procedimento penale(in quanto ritenuto dalla Gdf soggetto professionalmente dedito alla prestazione di “prodotti” fiscali e servizi atti a realizzare effetti fraudolenti in danno dell’Amministrazione finanziaria, compiva una serie di operazioni ritenute finalizzate, da parte dell’Ufficio, a creare crediti d’imposta inesistenti in quanto connessi a utili egualmente inesistenti per mezzo di fittizie operazioni societarie straordinarie e contestualmente a sostener ‘2-quindi detrarre costi inesistenti a fini IVA.

L’Ufficio pertanto notificava sia alla conferente che alla conferitaria, l’odierna controricorrente e ricorrente incidentale, avviso di accertamento qui impugnato.

La CTP meneghina rigettava il ricorso; la pronuncia era appellata dalla contribuente società di fronte alla CTR lombarda che accoglieva l’appello.

Ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a due motivi; la società resiste con controricorso e presenta anche ricorso incidentale condizionato articolato in due motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Amministrazione Finanziaria con il primo motivo di ricorso censura la sentenza gravata per violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 14, comma 3 per avere la CTR ritenuto che la società C.R.D. NORD s.r.l. in liquidazione (già IMPRESA EDILE DUE COLLI s.r.l.), cessionaria del ramo di azienda per cui è causa, non fosse responsabile delle maggiori imposte e delle sanzioni accertate a carico della cedente CLIVIA s.r.l. ritenendo non operanti le deroghe alla limitazione di responsabilità di cui al del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 14, commi 1 e comma 2, difettandone i presupposti; secondo la CTR, quindi, le operazioni fraudolente realizzate sarebbero state poste in essere dalla cedente post-cessione e pertanto di esse risponderebbe unicamente la cedente e non la cessionaria.

Il secondo motivo di ricorso denuncia omessa motivazione in relazione a un fatto decisivo e controverso per il giudizio per non avere la CTR accertato la sussistenza dei presupposti di fatto in ordine alla sussistenza o meno dell’obbligazione solidale della cessionaria, vale a dire se il trasferimento del ramo d’azienda fosse parte di una più complessa operazione fraudolenta, per la quale non si applicano in capo alla ricorrente i limiti alla responsabilità di cui la contribuente società chiede l’applicazione.

Pur risultando fondati entrambi i, motivi di ricorso principale, poichè tal fondatezza rende necessario l’esame del ricorso incidentale condizionato e poichè esso risulta pure fondato, può procedersi direttamente all’esame di detto ricorso incidentale condizionato.

Con il primo motivo di ricorso incidentale condizionato si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 40, comma 2 per avere l’Ufficio competente all’esercizio del controllo in capo alla conferente esercitato in difetto di competenza il potere impositivo anche nei confronti della conferitaria, che invece doveva semmai esser oggetto di controllo e ricevere quindi l’avviso di accertamento dall’Ufficio di Pavia – avendo la contribuente società conferitaria sede a Mortara – non dall’Ufficio di Milano competente all’accertamento unicamente della conferente.

Il motivo è fondato.

Va premesso che il titolo di responsabilità della società conferitaria diversamente da come qualificata nel motivo – non è quella del soggetto “solidalmente dipendente” tenuto quindi a rispondere all’Erario per debiti tributari di altri.

Nel presente caso, si tratta invece di responsabilità tributaria personale e principale, anche se in solido per l’intero in quanto entrambe le società sono chiamate a rispondere delle pretese tributarie poichè uantg ambedue artefici della frode; non si applica quindi il principio secondo il quale l’Ufficio può agire nei confronti della conferitaria dopo aver infruttuosamente escusso la conferente. In tal ultimo caso infatti la responsabilità della conferitaria sarebbe eventuale e sussisterebbe solo nel caso di esistenza – dopo detta escussione – di un residuo debito. E in detto caso l’atto relativo alle violazioni commesse dalla conferente non poteva esser diretto alla conferitaria.

Viceversa, l’Ufficio ha agito imputando sia alla conferente che alla conferitaria, ritenute partecipi entrambe della frode, la propria pretesa. In quanto destinatari entrambi degli effetti sostanziali dell’atto impositivo, che si fonda sulla perpetrazione della frode da parte di costoro, ambedue i soggetti ne sono stati correttamente notificatari non potendo il profilo procedimentale e processuale separarsi da quello sostanziale.

E analoga corrispondenza sussiste quindi con riguardo all’interesse generale che gli accertamenti degli imponibili siano compiuti da quegli organi dell’Amministrazione tributaria che, secondo le presunzioni derivanti dalle norme di legge in materia, sono i più idonei per lo svolgimento dell’attività accertatrice.

E’ indubbio che la maggior efficienza nell’esercizio della funzione in parola va – in linea generale – attribuita agli uffici coincidenti con quelli nel cui ambito territoriale ha sede il contribuente: a costoro vengono presentate le dichiarazioni, e costoro possono operare in sede di accesso, ispezione e verifica presso detti contribuenti disponendo di informazioni come la legge prevede riguardo la situazione economica, patrimoniale e finanziaria dei soggetti sottoposti o sottoponibili a controllo. Difatti, l’Ufficio territorialmente competente ad emettere un avviso di accertamento è individuato facendo riferimento al domicilio fiscale del contribuente: il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 31, comma 2, stabilisce che “la competenza spetta all’ufficio distrettuale nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata”. A tal proposito, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58 dispone che “le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui anagrafe sono iscritte”. Dunque, il legislatore tributario colloca ex lege ogni contribuente nel proprio Comune di residenza, a meno che questi non abbia indicato il domicilio fiscale in un altro luogo al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.

Pertanto, come si è detto, se il sistema ha la finalità di garantire, nella ripartizione delle competenze dell’Agenzia delle Entrate, la miglior qualità possibile degli accertamenti è chiaro che in via generale, appunto, sono anche stabilite le sopra dette regole per la determinazione dell’Ufficio competente; dette regole che non possono essere derogate pena l’illegittimità dell’avviso di accertamento confezionato in loro violazione. Sul punto, questa Corte ha chiarito come sotto il profilo sostanziale (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3191 del 24/05/1984) la competenza territoriale degli uffici delle imposte ha carattere inderogabile, essendo determinata dall’interesse generale che gli accertamenti degli imponibili siano compiuti da quegli organi dell’amministrazione tributaria che, secondo le presunzioni derivanti dalle norme di legge in materia, sono i più idonei per lo svolgimento dell’attività accertatrice. Orbene, da tale principio discende la nullità assoluta dell’accertamento eseguito dalli ufficio incompetente, ed il conseguente potere-dovere dell’Ufficio competente a procedere ad un nuovo e valido accertamento. E sul corrispondente piano processuale si è ritenuto (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20671 del 01/10/2014) che nel processo tributario è ammissibile l’eccezione del ricorrente di incompetenza territoriale per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 4 poichè è irrilevante che essa provenga dalla stessa parte cui era rimessa l’individuazione dell’autorità giurisdizionale adita, attesa la natura “inderogabile” della competenza territoriale del giudice tributario, in relazione alla quale possono sempre essere sollecitati i poteri officiosi del giudice, rispondendo la relativa disciplina processuale – che prevede il radicamento della competenza in relazione al luogo della sede dell’ufficio, dell’ente o del concessionario che ha emesso l’atto impugnato – ad esigenze di tutela di interessi pubblici di efficienza e tempestività dell’accertamento sulla pretesa impositiva. A tal statuizione era giunta invero tempo fa questa Corte, con pronuncia alla quale il Collegio intende dare nuova conferma in questa sede (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7301 del 09/12/1983) secondo la quale in materia di accertamento tributario (in allora nel sistema del testo unico delle imposte dirette approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645, come nel vigente sistema a seguito del D.P.R. n. 917 del 1986), ma non diversamente nel presente sistema tributario, la competenza territoriale dell’ufficio, di carattere funzionale ed inderogabile ed il cui difetto importa la nullità assoluta dell’atto (il cui vizio deve pur sempre essere dedotto dalla parte ricorrente tra i motivi di impugnazione dello stesso, senza che possa essere rilevato d’ufficio dal giudice, secondo quanto desumibile anche dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 61, comma 2) si determina con riferimento al domicilio fiscale, inteso, per le persone fisiche di cittadinanza italiana come il comune di residenza anagrafica del contribuente, al momento in cui è presentata o deve essere presentata la dichiarazione, ed in via sussidiaria, se il domicilio fiscale non è determinabile in base al detto criterio, con riferimento al luogo di produzione del reddito, a tale regola potendo derogarsi a causa del comportamento del contribuente solo se in questo sia ravvisabile, anche per implicito, una manifestazione di volontà, esplicitamente o implicitamente accolta dall’amministrazione, diretta ad ottenere che il domicilio fiscale sia stabilito in comune diverso, in deroga ai predetti criteri.

Pertanto, in accoglimento del ridetto motivo di ricorso incidentale condizionato, la sentenza va integralmente cassata e la controversia può decidersi nel merito – risultando preliminare la questione ora risolta e non sussistendo necessità di alcun accertamento ulteriore in fatto – con l’accoglimento del ricorso originario del contribuente.

La soccombenza regola le spese del giudicato di cassazione. Si ritiene invece di compensare le spese dei due gradi del giudizio di merito in relazione al rispettivo esito.

PQM

Accoglie il ricorso incidentale condizionato; dichiara assorbito il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso del contribuente; liquida le spese in Euro 7.290,00 oltre al 15% per spese generali, CPA ed IVA di legge che pone a carico di parte soccombente. Spese di merito interamente compensate.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

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