Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21397 del 17/10/2011

Cassazione civile sez. I, 17/10/2011, (ud. 10/06/2011, dep. 17/10/2011), n.21397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26233/2009 proposto da:

V.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 71, presso l’avvocato MARCHETTI

Alessandro, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato il

15/10/2008; n. 87/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/06/2011 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato SIMONETTA MARCHETTI, con delega,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto emesso il 15 Ottobre 2008, la Corte d’appello di Firenze, in sede di rinvio, condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di V.M. della somma di Euro 2000,00, oltre gli interessi legali alla domanda, a titolo di equo indennizzo, ex art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per il danno da ritardo nella definizione di un processo pensionistico, promosso da V.A., dante causa a titolo ereditario dell’attrice, con ricorso presentato il 30 dicembre 1968 e finito con sentenza di rigetto della Corte dei Conti, sez. centrale in data 17 marzo 2003.

Motivava che la V. aveva agito in proprio e non anche jure hereditario; e che il ritardo irragionevole, dalla data della sua costituzione in giudizio (maggio 1995), rispetto alla durata ordinaria di anni tre per il primo grado e di un anno e mezzo per il giudizio di impugnazione, doveva essere stimato in anni due e mesi sei, detratto il periodo di un anno di quiescenza del giudizio in attesa dell’impugnazione della sentenza di primo grado.

Compensava le spese di giudizio, in considerazione della mancata resistenza della controparte pubblica.

Avverso il provvedimento la signora V. proponeva ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non svolgeva attività difensiva.

All’udienza del 10 Giugno 2011, il P.G. ed il difensore precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo, con il quale la ricorrente denunzia la violazione di legge nell’omesso cumulo del periodo di pendenza fino alla morte dell’originario attore, dante causa della V., è fondato.

Emerge infatti dalle conclusioni del ricorso introduttivo – che questa corte può esaminare, quale giudice del fatto in tema di error in procedendo – che quest’ultima richiese espressamente l’equa riparazione anche a titolo ereditario, per la durata del processo promosso e coltivato dal dante causa V.A..

Il decreto deve essere quindi cassato.

In assenza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, si può procedere alla decisione nel merito (art. 384 cod. proc. civ., comma 2). Tenuto conto, da un lato, che la Corte europea dei diritti dell’uomo in due recenti decisioni (Volta e altri contro Italia, 6 marzo 2010; Falco e altri contro Italia, 6 aprile 2010) ha ritenuto congrua la liquidazione di somme notevolmente inferiori a quella di Euro 1000,00 normalmente liquidata, e dall’altro, che si verte in ipotesi di procedimento dinanzi alla Corte dei Conti, il cui protrarsi inusitato è comunque rivelatore di uno scarso interesse alla causa della parte privata (Cass., sez. 1^, 18 giugno 2010, n. 14.754), l’indennizzo per la violazione del termine ragione al processo può essere liquidato, in via equitativa, nella somma di Euro 17.500,00, con interessi legali dalla domanda.

Resta assorbita la censura sulla liquidazione delle spese di giudizio (art. 336 cod. proc. civ., comma 1).

Le spese dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, sulla base del valore ritenuto in sentenza e del numero e complessità delle questioni trattate, con distrazione in favore dell’avv. Alessandro Marchetti, antistatario.

PQM

– Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento della somma di Euro 17.500,00, con gli interessi legali dalla domanda;

– Condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze alla rifusione delle spese del primo grado di giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.920,00, di cui Euro 600,00 per diritti ed Euro 1220,00 per onorari, e della fase di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 900,00 per onorari; oltre le spese generali e gli accessori di legge; da distrarre in favore dell’avv. Alessandro Marchetti, antistatario.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2011

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