Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21397 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 06/10/2020), n.21397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. TINARELLI FUOCHI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6930/2013 R.G. proposto da:

Ceti s.r.l.,in persona del suo legale rappresentante pro-tempore

Avesani Giulietta, rappresentata e difesa dall’Avv. Quercia Luigi,

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Ranuzzi Livia

in Roma, viale del Vignola n. 5, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 14/6/2012, depositata il 3 febbraio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 gennaio

2020 dal Consigliere Dinapoli Marco.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Ceti s.r.l. ricorreva in primo grado avverso una cartella di pagamento emessa nei suoi confronti D.P.R. n. 600 del 1973, ex artt. E 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis per omesso versamento di Irpeg, Irap e Iva e ritenute Irpef risultanti dalle dichiarazioni di imposta per gli anni 2000 e 2001.

La Commissione tributaria provinciale di Bari accoglieva il ricorso della contribuente con sentenza n. 14/01/2010, avverso cui l’Agenzia delle entrate proponeva appello.

La Commissione tributaria regionale della Puglia con la sentenza indicata in epigrafe accoglieva l’appello dell’Ufficio. Riteneva infondate le eccezioni procedurali proposte dal contribuente (sulla validità e tardività della notifica, sull’inammissibilità dell’appello, sul difetto di motivazione) ed errata nel merito la sentenza impugnata per i seguenti motivi: -) per avere annullato la cartella esattoriale impugnata ritenendo erroneamente che avendo il contribuente richiesto il condono L. n. 298 del 2002, ex art. 9-bis senza però completare i pagamenti l’omesso o tardivo pagamento delle rate del condono dovesse comportare solo il recupero coatto delle rate non versate, e non invece la perdita del beneficio; -) per avere con questa motivazione travolto anche la riscossione di altre somme ricomprese nella cartella per le quali il condono non era stato chiesto.

La società ricorre in questa sede per tre limotivi e chiede la cassazione della sentenza impugnata con ogni conseguenza di legge e con vittoria di spese. Pertanto si è formato il giudicato sui punti della decisione non ricompresi nei motivi di ricorso.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso e chiede rigettarsi il ricorso avverso, con vittoria delle spese processuali.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. -Con il primo motivo di ricorso la contribuente denunzia violazione della L. n. 890 del 1982, art. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè, contrariamente a quanto erroneamente ritenuto dal giudice a quo, la mancanza in calce all’atto di appello notificato a mezzo posta al difensore della indicazione della data di spedizione e/o di ricezione ne determinerebbe l’inammissibilità.

2. – Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 erroneamente il giudice di appello avrebbe ritenuto sufficientemente motivata la cartella esattoriale, che invece non menziona l’esito della richiesta di condono.

3. – Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9-bis in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perchè erroneamente la sentenza impugnata avrebbe ritenuto legittima l’iscrizione a ruolo dell’Iva (oltre interessi e sanzioni), disconoscendo la validità della richiesta di condono della contribuente, per l’omesso versamento delle rate successive alla prima, da cui non deriverebbe, invece la perdita del beneficio ma la riscossione cotta delle rate non versate.

4. – Il primo motivo di ricorso è infondato. La questione è stata affrontata dalla sentenza impugnata, che l’ha rigettata in quanto, essendo avvenuta la notifica dell’atto a mezzo posta, la data risultava con certezza dalla sottoscrizione dell’avviso di ricevimento. La decisione sul punto appare corretta, perchè non vi è stata alcuna violazione dei diritti della difesa, in quanto la parte poteva fare sicuro riferimento alla data della sottoscrizione dell’avviso di ricevimento sia per le sue determinazioni che per l’esercizio tempestivo delle sue facoltà, come poi è effettivamente successo. D’altro canto, il merito di questa decisione non è investito dal motivo di ricorso proposto, che si limita a lamentare l’omissione degli adempimenti indicati solo sotto il profilo della regolarità formale, ma non esprime alcuna critica specifica avverso la ratio delle decisione.

5. – E’ infondata la censura formulata con il secondo motivo di ricorso. Infatti la cartella esattoriale impugnata è stata emessa sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente nelle dichiarazioni fiscali presentate, di cui egli pertanto era necessariamente a conoscenza. Non vi era invece alcun bisogno di precisare l’esito della richiesta di condono, da cui non derivava alcuna incertezza in ordine al quantum dei tributi, ma solo l’esclusione delle sanzioni a condizione però del pagamento integrale di quanto dovuto, circostanza ben nota al contribuente che era rimasto inadempiente.

6. – Il terzo motivo di ricorso è infondato. Infatti il condono di cui la contribuente ha chiesto di fruire è quello previsto dalla L. 27 dicembre 2002 n. 289, art. 9-bis, che esclude in via eccezionale il pagamento delle sanzioni dovute dai contribuenti morosi qualora effettuino il pagamento nel nuovo termine indicato dalla legge. Si tratta perciò di un condono che è stato definito di natura clemenziale, diverso quindi da altri tipi di condono, di natura premiale, onde la differente disciplina, per cui il primo, a differenza degli altri, si perfeziona solo con il pagamento integrale dei tributi a sanatoria della pregressa morosità.

6.1 – La natura eccezionale della norma non consente l’estensione analogica al condono clemenziale della normativa prevista per il condono premiale, e rende ragionevole la differente disciplina e manifestamente infondato il sospetto di disparità di trattamento costituzionalmente rilevante (sul punto Cass. Sez. 5, 7 novembre 2018 n, 28362).

6.2 – Occorre pertanto dare continuità al principio di diritto affermato da Cass. Sez. 5, 22 dicembre 2016 n. 26683, (e successivamente confermato con giurisprudenza costante, fra cui Cass., Sez. 5, 23348/2019), per cui “Il condono fiscale L. n. 289 del 2002, ex art. 9-bis, che costituisce una forma di condono clemenziale, è condizionato all’integrale versamento di quanto dovuto, sicchè il pagamento parziale delle somme indicate nella dichiarazione integrativa ne comporta il mancato perfezionamento e non fa venir meno l’illiceità della condotta, neppure limitatamente alle somme parzialmente corrisposte, ma, al contrario, porta ad emersione il definitivo ed originario inadempimento dell’obbligazione tributaria, legittimando la pretesa sanzionatoria dell’Amministrazione finanziaria commisurata all’intero importo dell’imposta non versata nei termini di legge”.

7. – In conclusione, per i motivi indicati, il ricorso va rigettato. Le spese di questo giudizio, come appresso liquidate, seguono alla soccombenza. Deve darsi atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato a carico della società ricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente Ceti s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 5:500 (cinquemilaseicento) complessivi più spese prenotate a debito. Dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

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