Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21395 del 24/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 24/10/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 24/10/2016), n.21395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5941-2015 proposto da:

C.M., C.R., entrambi nella qualità di eredi di

L.A., C.G., CA.MA.,

C.A., C.O., CA.RA., C.F.,

CA.GI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE MILIZIE,

9, presso lo studio dell’avvocato ROSANGELA PISANO, rappresentati e

difesi dall’avvocato GIULIA SERRAO giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 67/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO del

20/12/2013, depositata il 18/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI;

udito l’Avvocato Franco Perrone (delega avvocato Giulia Serrao)

difensore dei ricorrenti che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il Tribunale di Catanzaro, con sentenza non definitiva n. 93 del 1995, dichiarò illegittime le ingiunzioni fiscali per il pagamento deì danni da attività abusiva di estrazione di materiale inerte dal suolo demaniale, emesse dall’Intendenza di finanza nei confronti di A., D., F., Gi., G., Ma., O., Ra., M. e C.R., eredi di c.m., già amministratore unico legale rappresentante della C. & Figli s.a.s., e dispose la prosecuzione del giudizio per l’accertamento del credito che il Ministero dell’economia e delle finanze aveva richiesto in via riconvenzionale;

che, con sentenza definitiva n. 2729 del 2011, il Tribunale condannò gli opponenti al pagamento dell’importo di Euro 10.000,00, così determinato in via equitativa il danno limitatamente al periodo antecedente al 1983;

che la Corte d’appello, adita in via principale dai sigg. C. e in via incidentale dall’Amministrazione, con sentenza depositata il 18 gennaio 2014 ha rideterminato il danno nella misura di Euro 21.363,76, come quantificato dall’UTE, i cui riferimenti non erano stati contestati (le contestazioni avevano riguardato, nel primo grado di giudizio, gli elementi quantitativi, e in grado di appello, l’esistenza del danno) e confermati dal CTU;

che per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso i sigg. C., sulla base di due motivi, ai quali resiste, con controricorso, il Ministero dell’economia e delle finanze.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., e si contesta che la Corte d’appello, dopo aver preso atto della incontrovertibilità della sentenza non definitiva, che aveva dichiarato l’illegittimità delle ingiunzioni di pagamento, aveva poi quantificato il danno in misura corrispondente a quella portata dalle ingiunzioni;

che l’annullamento delle ingiunzioni aveva travolto anche gli atti ad esse presupposti, e la preclusione da giudicato aveva indotto il Tribunale a disporre CTU per l’accertamento e la quantificazione del danno;

che la doglianza è infondata;

che la pronuncia del Tribunale, di annullamento delle ordinanze di ingiunzione che avevano ad oggetto somme richieste a titolo risarcitorio da occupazione abusiva, non ha esaurito la cognizione sul merito della pretesa dell’Amministrazione, e il relativo giudicato è circoscritto alla verifica della legittimità delle ingiunzioni (ex plurimis, Cass., sez. 5, sentenza n. 22152 del 2006);

che pertanto correttamente la Corte d’appello ha pronunciato sulle questioni ancora in discussione, e cioè sull’esistenza del danno da occupazione abusiva del bene demaniale, contestata dagli appellanti principali, e sulla liquidazione del danno, contestata dall’Amministrazione con l’appello incidentale;

che con il secondo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2051, 1223 c.c. e art. 1227 c.c., comma 2, in relazione agli artt. 101 e 102 c.p.c., nonchè vizio di motivazione;

che i ricorrenti assumono la mancanza di prova del danno, in ragione della profonda modificazione dello stato dei luoghi dall’epoca del fatto contestato, tenuto conto che per circa venticinque anni l’Amministrazione aveva tollerato l’asporto di materiali da parte di “terzi”, come riscontrato anche dal CTU nel sopralluogo effettuato nel 2009, con la conseguenza che il danno non era in alcun modo quantificabile e, in ultima analisi, neppure configurabile;

che, in disparte la carenza di autosufficienza del motivo, che si limita a richiamare senza riportare gli accertamenti svolti in sede di CTU, le censure prospettate sono infondate;

che la Corte d’appello ha esaminato e superato le contestazioni relative alla possibilità di accertare il danno a distanza di molti anni dalla occupazione del terreno, con argomentazione esaustiva e congrua che tiene conto del quadro probatorio complessivo;

che risulta del pari corretta l’applicazione dei principi in materia di danno, avendo la Corte di merito anche evidenziato l’irrilevanza del comportamento dell’Amministrazione negli anni successivi al 1983, tenuto conto che la pretesa risarcitoria era relativa agli anni fino al 1983;

che il ricorso è rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite del presente giudizio, che liquida in favore del Ministero dell’economia e delle finanze in complessivi Euro 1.200,00, oltre spese prenotate e prenotande a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 26 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2016

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