Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21389 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 06/10/2020), n.21389

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FRACANZANI M. Marcello – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26447-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AUTO ONE SRL IN LIQUIDAZIONE, D.S., D.S.P.;

– intimati –

e da:

D.S., AUTO ONE SRL IN LIQUIDAZIONE, D.S.P.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ROMEO ROMEI 23, pressa lo

studio dell’avvocato INZERILLO ANTONIO, rappresentati e difesi

dall’avvocato MARICONDA ANDREA;

– controricorrenti incidentali –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 4556/2014 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 12/05/2014;

udita la relazione d causa svolta nella camera di consiglio del

07/11/2 dal Consigliere Dott. LOCATELLI GIUSEPPE.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

A seguito di verifica fiscale l’Agenzia delle Entrate notificava alla società Auto One srl in liquidazione, operante nel settore del commercio di autovetture di provenienza comunitaria, nonchè al liquidatore in proprio D.S. e a D.S.P. quale coobbligato per le sanzioni a norma del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11, un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2007, con cui accertava l’esistenza di maggiori ricavi non contabilizzati pari ad Euro 2.361.632, e l’indebita deduzione di costi, determinando le conseguenti maggiori imposte Ires, Irap ed Iva, oltre sanzioni. In particolare l’Ufficio contestava:1) ricavi “in nero” desunti dal conto soci finanziamenti infruttiferi per Euro 1.180.000; 2) ricavi “in nero” desunti dal raffronto tra il conto cassa ed il conto bancario per 553.315; 3) ricavi in nero derivanti da operazioni bancarie di versamento e prelevamento non giustificate per Euro 249.850; 4) indebita deduzione di costi non documentati o non inerenti per Euro 111.429.

Contro l’avviso di accertamento la società Auto One srl e D.S.P. proponevano ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Napoli che lo rigettava con sentenza n. 542 del 2012

La società Auto One e D.S.P. proponevano appello alla Commissione tributaria regionale della Campania che lo accoglieva parzialmente con sentenza n. 4566 del 12.5.2014, nei seguenti termini: riduceva ad Euro 1.808.317 i maggiori ricavi che l’Ufficio aveva determinato in Euro 2.361.000, per effetto dell’annullamento dei ricavi in nero di Euro 553.312 risultanti dal raffronto tra il conto cassa ed il conto bancario; riduceva il maggior reddito di impresa ad Euro 834.231 in conseguenza dell’annullamento del rilievo sui ricavi in nero precedentemente indicato (Euro 553.312), dell’annullamento della ripresa a tassazione di costi indeducibili (Euro 111.429) e del riconoscimento di costi per Euro 980.000 relativi all’acquisto di beni venduti in nero; ai fini sanzionatori confermava la responsabilità personale di D.S.P. e D.S..

Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Deposita memoria e resiste con controricorso al ricorso incidentale.

La società Auto One srl in liquidazione, D.S. e D.S.P. resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale sulla base di due motivi.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

A) Ricorso principale.

1.I1 primo motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, nella parte in cui, in riferimento ai ricavi in nero la C.T.R. ha riconosciuto costi determinati in Euro 980.000, senza fornire motivazione alcuna sul punto e senza considerare che la parte contribuente non aveva espresso doglianze in tema di mancato riconoscimento dei costi.

1. Il motivo è infondato. Non sussiste il vizio di ultrapetizione perchè nell’atto di appello della società (nella parte trascritta a pagg. 5 e ss del controricorso) risulta che le censure della società appellante hanno riguardato anche il fatto che i maggiori ricavi sono stati determinati senza il riconoscimento di alcun costo. Non sussiste il vizio di motivazione apparente, consistente nella incomprensibilità della ratio decidendi pur in presenta di una motivazione graficamente esistente, perchè il giudice di appello ha espresso il proprio giudizio secondo cui, nel settore della compravendita di auto nuove ed usate, il margine lordo di profitto è determinabile nella misura del 20% circa.

2. Il secondo motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e art. 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″.

Il motivo è inammissibile perchè consta della trascrizione dell’avviso di accertamento e di considerazioni di carattere generale ed astratte sulla distribuzione dell’onere probatorio, senza esprimere alcuna censura, tra quelle prospettabili in sede di legittimità, rispetto alle argomentazioni concretamente adottate dal giudice di merito per annullare talune riprese a tassazione effettuate dall’Ufficio.

3. Il terzo motivo denuncia:” Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4″, nella parte in cui ha annullato la ripresa a tassazione di ricavi “in nero” ed essendo incomprensibili le ragioni per cui ha C.T.R. ha ritenuto che “gli stessi verificatori hanno dubbi sulla tassazione di tali importi”.

Il motivo è fondato. Il giudice di appello ha annullato il rilievo relativo a ricavi “in nero” per Euro 553.315 desunti dal confronto tra conto cassa e conto bancario ” trattandosi verosimilmente di “pasticci contabili”, tant’è che gli stessi verificatori hanno dubbi sulla tassazione di questi importi (bonifici a favore di terzi addebitati al conto cassa anzichè al conto fornitori) se al foglio 32 del citato p.v.c. scrivono”. Pertanto, salvo diverso avviso dell’Ufficio finanziario preposto all’accertamento, l’imponibile pari ad Euro 553.315 si propone per il recupero alla tassazione diretta” e l’Ufficio in proposito nulla ha chiarito”. La motivazione, così formulata, è priva di senso compiuto, non risultando intellegibile quale sia il “filo logico” seguito dal giudice di appello. Nel p.v.c. redatto dalla Guardia di Finanza (trascritto nel ricorso per cassazione) si afferma esplicitamente che le medesime somme che, sulla base della documentazione bancaria, risultavano bonificate a determinati i fornitori, secondo la contabilità aziendale risultavano versate nel conto cassa, con la deduzione logica che le somme affluite al conto cassa, non potendo essere le medesime somme date in pagamento ai fornitori, dovevano essere somme ulteriori affluite in cassa quali ricavi derivanti da vendite “in nero”. Il giudice di merito si astiene totalmente dall’indicare in base a quale procedimento argomentativo le prove documentali e le considerazioni logiche immediatamente evidenti contenute nel p.v.c. possano essere ascritte alla categoria dei “pasticci contabili”. Di più, la formula di rito con cui la Guardia di Finanza rimette alla determinazione dell’Agenzia delle Entrate (unica titolare del potere impositivo) le determinazione finale sul recupero a tassazione, per il giudice di appello diventa, inopinatamente, elemento sintomatico di uno stato di “incertezza” degli stessi verificatori rispetto al proprio operato, e conseguentemente della dubbia fondatezza della pretesa impositiva avanzata dall’Ufficio sulla base di quel p.v.c..

B) Ricorso incidentale

1. Il primo motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, nella parte in cui la C.T.R. ha confermato la ripresa a tassazione, quali ricavi non contabilizzati, dei versamenti e dei prelievi ingiustificati risultanti dai conti bancari.

Il motivo è infondato. Il giudice di appello ha ritenuto che le prove contrarie offerte dalla società ricorrente non fossero idonee a vincere la presunzione legale di cui al D.P.R. n. 29 del 1972, art. 32, comma 1, n. 2) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, secondo cui le operazioni bancarie di versamento e prelevamento effettuate dall’imprenditore e non giustificate costituiscono prova presuntiva di maggiori ricavi, specificando ulteriormente che restava indimostrata la tesi che molte movimentazioni del conto fossero “meri espedienti di regolarizzazione contabile”, mentre nessuna prova era stata data “in relazione all’asserito prestito grazioso ricevuto da parenti e amici”. Non ricorre la fattispecie di motivazione apparente in quanto l’iter logico seguito dal giudice a sostegno della propria determinazione risulta da un lato comprensibile, e dall’altro insindacabile nel merito. Occorre anche considerare che alla sentenza impugnata si applica, ratione temporis, il novellato l’art. 360 c.p.c., n. 5 che preclude Idi allegare il vizio di motivazione carente.

2. Il secondo motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″, in quanto la C.T.R., nel confermare le sanzioni a carico personalmente di D.S. e D.S.P. ha violato il D.L. n. 336 del 2003, art. 7, secondo cui, in caso di società avente personalità giuridica, le sanzioni possono essere irrogate esclusivamente a carico delle stessa società.

Il motivo è infondato. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, D.L. n. 269 del 2003, ex art. 7, convertito nella L. n. 326 del 2003, sono esclusivamente a carico della persona giuridica. Tuttavia tale regola incontra un limite nella artificiosa costituzione a fini illeciti della società di capitali, potendo allora le sanzioni amministrative tributarie essere irrogate nei confronti della persona fisica che ha beneficiato materialmente delle violazioni contestate. In tal caso, la persona fisica che ha agito per conto della società è, nel contempo, trasgressore e contribuente, e la persona giuridica è una mera fictio, creata nell’esclusivo interesse della persona fisica. Non opera pertanto il D.L. n. 269 del 2003, art. 7, secondo cui nel caso di rapporti fiscali facenti capo a persone giuridiche le sanzioni possono essere irrogate nei soli confronti dell’ente, in quanto detta norma intende regolamentare l’ipotesi di un amministratore di una persona giuridica che, in forza del proprio mandato, compie violazioni nell’interesse della persona giuridica. (Sez.5 n. 28331/ 2018; Sez.5 n. 5924/2017; Sez.5 19716/2013).

La motivazione censurata è conforme all’interpretazione della giurisprudenza di legittimità, avendo il giudice di appello osservato che la limitazione della responsabilità alla sola società con personalità giuridica, prescritta dal citato art. 7, non opera” quando la persona giuridica si pone come scudo in favore dell’autore materiale dell’illecito, che dalla violazione tragga vantaggio personale e diretto”, ed avendo ravvisato un interesse personale alla commissione degli illeciti sia da parte dell’amministratore D.S. che del socio D.S.P., in capo al quale il giudice di merito ha ravvisato “l’esistenza di un proprio tornaconto, ponendosi di fatto come secondo e occulto autore materiale dell’illecito”.

La sentenza deve essere cassata in accoglimento del terzo motivo di ricorso principale, il ricorso incidentale deve essere rigettato e la causa rinviata alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, alla quale è demandata la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente incidentale.

P.Q.M.

Accoglie il terzo motivo del ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione. Raddoppio contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

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