Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21388 del 15/09/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. VI, 15/09/2017, (ud. 16/06/2017, dep.15/09/2017),  n. 21388

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12944-2016 proposto da:

SOCCORSO CAMPANIA SRL, domiciliata in ROMA presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato

VINCENZO CIRILLO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

PROCURA REPUBBLICA TRIBUNALE DI NAPOLI;

– intimata –

e contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO;

– resistente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il

12/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/06/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Soccorso Campania S.r.l. ha proposto opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 avverso il decreto di liquidazione emesso dal GIP presso il Tribunale di Napoli con il quale era stata liquidata la somma di Euro 3.000,00 a titolo di indennità di custodia di pezzi di ricambio per autoveicoli sottoposti a sequestro penale, e depositati in spazi coperti e per una superficie di mq. 48, per il periodo dall’8 febbraio 2006 all’8 maggio 2012.

Il provvedimento opposto, dopo avere dato atto che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 59 aveva trovato attuazione con il successivo D.M. n. 265 del 2006, che tuttavia introduceva i criteri di computo dell’indennità di custodia solo per taluni beni, tra i quali non rientravano quelli sottoposti a sequestro, e dopo avere richiamato l’art. 5 suddetto D.M., il quale prevede che per i beni non contemplati dallo stesso occorra fare applicazione in via residuale degli usi locali, liquidava in favore del custode la suddetta somma.

Il Tribunale di Napoli in sede di opposizione, con ordinanza del 12 aprile 2016, dopo aver dato atto dell’erroneità del richiamo del provvedimento gravato alla L. n. 863 del 1965, riteneva che non potesse essere condivisa la tesi della società opponente secondo cui si sarebbe potuto fare applicazione delle tariffe predisposte dalla Prefettura, evocando a tal fine quanto statuito da questa Corte con la sentenza n. 752/2016.

Pertanto, poichè l’opposizione mirava unicamente ad applicare le tariffe prefettizie, la stessa andava disattesa.

La Soccorso Campania S.r.l. ha proposto ricorso avverso tale provvedimento sulla base di tre motivi.

Il Ministero della Giustizia ha resistito ai soli fini della discussione orale.

Preliminarmente occorre rilevare che la nullità della notifica del ricorso, in quanto effettuata nei confronti del Ministero presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, anzichè presso l’Avvocatura Generale, deve ritenersi sanata per effetto della costituzione del Ministero medesimo, sebbene ai soli fini della partecipazione alla discussione orale, senza che sia stata dedotta alcuna menomazione del proprio diritto di difesa quale conseguenza dell’errata modalità di esecuzione della notifica.

I primi due motivi, con i quali si denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 24Cost., nonchè dell’art. 111Cost. e dell’art. 132c.p.c., n. 4 e art. 134 c.p.c. e delle previsioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 e del D.M. n. 265 del 2006, sono, ad avviso del Collegio, fondati.

Ed, invero la ricostruzione in punto di diritto della disciplina applicabile alla fattispecie appare sostanzialmente incontestata, concordando la stessa ricorrente in merito all’interpretazione delle norme applicabili attualmente per le ipotesi di custodia di beni non espressamente disciplinati dal D.M. n. 265 del 2006.

A tal fine, va sicuramente condiviso quanto affermato da questa Corte con la pronuncia n. 11281/2012, la quale ha appunto chiarito che, in tema di liquidazione dell’indennità spettante al custode di beni sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento penale, a seguito dell’emanazione del D.M. 2 settembre 2006, n. 265, di approvazione delle tariffe, la determinazione dell’indennità di custodia per i beni diversi da quelli ivi espressamente contemplati, va operata, ai sensi dell’art. 5 predetto decreto, sulla base degli usi locali, non essendo più applicabile il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 276 il quale consentiva altresì il riferimento alle tariffe prefettizie ridotte secondo equità.

In linea di continuità con l’ordinanza appena citata, si pone poi Cass. n. 752/2016, della cui motivazione è ampiamente tributaria l’ordinanza oggi gravata, la quale ha ribadito che, a seguito dell’emanazione del D.M. n. 265 del 2006, la determinazione dell’indennità di custodia per i beni diversi da quelli ivi espressamente contemplati va operata, ai sensi dell’art. 5 citato D.M. e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 58, comma 2, sulla base degli usi locali, senza che, per questi, occorra verificare la ricorrenza del requisito della “opinio iuris ac necessitatis”, ossia dalla convinzione, comune ai consociati, dell’obbligatorietà dell’osservanza delle tariffe, derivando il recepimento e la legittimazione delle prassi dei corrispettivi applicati nella pratica commerciale direttamente dal rinvio operato dalla disciplina legale.

Non deve poi trascurarsi quanto affermato da Cass. n. 3475/2012, secondo cui, sempre in attesa dell’emanazione delle tabelle per la determinazione dell’indennità di custodia previste dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 59, il compenso, in assenza degli usi locali, dovrebbe avvenire ai sensi dell’art. 2233 c.c., comma 2, e quindi in base all’importanza dell’opera svolta e previa acquisizione del parere dell’associazione professionale del custode; ne consegue che, ove in violazione di tali precetti, il giudice liquidi il compenso dovuto al custode secondo equità il relativo provvedimento è censurabile in sede di legittimità per violazione dell’art. 2233 c.c., comma 2.

Tornando al caso in esame, se il ragionamento del giudice di merito nella prima parte risulta aderente al dettato normativo, laddove esclude la possibilità di fare ormai applicazione delle tariffe in uso presso le Prefetture, occorrendo fare riferimento, ai sensi dell’art. 5 del predetto decreto, agli usi locali, non ha tuttavia fornito risposta alla censura che la società ricorrente muoveva con l’atto di opposizione.

Ed, invero la custode, oltre a denunziare1con l’opposizione, la assoluta carenza di motivazione del decreto impugnato, quanto alla specificazione dei criteri sulla scorta dei quali il GIP aveva liquidato l’indennità dovuta, ha sostanzialmente richiesto procedersi alla liquidazione delle sue spettanze sulla base della normativa applicabile, evidenziando come, proprio a seguito della necessità imposta dal D.M. n. 265 del 2006, art. 5 di dover far ricorso al criterio degli usi locali, le ormai non più direttamente applicabili tariffe prefettizie potevano essere comunque un criterio al quale ispirarsi per ravvisare l’esistenza di usi locali di segno conforme.

L’ordinanza gravata ha colto solo tale richiamo dell’opponente, ritenendo però erroneamente che le doglianze fossero limitate alla sola pretesa di applicare le tabelle prefettizie; ha trascurato tuttavia di riscontrare che l’opposizione era nel complesso volta a contestare l’assoluta carenza di indicazioni circa i criteri seguiti dal Gip nella liquidazione, ed a sollecitare al giudice dell’opposizione di procedere ad una liquidazione conforme a quanto appunto previsto dalla disciplina vigente.

La decisione quindi non ha offerto risposta alla richiesta di tutela giudiziaria avanzata dalla ricorrente, con la conseguenza che, in accoglimento dei motivi in esame, il provvedimento deve essere cassato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli in persona di diverso magistrato.

Il terzo motivo con il quale si sostiene, denunziando la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 59, comma 2 dell’art. 3 Cost. e dell’art. 12 preleggi, comma 2, che le tariffe prefettizie potrebbero in via analogica risultare idonee a dare vita ad usi locali, è chiaramente assorbito dall’accoglimento dei primi due motivi, trattandosi di verifica che risulta devoluta al giudice del rinvio, il quale provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

 

Accoglie i primi due motivi di ricorso, ed assorbito il terzo, cassa il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Napoli in persona di diverso magistrato, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA