Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21387 del 13/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 13/08/2019, (ud. 30/04/2019, dep. 13/08/2019), n.21387

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10307-2018 proposto da:

A.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 109,

presso lo studio dell’avvocato BIAGIO BERTOLONE, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GIANEMILIO GENOVESI;

– ricorrente –

contro

CARNIVAL CRUISE LINES, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.G. PORRO 8, presso

lo studio dell’avvocato ANSELMO CARLEVARO, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati MIRKO SCAPINELLO, ALDO MORDIGLIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 394/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 29/09/2017 r.g.n. 448/2016;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Si controverte delle vicende del rapporto di lavoro tra A.C., ufficiale di coperta su navi da crociera, e la datrice di lavoro Carnival Cruise Lines (CCL), conseguentemente alle sentenze (prima del Tribunale e poi della Corte d’Appello di Genova, quest’ultima infine confermata dalla Suprema Corte), con cui era stato dichiarato illegittimo il licenziamento intimatogli ed era stata disposta la reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro, con condanna datoriale al pagamento delle retribuzioni non corrisposte, dalla data di notifica del ricorso di primo grado alla effettiva riammissione in servizio.

Sono poi intervenute due ulteriori sentenze del Tribunale di Genova, rese in sede di opposizione della Carnival a successivi atti di precetto notificati dal lavoratore, entrambe impugnate davanti alla locale Corte d’Appello in processi poi tra loro riuniti.

In particolare, con sentenza n. 127/2016, il Tribunale riteneva, per quanto qui interessa, che attraverso l’atto di precetto notificato in data 29.10.2013, l’ A., avendo contemplato in tale atto anche il credito per t.f.r., avesse implicitamente esercitato l’opzione di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5, nel senso di richiedere l’indennità sostitutiva della reintegrazione e con l’effetto di far cessare alla medesima data il rapporto.

Ne conseguiva che, calcolato quanto dovuto per retribuzioni inevase dalla data della notifica del ricorso giudiziale di impugnativa del licenziamento (marzo 2012, quale decorrenza fissata nella sentenza del Tribunale posta in esecuzione), alla data di cessazione del rapporto (29 ottobre 2013) ed addizionato ulteriormente quanto dovuto per le quindici mensilità dell’opzione e per spese di precetto risultava, detratto quanto medio tempore corrisposto da Carnival Cruise e l’aliunde perceptum, un importo ancora dovuto di Euro 44.645,86 oltre accessori, in luogo della maggior somma di Euro 139.601,03, pretesa con il successivo precetto notificato in data 11.6.2014.

Con sentenza n. 633/16 il medesimo Tribunale ha invece ritenuto che la cessazione del rapporto fosse imputabile alla mancata presentazione dell’ A. per l’imbarco del 4.12.13, ritenuto regolarmente offerto da Carnival Cruise sulla base della comunicazione 6.11.13. Riteneva altresì che con il pagamento dell’ulteriore importo di Euro 90.000,00 effettuato dalla società a copertura del periodo sino all’offerta di reintegra, nulla fosse ulteriormente dovuto all’ A. e quindi accoglieva l’opposizione all’ulteriore precetto notificato nel novembre 2015.

Entrambe le sentenza venivano impugnate dall’ A., cui resisteva la società.

Con sentenza depositata il 29.9.17, la Corte d’appello di Genova, escluso che con l’atto di precetto del 29.10.13 l’ A. avesse implicitamente esercitato l’opzione di cui all’art. 18, comma 5, riteneva invece che la CCL avesse validamente comunicato l’invito (6.11.13) alla prosecuzione del lavoro conseguente alla reintegra, cui il lavoratore non rispose in tempo utile e sovrattutto mentre era già imbarcato su altra nave di altra Compagnia, rendendo così impossibile la ripresa del lavoro nel termine di legge di trenta giorni. La Corte di merito lasciava quindi immutato l’importo riconosciuto all’ A. nella sentenza n. 127/16 e già corrisposto, determinando in Euro 4.312,86, oltre accessori, l’importo ulteriormente dovuto all’ A. per retribuzione del mese di novembre 2013.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso quest’ultimo, affidato ad unico motivo, cui resiste la Carnival Cruise con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. Sono pervenute conclusioni scritte della Procura Generale, richiedenti il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. L’ A., denunciando la violazione di varie norme (L. n. 300 del 1970, art. 18. artt. 323, 325, 327, 328 e 332 c.n.; il R.D. n. 327 del 1942, D.P.R. n. 231 del 2006; D.Lgs. n. 108 del 2005, art. 7, comma 1, art. 1 preleggi, ed altre), censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che l’offerta (invito) di CCL del 6.11.13 costituisse atto idoneo a dare corso alla reintegra, rilevando che: a) nessun contratto di lavoro era stato stipulato tra la CCL e l’ A. bensì dalla Golden Falcon International; b) che in ogni caso l’invito a riprendere il lavoro quale offerta di reintegrazione formulata dalla CCL era priva di efficacia in quanto in contrasto con le norme che disciplinano il contratto di arruolamento (atto pubblico, visita medica, regolarizzazione previdenziale, visto per l’ingresso negli U.S.A., etc.). Lamenta ancora che la sentenza impugnata, non attribuendo alcun rilievo a tali circostanze, ritenne invece erroneamente che l’invito alla ripresa del lavoro era stato formulato dalla CCL secondo accertata prassi e dunque in contrasto con la gerarchia delle fonti del diritto.

Lamenta ancora che l’inidoneità dell’invito alla ripresa del lavoro a seguito di reintegra doveva evincersi anche dalla mancata comunicazione all’ A., che ne aveva fatto richiesta con telegramma 30.11.13, dei titoli abitativi, del livello contrattuale, autorizzazioni all’imbarco, etc.; che la circostanza che al momento della comunicazione A. egli stesse lavorando per altra Compagnia, evidenziata dalla Corte di merito, era assolutamente irrilevante, essendo evidente che egli avrebbe preferito imbarcarsi per la CCL (con contratto a tempo indeterminato) piuttosto che per MSC (con contratto a tempo determinato).

2. Il motivo presenta ampi profili di inammissibilità ed è per il resto infondato.

Ed invero varie delle circostanze evidenziate (in primis quella inerente l’interpretazione dell’invito della CCL a riprendere servizio e la valutazione della risposta fornita dall’ A.) risultano questioni di fatto già esaminate dalla sentenza impugnata, cui il ricorrente intende ora dare una diversa interpretazione e valutazione, sicchè esse risultano inammissibili in base al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. ex aliis, Cass. ord. n. 10333/18).

Risultano inoltre questioni nuove, parimenti inammissibili, ancor prima che infondate, quelle inerenti la titolarità del contratto, i requisiti del contratto di arruolamento ed in particolare le disposizioni stabilite per la conclusione del contratto, per i controlli sanitari, la verifica del possesso dei titoli necessari all’imbarco (passaporto, visti, etc.), e lo stesso dicasi quanto alla dedotta assenza ab imis di un contratto di imbarco, mai concluso tra l’ A. e la CCL.

Venendo al merito si osserva che la tesi centrale sottoposta dal ricorrente a questa Corte è la validità dell’invito della CCL a riprendere servizio e le conseguenze del mancato ottemperamento da parte dell’ A..

Al riguardo, in disparte gli inscindibili risvolti fattuali già esaminati dalla sentenza impugnata, deve osservarsi che la Corte d’appello di Genova, con sentenza del 9.4.13, dichiarò illegittimo il licenziamento intimato dalla CCL all’ A., disponendo la sua reintegrazione nel posto di lavoro presso la CCL, accertando la persistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti.

Seguiva l’invito a riprendere servizio del 6.11.13 da parte di CCL.

Tale invito è evidentemente connesso (ex art. 18 Stat. Lav.) all’ordine di reintegra, come accertato dalla Corte di merito, e neppure contestato dall’ A..

Com’è noto l’ordine di reintegra presuppone l’accertamento della illegittimità del licenziamento e la persistenza del rapporto di lavoro illegittimamente interrotto dal datore di lavoro, e la sua ottemperanza all’ordine giudiziale implica il ripristino della originaria posizione di lavoro del dipendente, il cui reinserimento nell’attività lavorativa deve quindi avvenire nel luogo precedente e nelle mansioni originarie (giurisprudenza pacifica, cfr. da ultimo Cass. n. 23595/18).

Non può dunque discutersi circa la legittimità dell’invito a riprendere servizio ex art. 18 citato sotto il denunciato aspetto che trattavasi di un nuovo contratto di lavoro marittimo di cui avrebbe dovuto rispettare i requisiti, trattandosi della mera ottemperanza del datore di lavoro a riprendere il servizio a seguito di ordine giudiziale di reintegra (non di un nuovo contratto di lavoro), invito giudicato in fatto, e dunque con statuizione non censurabile in questa sede, corretto, essendo intervenuto circa un mese prima dell’imbarco, con indicazione di una nave specifica, della data e del luogo dell’imbarco.

Risultano ancora incensurabili accertamenti di fatto quelli compiuti dalla Corte di merito secondo cui l’ A. non rispose positivamente all’invito, in quanto la sua risposta del 30.11.13, pochi giorni prima dell’imbarco previsto (4.12.13), non poteva risultare utile allo scopo, essendo peraltro egli in quel momento in navigazione con altra Compagnia (MCS), rendendo così impossibile la ripresa del lavoro presso CCL, come da invito da questa formulato (mentre avrebbe potuto presentarsi, restando poi a carico del datore di lavoro l’eventuale adempimento delle varie dedotte condizioni per l’imbarco). A ciò aggiungasi che lo stesso A. deduce di aver (solo) chiesto, con telegramma del 30.11.13 (a ridosso del previsto imbarco), la indicazione dei titoli abitativi, dei livelli contrattuali, del grado matricolare nonchè delle autorizzazioni per potersi imbarcare, richiesta certamente non equiparabile all’accettazione dell’invito a riprendere servizio come da art. 18, con le conseguenze (risoluzione del rapporto) ivi previste.

3. Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2019

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