Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21385 del 15/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 15/09/2017, (ud. 16/06/2017, dep.15/09/2017),  n. 21385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11767-2016 proposto da:

L.G.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CARSO

57, presso lo studio dell’avvocato FABIO TOMASSINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO TOMASSINI giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

L.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIETRO DE

CRISTOFARO 40, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1827/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/06/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Letta la memoria depositata dalla controricorrente.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

L.G.L. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Tivoli la sorella L.S. al fine di procedere allo scioglimento della comunione ereditaria scaturente dalla successione della defunta madre O.V., con obbligo di rendiconto a carico della convenuta per il godimento esclusivo di uno dei beni caduti in successione (villa unifamiliare alla via (OMISSIS)) a far data dall’apertura della successione.

Il Tribunale con una prima sentenza non definitiva riteneva tardive le modificazioni delle domande effettuate dalle parti nelle memorie di cui all’art. 183 c.p.c., comma 5, dichiarando altresì le parti decadute dai mezzi istruttori, e con separata ordinanza disponeva per la prosecuzione del giudizio.

Con successiva sentenza non definitiva n. 1126/2011, il Tribunale approvava il progetto di divisione di cui all’ordinanza del 7/12/2010, disponendo la vendita di uno dei beni caduti in successione, riservava alla sentenza definitiva ed all’esito del sorteggio la liquidazione delle spese di lite.

Avverso entrambe le sentenze proponeva appello L.S. e la Corte d’Appello di Roma con la sentenza n. 1827 del 17 marzo 2016, nel rigettare il gravame proposto avverso la prima sentenza non definitiva, per quanto ancora rileva in questa sede, riteneva non condivisibile il progetto di divisione come approvato dal giudice di prime cure.

In particolare, a fronte della soluzione che prevedeva la formazione di due quote di valore pressochè equivalente, con la vendita all’incanto di uno dei beni comuni, al fine di provvedere al riparto del ricavato in pari misura tra i due condividenti, previo conguaglio della lieve differenza di valore in denaro tra le due quote in natura da assegnare, osservava la Corte distrettuale che la villa bifamiliare in comunione, sebbene originariamente fosse prevista la realizzazione di soli due appartamenti, aveva poi visto la costruzione anche di un terzo appartamento al livello della mansarda.

Tale unità immobiliare però era del tutto abusiva, sicchè, sebbene alla divisione ereditaria non si applichino le limitazioni previste per la commerciabilità dei beni abusivi con atti inter vivos, tale esenzione è destinata a venire meno, laddove, come nel caso in esame, la soluzione fatta propria dal Tribunale preveda la vendita a terzi dell’immobile realizzato in assenza dei prescritti requisiti di legge.

Per l’effetto predisponeva un nuovo progetto di divisione, con la formazione di due quote, non più da sorteggiare, ma da assegnare direttamente ai condividenti.

In tal modo, all’attore era attribuita la quota di maggior valore comprendente la villa bifamiliare (ricomprensiva anche del terzo appartamento) ed alla convenuta la villa unifamiliare, dalla medesima già abitata (elemento fattuale questo che induceva a propendere per l’attribuzione diretta di tale quota alla parte) oltre ad una cantina.

La differenza di valore tra le due quote in natura pari ad Euro 549.362,26 doveva poi essere versata integralmente dall’attore alla convenuta.

Quanto all’appello incidentale del L.G.L., concernente il rigetto della domanda di rendiconto, la Corte di merito reputava effettivamente dovuto un compenso all’attore in ragione del godimento esclusivo del bene da parte della sorella, compenso che determinava sulla base del valore locativo della villa unifamiliare goduto, provvedendo altresì al riconoscimento della rivalutazione e degli interessi legali, secondo i calcoli analiticamente sviluppati in sentenza.

L’importo attribuito a tale titolo, pari ad Euro 192.149,97, andava poi portato in compensazione con il debito da conguaglio, sicchè l’attore era tenuto a versare alla sorella la somma di Euro 357.212,29.

L.G.L. ha proposto ricorso avverso tale sentenza sulla base di quattro motivi.

L.S. ha resistito con controricorso.

Il primo motivo di ricorso è manifestamente fondato.

La sentenza gravata ha, infatti, ritenuto che il terzo appartamento realizzato nella villa originariamente progettata come bifamiliare, fosse da reputarsi abusivo sicchè, mentre ne era consentita in base alla disciplina urbanistica l’assegnazione ad uno dei condividenti nell’ambito della divisione ereditaria (per la quale non si applicano le limitazioni alla commerciabilità dei beni privi del provvedimento abilitativo della costruzione), viceversa non era possibile, come invece imposto dal progetto di divisione approvato dal Tribunale, disporne la vendita a terzi estranei, poichè in tal modo verrebbero aggirati i divieti di rilievo pubblicistico che limitano la circolazione di immobili abusivi.

In conseguenza di tale affermazione, ha quindi ritenuto necessario predisporre un nuovo progetto di divisione, nel quale una delle quote ricomprende anche l’immobile de quo, determinandosi in tal modo una significativa sperequazione di valore tra le due quote, che tuttavia ha ritenuto di poter compensare mediante il versamento del conguaglio ad opera dell’attore assegnatario della quota di maggior valore.

Ad avviso del Collegio deve ritenersi fondato il motivo in esame nella parte in cui denunzia l’omessa disamina di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi della novellata previsione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Ed, infatti, si segnala che la CTU alla quale la Corte ha ritenuto di rifarsi per la predisposizione del progetto di divisione, nonchè per l’accertamento della situazione urbanistica del bene, se ha segnalato l’effettiva esistenza di difformità urbanistiche, ha tuttavia individuato anche i costi necessari per assicurare la conformità del bene alla concessione in sanatoria (costi di importo assolutamente contenuto come da pagg. 4 e 5 della relazione a chiarimenti del CTU, così come riportata in ricorso) che denotano quindi l’esistenza di un provvedimento di sanatoria e la possibilità con interventi limitati di rendere il bene legittimo anche dal punto di vista urbanistico.

La praticabilità del recupero del bene al regime di libera commerciabilità, trova poi conferma anche nel fatto che, sempre da quanto si evince in ricorso, che richiama sul punto l’elaborato peritale d’ufficio, i costi da sostenere per l’adeguamento del bene inizialmente abusivo alle prescrizioni imposte dalla concessione in sanatoria, sono stati detratti dal valore di mercato dei beni collocati nella villa bifamiliare, in vista della formazione delle quote da attribuire ai condividenti. Trattasi quindi di circostanze che appaiono indubbiamente idonee ad incidere sulla valutazione di non alienabilità dei beni verso terzi, e che appaiono del tutto trascurate dalla valutazione del giudice di merito, legittimandosi pertanto l’accoglimento del motivo.

La sentenza deve pertanto essere cassata con rinvio per nuovo esame, anche delle circostanze in questione, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Roma.

L’accoglimento del primo motivo, con la necessità di dover valutare la fattibilità di un diverso progetto di divisione, non necessariamente corrispondente a quello approvato in primo grado, determina poi l’assorbimento degli altri motivi di ricorso, atteso che sarà compito del giudice di merito in sede di rinvio valutare se derogare o meno al criterio del sorteggio, laddove ravvisi la possibilità di addivenire ad una comoda divisione in natura (secondo motivo di ricorso), nonchè di stabilire se, in che misura ed a carico di quale dei condividenti debba essere posto un conguaglio (terzo motivo di ricorso, potendosi porre un problema di compensazione con il credito da rendiconto del godimento esclusivo di uno dei beni comuni, nel solo caso in cui il conguaglio sia posto a carico dell’odierno ricorrente), ed infine di verificare se la stima a suo tempo compiuta degli immobili comuni sia ancora attuale (quarto motivo).

A tal fine si rileva l’assoluta tardività ed inammissibilità della deduzioni difensive sviluppate dalla controricorrente solo con la memoria ex art. 378 c.p.c., trattandosi di sollecitazioni ad accertamenti di fatto, O che, se sussistenti, potranno eventualmente rilevare nel giudizio di rinvio.

Al giudice del rinvio competerà anche la liquidazione delle spese del presente grado.

PQM

 

Accoglie il primo motivo, ed assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Roma che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017

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