Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21385 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2020, (ud. 17/10/2019, dep. 06/10/2020), n.21385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO Donati Viscido di Nocera M.G. – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. DI NAPOLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14690/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

Veio s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dagli avv. Ciro Castaldo e Giuditta Merone,

domicilio eletto preso lo studio del primo, sito in Roma, Via Angelo

Emo, 106;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 6502/VI/15, depositata il 9 dicembre 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 ottobre

2019 dal Consigliere Paolo Catallozzi.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 9 dicembre 2015, che, in accoglimento dell’appello della Veio s.r.l., ha annullato l’avviso di accertamento con cui era stata rettificata la dichiarazione resa ai fini i.v.a. per l’anno 2006, recuperata l’imposta non versata e irrogata la relativa sanzione;

– dall’esame della sentenza impugnata si evince che con tale atto impositivo era stato disconosciuto il diritto della contribuente della detrazione dell’I.v.a. esercitato in relazione ad un acquisto immobiliare in quanto tale operazione si inseriva, secondo l’Ufficio, nell’ambito di un’attività fraudolenta posta in essere dalla cedente, consistente nell’omessa versamento di una parte cospicua dell’I.v.a. dovuta all’erario e riscossa in relazione a tale atto e nella successiva cessazione della propria attività, di cui la contribuente cessionaria era consapevole;

– il giudice di appello, dopo aver dato atto che la Commissione provinciale aveva respinto il ricorso originario, ha accolto il gravame della società, evidenziando, da un lato, che erroneamente il giudice di primo grado aveva interpretato l’atto impositivo nel senso che esso conteneva la contestazione dell’abuso del diritto, e, dall’altro, che le circostanze fattuali valorizzate nella decisione appellata quali elementi indiziari della consapevolezza del disegno fraudolento erano prive del carattere della precisione, risolvendosi in mere coincidenze;

– il ricorso è affidato a tre motivi;

– resiste con controricorso la Veio s.r.l..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso con cui la controricorrente evidenzia la carenza di interesse della ricorrente, in ragione del fatto che le censure da questa formulata interesserebbero solo una delle due rationes decidendi poste a fondamento della deci9pne della Commissione regionale;

– dall’esame di tale decisione può affermarsi che l’accoglimento dell’appello si è basato su un’unica argomentazione, consistente nel mancato assolvimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, dell’onere di dimostrare la consapevolezza della contribuente di partecipare ad un disegno fraudolento;

– infatti, nell’ambito di siffatta argomentazione, aggredita con i motivi di ricorso proposti, rientra anche la considerazione della inidoneità degli elementi indiziari offerti dall’Ufficio, valorizzata dalla controricorrente, in quanto espressiva dell’unica ragione giustificatrice della mancata prova del coinvolgimento consapevole nella frode fiscale;

– nel merito, con il primo motivo l’Agenzia denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione dell’art. 115 c.p.c. e D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, per aver la sentenza impugnata violato il principio di non contestazione in ordine al fatto che, all’epoca della conclusione dell’operazione in esame, il sig. M.S. fosse legale rappresentante sia della Grand Hotel Billia Holding, società controllante la Veio s.r.l., sia della Indale Investments, società controllante la Immobiliare Oliver s.r.l., a sua volta controllante la Cassia 26 s.a.s.;

– evidenzia, in proposito, che nel ricorso introduttivo la contribuente aveva riconosciuto che il sig. M. aveva rivestito tali cariche al momento della conclusione del contratto di compravendita, limitandosi a puntualizzare che la situazione di compresenza di cariche sociali era venuta meno anteriormente alla commissione della violazione tributaria ascritta alla cedente Cassia 26 s.a.s., per cui la contestazione della circostanza effettuata per la prima, volta con l’atto di appello costituiva eccezione nuova, in quanto tale inammissibile;

– il motivo è fondato;

– occorre rammentare che il principio di non contestazione originariamente desunto dall’onere del convenuto di prendere posizione nell’atto di costituzione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda imposto dall’art. 167 c.p.c., comma 1 e art. 416 c.p.c., e successivamente sancito espressamente dall’art. 115 c.p.c. – trova applicazione anche nel processo tributario (cfr. Cass., ord., 1 ottobre 2018, n. 23710);

– tale principio comporta, alla luce della formulazione del richiamato art. 115 c.p.c., l’effetto della relevatio ab onere probandi dei fatti allegati e non contestati, siano essi fatti primari (ovvero i fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio) ovvero fatti cosiddetti secondari (relativi a circostanze di rilievo istruttorio) (cfr. Cass., Sez. Un., 29 maggio 2014, n. 12065; più recentemente, Cass., ord., 7 febbraio 2019, n. 3680);

– conseguentemente, la contestazione dei fatti operata per la prima volta in appello è tardiva e, in quanto tale, inammissibile in virtù delle preclusioni di cui all’art. 345 c.p.c. e della sua potenziale idoneità ad allargare il thema decidendum (cfr. Cass. 1 dicembre 2010, n. 24381);

– orbene, la Commissione regionale, nel ritenere che non vi fosse prova del fatto che, al momento della stipulazione del contratto di compravendita, le società contraenti fossero rappresentate, seppur indirettamente, dal sig. M., non ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi, in quanto ha omesso di considerare che la relativa allegazione dell’Ufficio non necessitava di elementi probatori di riscontro in assenza di una specifica contestazione – non emergente nè dalla sentenza, nè dagli atti di parte – del contribuente;

– con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2697,2700 e 2712 c.c., e artt. 115 e 116 c.p.c., per aver il giudice di appello erroneamente ritenuto non dimostrata la sua allegazione in ordine alla rinuncia all’ipoteca legale effettuata dalla Cassia 26 s.a.s., benchè risultante dal contratto di compravendita relativo all’operazione in esame e non contestata;

– il motivo è fondato;

– il giudice di appello ha ritenuto che tale circostanza fattuale non sia assistita dalla relativa prova, evidenziando, altresì, che, quand’anche dimostrata, avrebbe costituito “un mero elemento di sospetto e non certamente un indizio”;

– orbene, si rileva che anche su tale punto la sentenza non ha fatto corretta applicazione del richiamato principio di non contestazione, in quanto ha onerato l’Ufficio di dimostrare il proprio assunto pur in assenza di una specifica contestazione da parte del contribuente, il quale si è limitato a censurare il valore probatorio di tale circostanza;

– con l’ultimo motivo di ricorso l’Agenzia si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, comma 1 e art. 54, comma 2, nonchè dei principi della giurisprudenza unionale, per aver la sentenza impugnata omesso di procedere ad una valutazione complessiva e unitaria degli elementi probatori;

– il motivo è fondato;

– è principio generale quello per cui i singoli non possono avvalersi, nel contesto di un’evasione o di un abuso, delle norme del diritto dell’Unione, ivi incluse quelle che riconoscono il diritto alla detrazione dell’IVA, rilevante nel caso in esame, e ciò sia quando un’evasione tributaria è commessa dallo stesso soggetto passivo, sia quando il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto, a monte o a valle, nell’ambito della catena di fornitura, non essendo invocabile, in senso contrario, il principio di neutralità fiscale (cfr., ex multis, Corte Giust., 18 maggio 2017, Litdana; Corte Giust., 6 dicembre 2012, Bonik; tra la giurisprudenza nazionale, cfr. Cass., Sez. Un., 12 settembre 2017, n. 21105);

– la Commissione regionale, pur riconoscendo che la cedente Cassia 26 s.a.s. non aveva provveduto al versamento integrale dell’I.v.a. di rivalsa riscossa dalla contribuente e, dunque, non negando l’esistenza di un’evasione dell’I.v.a., ha escluso la responsabilità di quest’ultima in ragione del fatto che l’Amministrazione finanziaria non aveva dimostrato l’inesistenza – oggettiva o soggettiva – dell’operazione (per la verità, neanche contestata dall’Ufficio) ovvero la connivenza tra le due società protagoniste dell’operazione medesima;

– così argomentando, non ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi in quanto ha omesso di verificare, in relazione alle circostanze di fatto dedotte dall’Ufficio, se la contribuente fosse o meno consapevole che il suo acquisto si iscriveva nel contesto di un’evasione dell’I.v.a. e, comunque, se la stessa avesse adottato tutte le misure ragionevolmente esigibili da parte di un operatore accorto al fine di assicurarsi che una tale evenienza dovesse escludersi, non essendo sufficiente il mero accertamento dell’inesistenza di una preordinazione dell’operazione alla frode fiscale o, comunque, un accordo tra le stesse in ordine alla evasione;

– la sentenza impugnata va, dunque, cassata, con riferimento ai motivi accolti e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

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