Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2138 del 31/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 2138 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 2470-2010 proposto da:
FENT MANFRED C.F. FNTMFR71A28F132F, domiciliato in
ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio
dell’avvocato FUSILLO ANTONIO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato WIELANDER INGO, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2013
contro

3514

I.N.P.S.

SOCIALE,

C.F.

ISTITUTO

NAZIONALE

80078750587,

in

DELLA
persona

PREVIDENZA
del

suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in

Data pubblicazione: 31/01/2014

proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F.
05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

delega in atti;
– con troricorrenti. –

avverso la sentenza n. 50/2009 della CORTE D’APPELLO
VSEZIONE DISTACCATA DI BOLZANO, depositata il
06/11/2009 r.g.n. 10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito l’Avvocato DE ROSE EMANUELE per delega SGROI
ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per
l’inammissibilità e in subordine rigetto.

MARITATO LELIO, SGROI ANTONINO, CALIULO LUIGI, giusta

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 6.11.2009, la Corte di Appello di Trento — Sezione distaccata di Bolzano
— in totale riforma della sentenza appellata, rigettava le domande proposte da Fent
Manfred intese ad ottenere l’annullamento della cartella esattoriale con cui erano pretesi
contributi afferenti la gestione commercianti per gli anni 1999 – 2005, a seguito di verbale
ispettivo del 27.12.2005 e successiva cancellazione del predetto dalla gestione coltivatori

prevalente attività di lavoro autonomo come socio e/o amministratore di alcune società di
persone. Rilevava la Corte del merito che dall’espletata istruttoria era emerso che il Fent
aveva percepito redditi da partecipazione a società di persone e che detti redditi fossero
stati prevalenti rispetto a quello prodotto nell’esercizio dell’attività di coltivatore diretto e
che tanto era sufficiente ad escludere il permanere dell’iscrizione nella gestione
previdenziale degli agricoltori perché il requisito reddituale lo impediva. Richiamava
giurisprudenza di legittimità per sostenere che correttamente l’istituto si era avvalso della
semplice comparazione tra i redditi dichiarati dal Fent come prodotti nelle due attività, al
fine di cancellare lo stesso dalle liste degli iscritti al fondo previdenziale dei coltivatori
diretti, e per sostenere che, al fine di evitare la duplicazione di rapporti assicurativi e di
risolvere la pluralità di attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione
obbligatoria, l’art. 29 I. 160/75, come sostituito dall’art. 1 comma 203 I. 662/96, aveva
previsto un unico rapporto assicurativo con riferimento alla attività alla quale il soggetto
dedicasse personalmente la sua opera professionale in misura prevalente. Evidenziava
come l’INPS avrebbe avuto in ogni caso ragione, quand’anche fossero risultati sussistenti i
presupposti per l’iscrizione nel fondo coltivatori diretti, per operare una comparazione di
“prevalenza” tra plurime attività produttive di reddito esercitate dal Fent e per assoggettare
comunque a contribuzione i redditi connessi a ciascuna di esse, indipendentemente dal
fondo a cui i contributi avrebbero dovuto afferire. Il coacervo delle attività esercitate dal
Fent nel settore del mercato immobiliare era stato, poi, esercitato con carattere di
“abitualità”, indipendentemente dalla riferibilità alla soggettività patrimoniale di
organizzazioni societarie diverse.

Per la cassazione della decisione ricorre il Fent, con unico motivo di impugnazione.
Resiste, con controricorso, l’Inps, anche quale mandatario della S.C.C.I. s.p.a.
MOTIVI DELLA DECISIONE

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diretti, quale coadiutore del padre, sul presupposto che il Fent avesse esercitato

Fent Manfred denuncia violazione e falsa applicazione della legge 8 agosto 1995 n. 335,
art. 2, comma 26, e della legge 662/96, art 1, commi 202, 203 e 208 e della I. 613/66,
oltre che degli art. 2 e 3 I. 9/63, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., nonché omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione, rilevando che sono iscrivibili alla gestione
commercianti solo coloro che partecipano al lavoro aziendale con abitualità e prevalenza,
restando esclusi i soci la cui prestazione non presenti questi caratteri. Osserva che il

regime fiscale vigente per gli agricoltori, che prescinde dalle entrate effettive e si orienta al
reddito fondiario dei fondi lavorati.
Il motivo è infondato. Non risulta essere stata contestata la circostanza che la Fent
lmmobilien non abbia mai avuto dipendenti nel periodo in contestazione (1999 — 2005) e
che, quindi, tutto il lavoro inerente la società era stato svolto dai due soci. D’altra parte, in
un precedente di questa Corte n. 845/2010, emesso all’esito di giudizio intercorso tra le
spesse parti, era stati ritenuto corretto l’accertamento compiuto nella sentenza impugnata
che aveva evidenziato come la società Fent Immobiliare avesse solo due soci, il
ricorrente, accomandatario, ed il fratello di costui (accomandante) e che non vi erano altri
dipendenti, che il ricorrente, unico socio accomandatario, in quanto amministratore e
legale rappresentante della società, necessariamente era tenuto a svolgere tutte le attività
che riguardavano la gestione sociale, onde doveva ritenersi che sussistessero i
presupposti richiesti dalla legge 23 dicembre 1996 n. 662, art. 1, comma 203, per
l’iscrizione obbligatoria del ricorrente nella gestione degli esercenti attività commerciali,
“poiché il socio accomandatario di una società in accomandita semplice di intermediazione
immobiliare, in quanto unico soggetto abilitato a compiere atti in nome della società, deve
ritenersi esercitare attività commerciale in modo abituale e prevalente” (cfr. Cass.
19.1.2010 n. 845 cit.).
Deve, pertanto, ritenersi inconferente il motivo articolato, dal momento che lo stesso si
limita a porre degli interrogativi sulla correttezza nel caso di specie della iscrizione così
come giustificata dalla sentenza impugnata, che ha ritenuto la stessa doverosa per essere
abituale l’esercizio di un’attività produttrice di reddito. A fronte di tale assunto, il ricorrente,
in dispregio del principi della autosufficienza del ricorso per cassazione (v., da ultimo,
Cass. 9 aprile 2013 n. 8569, Cass. 16 marzo 2012 n. 4220, Cass. 23 marzo 2010 n. 6937)
fa riferimento ad un complesso di documenti ed allega circostanze fattuali che non prova
essere stati rispettivamente acquisiti ritualmente e dedotte tempestivamente nei giudizi di
2

criterio reddituale deve essere preso in considerazione tenendo conto del particolare

merito e tendenti tutti ad una rivisitazione globale delle acquisizioni processuali, non
consentita in questa sede.
Al riguardo deve essere richiamato il principio reiteratamente espresso da questa Corte in
forza del quale il motivo di ricorso per cassazione, con il quale la sentenza impugnata
venga censurata per vizio della motivazione, non può essere inteso a far valere la
rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso

preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali
aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di
prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai
possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della
disposizione di cui all’ad. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ.; risolvendosi, in caso
contrario, questo motivo di ricorso, in una inammissibile istanza di revisione delle
valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e, perciò, in una richiesta diretta
all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle
finalità del giudizio di cassazione (cfr. Cass. 20 aprile 2006 n. 9233, Cass. 2 febbraio 2007
n. 2272, Cass. 6 luglio 2007 n. 15264).
Peraltro, deve rilevarsi che la sentenza impugnata, per essere motivata congruamente,
priva di salti logici e per essere rispettosa dei principi enunciati da Cass., sez. un., 8
agosto 2011 n. 17076, Cass.9803/2012 e Cass. 9153/2012, si sottrae a tutte le censure
che contro di essa sono state mosse. In particolare, a specificazione di quanto osservato,
deve rilevarsi che è stato correttamente applicato dal giudice del gravame il principio
operante in materia, dell’attività prevalente, nella specie commerciale, rispetto a quella
riconducibile all’attività di coltivatore diretto, i cui redditi erano stati, in base ad un
accertamento di merito, incensurabile in questa sede, ritenuti inidonei al permanere
dell’iscrizione nella gestione previdenziale degli agricoltori.
Non opera, invero, nella specie il principio sancito dalla norma interpretativa di cui all’art.
12 comma 11 d .1. 78/2010, convertito in legge 122/2010, riferito alla duplicità di iscrizione,
non vedendosi in fattispecie riferita a rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente
prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale separata di cui all’ad. 2 comma 26 della
legge 335 del 1995 e discutendosi soltanto del regime previdenziale da individuare sulla
base del criterio della prevalenza in rapporto ad attività esercitate in forma d’impresa da
commercianti, artigiani e coltivatori diretti.
3

convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre con esso un

Alla stregua delle esposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto e le spese del
presente giudizio, liquidate in dispositivo, vanno poste a carico del ricorrente, per il
principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in ROMA, il 4.12.2013

giudizio, liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro 2500,00 per compensi

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