Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2138 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. I, 30/01/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 30/01/2020), n.2138

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34218/2018 proposto da:

B.B., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Massimo Ferrante giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CATANIA depositato il 24/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/12/2019 dal cons. Alberto Pazzi.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con decreto in data 24 ottobre 2018 il Tribunale di Catania respingeva il ricorso proposto dal cittadino nigeriano B.B. avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento del diritto allo status di rifugiato, alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 14 e ss. o alla protezione umanitaria previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; in particolare il Tribunale rilevava che la stessa prospettazione del richiedente asilo non faceva riferimento ad atti di persecuzione personale e diretta idonei a consentire il riconoscimento dello status di rifugiato;

i giudici di merito rigettavano poi la domanda di protezione sussidiaria, tenuto conto da un lato che il migrante aveva raccontato di essere fuggito per motivi economici, dall’altro che nella regione di provenienza (Edo State) non si erano verificati attacchi terroristici;

il Tribunale, rilevata la scarsa credibilità del racconto offerto, constatava altresì che il ricorrente, se rimpatriato, non avrebbe corso alcun pericolo di vita in ragione della fede professata;

2. per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso B.B. prospettando un unico, complesso, motivo di doglianza; l’amministrazione intimata non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. il ricorso è stato presentato in virtù di una procura speciale, rilasciata su foglio separato e materialmente congiunta all’atto, che, pur riportando la generica dicitura “il mandato viene espressamente sottoscritto in data successiva alla notifica del provvedimento di rigetto e viene conferito con il più ampio mandato difensivo, compresa la facoltà di ricorrere per Cassazione e avanzare istanza di sospensione del provvedimento impugnato, sempre ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis”, è priva dell’indicazione della specifica data in cui è stata conferita;

il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, introdotto dal D.L. n. 13 del 2017 ed applicabile al caso di specie, prevede tuttavia che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”;

l’assenza sia dell’indicazione della data di rilascio della procura speciale, sia della correlata certificazione impedisce di verificare l’avvenuto conferimento della stessa in epoca successiva alla comunicazione del decreto impugnato, non essendo a ciò sufficiente la generica attestazione di conferimento in epoca successiva alla notifica del provvedimento di rigetto ove una simile dichiarazione non sia accompagnata da alcuna puntuale indicazione della data di attribuzione del mandato difensivo;

l’omessa indicazione degli estremi del provvedimento impugnato, piuttosto che del mero numero di ruolo del procedimento, impedisce inoltre di ritenere dimostrato in via indiretta il conferimento della procura alle liti in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato;

ne consegue l’inammissibilità del ricorso presentato in virtù di una simile procura;

4. per di più il ricorso lamenta “la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, L. 4 agosto 1955, n. 848 e art. 3 CEDU”: “il decreto impugnato” meriterebbe – in tesi di parte ricorrente – “una severa censura per erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze del procedimento amministrativo”; in particolare il Tribunale avrebbe ravvisato la non credibilità del migrante senza effettuare l’analisi prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, avrebbe omesso di svolgere il proprio dovere officioso di acquisire informazioni sul contesto socio-politico-ambientale del paese di origine, avrebbe erroneamente interpretato i limiti di legge per la concessione della protezione sussidiaria e avrebbe violato il principio del non refoulment, non potendosi respingere alcuna persona in uno Stato in cui la sua vita sarebbe in serio pericolo;

una simile censura è inammissibile;

l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, nel senso espressamente prospettato dal ricorrente, è infatti estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 24155/2017) se non sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 22707/2017, Cass. 195/2016), che il ricorrente non ha però addotto;

la doglianza si riduce quindi a un’apparente deduzione di una violazione di norme di legge che mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 8758/2017);

5. in forza degli argomenti sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

la mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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