Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21379 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 06/10/2020), n.21379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. DI NAPOLI Marco – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27377-2012 proposto da:

ROMANA CONFEZIONAMENTI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA V.LE BRUNO BUOZZI 49,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO RICCIONI, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIANFRANCESCO VECCHIO, giusta procura a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

EQUITALIA GERIT SPA, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA GIOACCHINO ROSSINI 18, presso

lo studio dell’avvocato GIOIA VACCARI, che la rappresenta e difende,

giusta procura in calce;

– controricorrenti –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE II DI ROMA UFFICIO

CONTROLLI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 635/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 12/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/11/2019 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato VECCHIO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato VALENZANO che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito per Equitalia Gerit Spa l’Avvocato COLITTI per delega scritta

dell’Avvocato VACCARI che ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La C.T.P. di Roma, con sentenza n. 502/53/2009, respinse il ricorso proposto da Romana Confezionamento s.r.l. avverso la cartella di pagamento notificatale il 5.12.2005 per il recupero di Euro 245.241,86, concernenti la seconda e terza rata del condono previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 15 cui essa aveva aderito. Proposto appello dalla società, la C.T.R. del Lazio, con sentenza del 12.10.2011, lo rigettò, confermando la prima decisione. Osservò il giudice d’appello – per quanto ancora qui interessa – che trattandosi di tributi definitivi, occorreva soltanto far riferimento alla prescrizione decennale, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 78 e del più generale disposto dell’art. 2946 c.c., e non già alla decadenza D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 25 invece eccepita dalla società. Romana Confezionamento s.r.l. ricorre ora per cassazione, sulla base di due motivi, cui resistono con autonomi controricorsi l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Gerit s.p.a.. All’esito dell’adunanza camerale del 27.11.2018, la causa è stata rimessa alla pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, si deduce violazione ed erronea applicazione dell’art. 2946 c.c., D.P.R. n. 131 del 1986, art. 78 nonchè D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 17 e 25 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente osserva che, con l’appello, aveva censurato il riferimento operato dalla C.T.P. al termine di prescrizione ordinario decennale, giacchè era da ritenersi applicabile la decadenza, occorrendo che la cartella venisse notificata entro il quarto mese dalla consegna del ruolo, secondo quanto disposto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 all’epoca vigente. Pertanto, poichè detta consegna era avvenuta il 10.7.2005, la notifica avrebbe dovuto compiersi entro il 30.11.2005, mentre era in realtà avvenuta solo il 5.12.2005. La ricorrente censura dunque la decisione d’appello, nella parte in cui ha ritenuto applicabile la sola prescrizione decennale, in quanto ciò vale soltanto per i crediti erariali dovuti in forza di sentenza passata in giudicato, non anche per le somme derivanti dall’adesione al condono; inoltre, incongruo è da ritenere il riferimento al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 78 concernente la sola imposta di registro.

1.2 – Con il secondo motivo, si deduce violazione ed erronea applicazione dell’art. 2946 c.c., D.P.R. n. 131 del 1986, art. 78 nonchè D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 17 e 25 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente osserva che, con l’appello, essa aveva perorato l’ulteriore richiesta, avanzata in subordine, di annullamento della sola seconda rata del condono, scadente il 30.11.2003. Il che avrebbe comportato – applicando analogicamente il disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, previgente art. 17, comma 1, lett. c) – che l’Ufficio avrebbe dovuto iscrivere a ruolo la relativa somma entro il 31.12.2004, mentre il ruolo era stato reso esecutivo soltanto il 15.6.2005. La ricorrente, pertanto, censura la decisione d’appello, nella parte in cui ha ritenuto non sussista alcuna previsione normativa che tanto prevedesse, dovendo invece farsi applicazione del citato art. 17, vigente al momento in cui l’invocata attività avrebbe dovuto compiersi e prima della stessa sua modifica, disposta dal D.L. n. 106 del 2005, conv. in L. n. 156 del 2005.

2.1 – I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto involgenti le medesime questioni, pur con diversa ampiezza. Essi sono nel complesso infondati, sebbene la motivazione della sentenza impugnata meriti di essere corretta, ex art. 384 c.p.c., u.c..

In proposito, va anzitutto evidenziato che le somme oggetto della cartella di pagamento per cui è processo rivengono dal mancato pagamento della seconda e terza rata del condono L. n. 289 del 2002, ex art. 15 cui la società aveva aderito, con rispettiva scadenza al 30.11.2003 e al 20.6.2004.

Al riguardo, lo stesso art. 15, comma 5, cit., stabilisce che “(…) per il recupero delle somme non corrisposte a tali scadenze si applicano le disposizioni del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, art. 14 e sono altresì dovuti una sanzione amministrativa pari al 30 per cento delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di versamento eseguito entro i trenta giorni successivi alla scadenza medesima, e gli interessi legali”.

Chiarito, dunque, che per il recupero coattivo delle somme dovute per il condono occorre procedere mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo, va evidenziato che il D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 44, conv. in L. n. 248 del 2006 (“norma di carattere generale, applicabile a tutti i rapporti pendenti”, secondo Cass. n. 3342/2017), ha disposto tra l’altro che le cartelle di pagamento concernenti il recupero di somme iscritte a ruolo ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 15 devono essere notificate, a pena di decadenza, entro il 31.12.2008. Senonchè, l’art. 37, comma 44, cit., è entrato in vigore in data 4.7.2006, e quindi ben dopo la notifica della cartella impugnata (5.12.2005) e la stessa introduzione del presente giudizio (3.2.2006).

Ciò posto, quanto precede consente di poter sin d’ora escludere – contrariamente a quanto opinato dal giudice del merito – che nella specie possa venire in rilievo l’istituto della prescrizione, quale che ne sia la fonte normativa (nè il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 78 certamente non applicabile ratione materiae, nè la norma generale di cui all’art. 2946 c.c.) e la durata: si tratta, infatti, di decadenza in senso proprio, almeno a far data dal 4.7.2006 (il lasso di tempo corrente tra l’inadempimento delle rate del condono in parola e la notifica della cartella – circa due anni, nel complesso – elide, di per sè, ogni possibile discorso sulla maturazione di qualsivoglia termine prescrizionale astrattamente ipotizzabile).

2.2 – Per quanto invece concerne il periodo precedente – epoca in cui sono intervenute la dichiarazione di esecutività del ruolo (15.6.2005), la sua consegna al concessionario (10.7.2005) e la notifica della cartella di pagamento (5.12.2005) – si tratta di comprendere se una norma prescrittiva della decadenza, in subiecta materia, esistesse: in caso contrario, infatti, dovrebbe ritenersi che l’art. 37, comma 44, cit., ha introdotto una disciplina innovativa, con cui è stato introdotto un nuovo termine di decadenza dapprima non previsto.

2.3 – Ora, va evidenziato che l’istituto della decadenza nell’esecuzione esattoriale è stato oggetto di intense vicende, soprattutto sul finire del secolo scorso e all’inizio del corrente: infatti, nell’impianto originario del D.P.R. n. 602 del 1973 (seppur con prescrizioni via via più ampie e articolate nel tempo, specie a seguito del riordino del sistema di riscossione mediante ruolo di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999), l’art. 17 disciplinava la decadenza da tardiva iscrizione a ruolo dell’imposta, mentre l’art. 25 regolava i termini entro cui dapprima l’esattore, e poi il concessionario per la riscossione, avrebbe(ro) dovuto procedere alla notifica della cartella di pagamento (termini anch’essi ritenuti perentori dalla giurisprudenza di questa Corte – v. Cass. n. 10/2004, Cass. n. 5097/2005 e Cass. n. 16435/2009; peraltro, il termine in discorso venne espressamente qualificato come posto a pena di decadenza a seguito della riformulazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 1, operata dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 417).

Senonchè, la soppressione dei termini di notifica della cartella di pagamento di cui all’art. 25 cit. – disposta dal D.Lgs. n. 193 del 2001 nell’ambito del “correttivo” al riordino della riscossione – aveva posto il contribuente sostanzialmente in balia del Fisco, il che non risultava escluso neanche dalla cennata riformulazione dello stesso art. 25 operata dalla L. n. 311 del 2004, che invece aveva reintrodotto un termine per la notifica della cartella, a pena di decadenza, senza però individuare compiutamente il dies a quo. Intervenne così la Corte costituzionale, che con la nota sentenza 15.7.2005, n. 280, dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 25 cit., per contrasto con l’art. 24 Cost..

Conseguentemente, in ossequio alla sollecitazione della Consulta, il vuoto normativo venne colmato con il D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5-bis, conv. in L. n. 156 del 2005, a mente del quale “Al fine di garantire l’interesse del contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni e di assicurare l’interesse pubblico alla riscossione dei crediti tributari, la notifica delle relative cartelle di pagamento è effettuata, a pena di decadenza:…”, entro termini variamente stabiliti, a seconda dell’epoca di presentazione della dichiarazione; nonchè con l’art. 1, comma 5-ter, che “In conseguenza di quanto previsto dal comma 5-bis e al fine di conseguire, altresì, la necessaria uniformità del sistema di riscossione mediante ruolo delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto”, ha soppresso il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17 (con eliminazione, dunque, della decadenza da tardiva iscrizione a ruolo), riscrivendo ex novo il successivo art. 25, in relazione alle fattispecie maturate dopo l’entrata in vigore della detta modifica (10.8.2005).

Nella sostanza, l’art. 1, comma 5-bis, cit., ha dettato la disciplina transitoria, per far fronte alle incertezze derivanti dal vuoto normativo, mentre il comma 5-ter ha fissato “a regime” la nuova disciplina della decadenza, stabilmente (ed unicamente) collegata al mancato rispetto dei termini di notifica della cartella di pagamento (v. amplius, Cass. n. 10875/2019). Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 è stato poi oggetto di ulteriori modifiche normative – che qui non interessano direttamente – ad opera del D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 40, conv. in L. n. 248 del 2006, nonchè del D.Lgs. n. 159 del 2015, art. 4.

Questo, dunque, il quadro normativo all’atto dell’entrata in scena del D.L. n. 223 del 2006, già citato art. 37, comma 44, conv. in L. n. 248 del 2006, che espressamente commina la decadenza in relazione al recupero coattivo di quanto dovuto per il condono.

2.4 – Nella giurisprudenza di questa Corte, la questione della decadenza in fattispecie di recupero coattivo di somme da condono registra due posizioni contrapposte.

Da un lato, Cass. n. 9772/2009 afferma (richiamando, al riguardo, il precedente di Cass. n. 15162/2006) che “In tema di condono fiscale, e con riferimento alla definizione agevolata prevista dal D.L. 10 luglio 1982, n. 429, artt. 31 e 32 nel caso in cui il contribuente non abbia provveduto al versamento delle somme dovute in conseguenza della dichiarazione integrativa, non può trovare applicazione, ai fini dell’iscrizione a ruolo, il termine di decadenza previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, comma 3, presupponendo tale disposizione una dichiarazione del contribuente o un accertamento d’ufficio, e non una liquidazione di somme dovute in conseguenza della definizione agevolata del rapporto tributario; nè detto articolo è suscettibile di interpretazione estensiva, per la sostanziale diversità dei rispettivi presupposti ed in considerazione del carattere eccezionale delle norme di stretta interpretazione che fissano i termini di decadenza” (nello stesso senso, si veda anche Cass. n. 13684/2005).

Un più consistente orientamento opina, al contrario, per l’applicabilità della disciplina decadenziale anche nella materia che occupa. Così, secondo Cass. n. 27085/2006, “In tema di condono fiscale, e con riguardo alle somme dovute in base alla dichiarazione integrativa per l’IVA presentata ai sensi della L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 49 in caso di omesso versamento l’amministrazione finanziaria provvede al recupero, a seguito della modifica del sistema di riscossione coattiva introdotto con il D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, secondo le modalità e nei termini previsti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17 ancorchè tale procedura in origine non fosse normativamente prevista per le imposte indirette e per l’IVA in particolare. Pertanto, senza che possa distinguersi tra le ordinarie dichiarazioni di imposta e quelle integrative effettuate in sede di condono – atteso che ogni peculiarità delle rispettive discipline viene meno nella fase della riscossione a mezzo ruolo, che è il sistema unitario di recupero di ogni tipo di tributo ed entrata dello Stato (D.P.R. n. 43 del 1988, art. 63 e ss.) -, l’iscrizione a ruolo va effettuata, come nelle ipotesi di cd. controllo formale di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis (dove la liquidazione semplicemente si sovrappone alla dichiarazione, mancando una pretesa ulteriore rispetto al dichiarato), entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, e la notificazione della cartella deve comunque avvenire entro il giorno 5 del mese successivo a quello in cui il ruolo è consegnato al concessionario (D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 24 e 25), termine da considerarsi perentorio per non lasciare il contribuente esposto indefinitamente all’azione del fisco (cfr. Corte Cost., ord. n. 107 del 2003 e sent. n. 280 del 2005), essendo perciò evidente che la norma della L. n. 413 del 1991, art. 51, comma 8, va interpretata in senso coerente con la disposizione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 che regola la notifica della cartella di pagamento” (conformi, Cass. n. 5957/2007, Cass. n. 7487/2009 e Cass. n. 3424/2010). Ciò in quanto (così la citata Cass. n. 27085/2006, in motivazione) “Il principio di certezza nell’adempimento degli obblighi tributari impone… l’individuazione di un termine per rendere edotto il contribuente di quando e quanto andrà a pagare in via di riscossione coattiva ancorchè per somme da lui stesso determinate e non versate, l’esecutività del ruolo e la sua trasmissione al concessionario qualificandosi come atti amministrativi di organizzazione meramente interna privi di valenza giuridica nei rapporti tra il medesimo contribuente ed il fisco”.

Più di recente, poi, la già citata Cass. n. 3342/2017 non soltanto ha ritenuto assoggettabili a decadenza D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 25 le azioni di recupero coattivo delle somme dovute ai sensi del condono ex lege n. 289 del 2002, ma ha pure esplicitamente attribuito alla disposizione di cui al D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 44, conv. in L. n. 248 del 2006, la natura di proroga del termine di decadenza stesso, in quanto – come già evidenziato supra (par. 2.1) – “norma di carattere generale, applicabile a tutti i rapporti pendenti”.

2.5 – Ritiene la Corte di dover dare continuità – sulla questione generale – a tale secondo orientamento, perchè più convincente. Infatti (anche alla luce della giurisprudenza costituzionale sul punto: si vedano, oltre la già citata sentenza n. 280/2005, le ordd. n. 107/2003 e n. 352/2004), non può che ribadirsi come non possa ritenersi conforme a Costituzione un sistema di riscossione coattiva potenzialmente in grado di assoggettare il contribuente alla pretesa fiscale per un tempo indeterminato, “e comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione, certamente eccessivo e irragionevole” (così la più volte citata Corte Cost. n. 280/2005). Pertanto, è da ritenere che la decadenza – con i suoi propri effetti ad un tempo acceleratori dell’attività pubblica di “partecipazione” (ossia, della ostensione della volontà del Fisco di agire coattivamente), nonchè sanzionatori e comminativi della perdita definitiva della potestà impositiva in relazione a quel determinato rapporto, in caso di mancanza o intempestività di detta attività – sia consustanziale alla riscossione mediante iscrizione a ruolo, il che è assolutamente avvalorato (per quel che qui interessa) dalla testuale previsione della L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 5, che dispone appunto doversi procedere, ai fini del recupero coattivo delle somme dovute per le rate successive alla prima, mediante iscrizione a ruolo “definitiva” ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 14.

Pertanto, non è revocabile in dubbio che anche la riscossione delle somme dovute da Romana Confezionamento s.r.l., resasi inadempiente in relazione alla seconda e terza rata del condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 15 fosse soggetta a decadenza D.P.R. n. 602 del 1973, ex artt. 17 e/o 25.

2.6 – Si pone, a questo punto, il problema di individuare la specifica ipotesi decadenziale applicabile alla fattispecie, in relazione ai motivi di censura avanzati dalla ricorrente, non prima di evidenziare che il D.L. n. 223 del 2006, già citato art. 37, comma 44, conv. in L. n. 248 del 2006, può assumere un ruolo nella vicenda che occupa solo se, alla data del 4.7.2006 (epoca della sua entrata in vigore), la decadenza non si fosse ancora verificata: la norma, infatti, non può che operare per il futuro e, benchè di portata generale e applicabile a tutti i rapporti pendenti (v. Cass. n. 3342/2017), non può certo sanare una decadenza dal potere impositivo già perfezionatasi, senza al contempo suscitare dubbi di illegittimità costituzionale.

Ora, la soluzione del problema sopra esposto passa a) sia per la ricognizione del dato normativo vigente ratione temporis, b) sia per la sussunzione della vicenda nella pertinente previsione di legge, c) sia infine per l’individuazione del dies a quo, ai fini della verifica della tempestività dell’azione pubblica come concretamente snodatasi.

2.7.1 – Il testo del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17 vigente al tempo della data di scadenza sia della seconda, che della terza rata (rispettivamente, 30.11.2003 e 20.6.2004), così recitava: “Le somme dovute dai contribuenti sono iscritte in ruoli resi esecutivi a pena di decadenza: a) entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis; b) entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-ter; c) entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio”.

Analogamente, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 così all’epoca disponeva: “1. Il concessionario notifica la cartella di pagamento, al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede. 2. La cartella di pagamento, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze, contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. 2-bis. La cartella di pagamento contiene anche l’indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo.

3. Ai fini della scadenza del termine di pagamento il sabato è considerato giorno festivo”.

2.7.2 – Ora, procedendo in ordine logico e avviando la disamina dall’art. 17, occorre anzitutto individuare quale – tra le ipotesi normativamente previste – sia concretamente applicabile alla fattispecie.

Sul punto, la già citata Cass. n. 3342/2017 ha ritenuto – in fattispecie riconducibile al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9-bis – doversi far riferimento all’art. 17, lett. a), cit., affermando maturarsi la decadenza entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione integrativa di condono.

A ben vedere, tuttavia, tale procedimento sussuntivo non è replicabile nel caso che occupa. Infatti, giova anzitutto premettere che il condono L. n. 289 del 2002, ex art. 15 – che invece viene qui in rilievo – attiene alla definizione degli accertamenti, degli atti di contestazione, degli avvisi di irrogazione delle sanzioni, degli inviti al contraddittorio e dei processi verbali di constatazione, già notificati al contribuente, e non divenuti definitivi al tempo dell’entrata in vigore della legge; si tratta quindi della definizione di “liti potenziali” (le liti pendenti essendo oggetto del successivo art. 16). La natura “premiale” del condono in discorso è quindi comunemente riconosciuta dalla giurisprudenza (v. Cass. n. 10650/2013, che vi accomuna le ipotesi di cui alla L. n. 289 del 2002, artt. 7,8,9 e 16), giacchè la fattispecie si perfeziona con il versamento della prima rata, e prescinde dall’integrale pagamento del dovuto, tanto che l’omesso versamento della seconda e terza rata entro le date prescritte (30.11.2003 e 20.6.2004) non determina l’inefficacia della definizione, come espressamente previsto dalla L. n. 289 del 2002, stesso art. 15, comma 5.

Ai fini dell’adesione al condono in discorso, dunque, il contribuente non presenta alcuna dichiarazione, ma procede direttamente al versamento del dovuto (prima rata o intera somma, nei casi minori), avuto riguardo ad una determinata percentuale delle maggiori imposte, ritenute o contributi (provvisoriamente) accertati con gli atti a lui già notificati, a seconda delle varie ipotesi contemplate dalla norma. Egli ha poi l’onere, entro dieci giorni dal versamento dell’intero importo o di quello della prima rata, di far pervenire all’Ufficio la quietanza dell’avvenuto pagamento, unitamente ad un prospetto esplicativo delle modalità di calcolo seguite (ciò all’evidente fine di consentire all’Ufficio la verifica della correttezza dei dati utilizzati dal contribuente, tenuto conto di quanto emergente dagli atti impositivi già a lui notificati, non perfezionandosi il condono in caso di inesattezza, come previsto dall’art. 15, comma 6).

Nella sostanza, trattandosi di condono “premiale”, si riconosce “al contribuente il diritto potestativo di chiedere che il suo rapporto giuridico tributario sia sottoposto ad un accertamento straordinario, da effettuarsi cioè secondo regole diverse da quelle ordinarie” (così, Cass. n. 18353/2007, in motivazione). Nello specifico, tale straordinario procedimento, in caso di inadempimento, si chiude con la previsione dello stesso art. 15, comma 5, che – ai fini del recupero coattivo delle somme non versate – stabilisce che debba procedersi ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 14 ossia mediante iscrizione a ruolo “definitiva”: ciò si spiega, all’evidenza, perchè l’an e il quantum debeatur in linea capitale – proprio per effetto di tale speciale modalità di accertamento – sono oramai incontestabili (almeno, avuto riguardo a fatti estintivi/impeditivi coevi o preesistenti), alla stessa stregua di un accertamento notificato e non impugnato. Non è affatto casuale, del resto, che il rinvio all’art. 14 cit. venga operato, dalla L. n. 289 del 2002, in tutte le ipotesi di c.d. condono “premiale”, analoga disposizione essendo rinvenibile solo nel corpo degli artt. 7, 8, 9 e 16 della legge stessa, e non anche nelle altre ipotesi di condono da essa regolate (comunemente definite come condono “clemenziale”).

Ritiene dunque la Corte che, con specifico riferimento al recupero coattivo di somme non versate ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 15 fosse onere dell’ente impositore procedere alla relativa iscrizione a ruolo reso esecutivo, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, lett. a), all’epoca vigente.

Sul punto, si ritornerà tra breve (par. 2.7.3), ma va sin d’ora evidenziato che nella specie, per quanto emerge dagli atti regolamentari, la data di esecutività dell’iscrizione a ruolo va individuata nel 15.6.2005, mentre il successivo 10.7.2005 il ruolo stesso è stato consegnato al concessionario.

Quanto alla diversa questione della decadenza per tardiva notifica della cartella di pagamento, la società ricorrente ha sin dal ricorso introduttivo invocato una formulazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 certamente non applicabile alla fattispecie, avendo essa fatto riferimento alla disposizione per cui “Il concessionario notifica la cartella di pagamento, entro l’ultimo giorno del quarto mese successivo a quello di consegna del ruolo” (v. ricorso, p. 3), introdotta dal D.Lgs. n. 46 del 1999, ma modificata – come s’è visto (par. 2.3) – dal D.Lgs. n. 193 del 2001, proprio con l’eliminazione di qualsiasi termine, e finalmente, dal D.L. n. 106 del 2005, art. 1-ter conv. in L. n. 156 del 2005.

E’ quindi evidente che, ai fini che interessano, occorrendo far riferimento alla formulazione dell’art. 25 cit. vigente all’epoca del presupposto dell’iscrizione a ruolo delle somme dovute (e quindi, ut supra, alla data della definitività dell’accertamento “straordinario”, individuabile nel trentesimo giorno successivo al 20.6.2004 – ma su ciò v. par. seguente), la fattispecie rientra in pieno nell’egida della norma dichiarata costituzionalmente illegittima dalla più volte citata Corte Cost. n. 280/2005, riportata nel par. 2.7.1). Tuttavia, la questione che occupa non può essere risolta alla luce delle disposizioni successivamente introdotte dal D.L. n. 106 del 2005, artt. 1-bis e 1-ter conv. in L. n. 156 del 2005: non dalla prima, perchè essa disciplina il regime transitorio, ma avuto riguardo alle sole fattispecie collegate alle dichiarazioni fiscali presentate dal contribuente (s’è già detto che, nella specie, viene in rilievo l’accertamento, e non la dichiarazione); ma neanche dalla seconda, perchè, trattandosi di disciplina “a regime”, essa non può che concernere le fattispecie impositive maturate dopo la sua entrata in vigore, avvenuta come detto il 4.7.2006 (v. la già citata Cass. n. 10875/2019).

In definitiva, sovviene nella specie proprio il disposto del D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 44, conv. in L. n. 248 del 2006, che appunto stabilisce che “La notifica delle cartelle di pagamento conseguenti alle iscrizioni a ruolo previste dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, artt. 7, 8, 9, 14, 15 e 16 è eseguita, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre 2008”. Si tratta di norma che a ben vedere, in parte qua, più che disporre una vera e propria “proroga” del termine di decadenza, mira a risolvere e disciplinare sul piano generale quelle situazioni legate al condono ex lege n. 289/2002 – come quella per cui è causa – non sussumibili nell’ambito della disciplina transitoria dettata dal D.L. n. 106 del 2005, art. 1-bis conv. in L. n. 156 del 2005, in relazione ai rapporti pendenti, per effetto della più volte citata Corte Cost. n. 280/2005.

Da quanto precede, deriva quindi che nessuna decadenza per tardiva notificazione della cartella di pagamento, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 25 può dirsi maturata nella specie, perchè la cartella stessa è stata notificata, in ogni caso, il 5.12.2005, e dunque entro il termine di legge, donde l’infondatezza della principale censura della società ricorrente.

2.7.3 – Non resta che procedere alla individuazione del dies a quo (v. par. 2.6), che per quanto appena detto non può che concernere la sola ipotesi della decadenza D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 17, lett. c). Si tratta, dunque, di stabilire se l’Amministrazione, nel dichiarare esecutivo – in data 15.6.2005 – il ruolo definitivo concernente le somme non pagate dalla società per la seconda e la terza rata, vi abbia provveduto entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, e quindi tempestivamente, ovvero se ciò abbia fatto solo in parte (ossia, soltanto per la terza rata), come pure sostenuto, in subordine, dalla stessa ricorrente. Questa, nella sostanza, muove dalla considerazione che ogni rata inadempiuta debba essere considerata a sè stante ai fini che qui interessano, sicchè il relativo mancato adempimento, alla rispettiva scadenza, determina la definitività dell’accertamento; ne deriva, in tesi, che la decadenza in discorso sarebbe maturata almeno per la seconda rata, scadente il 30.11.2003, per essere divenuto definitivo l’accertamento in tale ultima data, con l’ulteriore conseguenza che il relativo ruolo avrebbe dovuto dichiararsi esecutivo entro il 31.12.2004, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 17, lett. c), all’epoca vigente.

L’assunto è infondato. La tesi della ricorrente, infatti, muove dalla considerazione parcellizzata di un credito fiscale che, nella sostanza, è unico, ed è rateizzato ex lege esclusivamente nell’interesse del contribuente.

Tuttavia, il mancato pagamento della seconda rata del condono L. n. 289 del 2002, ex art. 15 non determina però ex se nè la decadenza dal beneficio del termine, nè la cristallizzazione della relativa somma.

Sovviene, al riguardo, proprio il tenore della L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 5, nella parte in cui, da un lato, stabilisce che l’inadempimento (anche di una sola rata) non esclude il perfezionamento del condono, e dall’altro, che – nel recuperare coattivamente le somme, mediante iscrizione a ruolo – viene anche irrogata la sanzione pari al 30% delle somme non versate, ridotta alla metà ove il pagamento sia intervenuto entro i trenta giorni dalla scadenza, oltre interessi legali. Del resto, se l’inadempimento della seconda rata alla scadenza (30.11.2003) non risolve la fattispecie condonistica ex art. 15 cit., nè tantomeno determina l’immediata esigibilità di quanto dovuto con la terza rata, non solo il contribuente è da considerarsi ancora “in termini” per il pagamento di quest’ultima, ma anche per la seconda rata stessa (tanto che, se il pagamento avviene entro i trenta giorni successivi alla scadenza, la sanzione viene ridotta della metà). E’ solo con lo spirare del termine di scadenza della terza rata (anzi, dei trenta giorni ad esso successivi, ai fini del calcolo della sanzione), però, che il quadro può dirsi completo, solo allora potendosi verificare – onde eventualmente procedere all’iscrizione a ruolo definitiva – l’ammontare complessivo delle somme non versate, o dell’eventuale ritardo in cui è incorso il contribuente, in relazione all’unico credito vantato dall’Amministrazione. Solo in detta data, dunque, l’accertamento “straordinario” a carico del contribuente (v. par. 2.7.2) può dirsi definitivo.

Pertanto, poichè detta definitività è maturata, nella specie, nel secondo semestre del 2004 (ossia, il trentesimo giorno successivo al 20.6.2004), anche per tal verso nessuna decadenza può ritenersi maturata, il ruolo essendo stato reso esecutivo il 15.6.2005, e quindi entro il termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, lett. c), all’epoca vigente, ossia entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo.

2.8 – Può quindi affermarsi il seguente principio di diritto: “In tema di condono fiscale, e con riguardo alle somme dovute a seguito dell’adesione del contribuente alla “definizione della lite potenzialè ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 15 mediante versamento della prima rata e rateizzazione del residuo debito fiscale in due soluzioni, con scadenza al 30 novembre 2003 e al 20 giugno 2004, in caso di omesso versamento l’amministrazione finanziaria provvede al recupero del solo debito residuo (oltre sanzioni ed interessi), mediante iscrizione a ruolo definitiva, secondo le modalità e nei termini di decadenza previsti dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, lett. c), (all’epoca vigente), occorrendo che il ruolo sia reso esecutivo entro il 31 dicembre 2005, nonchè dall’art. 37, comma 44, del D.L. n. 223 del 2006, conv. in L. n. 248 del 2006, dovendo procedersi alla notifica della cartella di pagamento, al più tardi, entro il 31 dicembre 2008. In particolare, in relazione alla decadenza di cui all’art. 17, lett. c), cit. (oramai abrogato) – che stabiliva doversi dichiarare esecutivo il ruolo “entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio” – ai fini del recupero delle somme dovute ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 15 esso va in ogni caso individuato nel 31 dicembre 2005, a prescindere dal fatto che sia rimasta inadempiuta la seconda o la terza rata (o entrambe), giacchè solo allo spirare dell’ultimo termine l’accertamento a carico del contribuente può ritenersi definitivo, avuto riguardo all’unico credito nel complesso vantato dall’Amministrazione finanziaria”.

3.1 – In definitiva, il ricorso è rigettato, previa correzione della motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c.. L’assoluta novità di talune questioni affrontate, unitamente al contrasto giurisprudenziale esistente su altre, giustificano l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

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