Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21377 del 26/07/2021

Cassazione civile sez. VI, 26/07/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 26/07/2021), n.21377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 9600-2019 proposto da:

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VAL GARDENA

3, presso lo studio dell’avvocato LUCIO DE ANGELIS, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati FERNANDO PES,

FRANCESCA PES;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 971/2019 del TRIBUNALE di TEMPIO PAUSANIA,

depositata il 12/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – La s.p.a. Banca Nazionale del Lavoro ha presentato domanda di insinuazione nel passivo del Fallimento (OMISSIS) in ragione di più voci di credito.

Per la voce che rimane ancora in interesse per il presente procedimento di legittimità, la domanda è stata fondata in un credito derivante da contratto di finanziamento del 27 gennaio 2012.

2. – Il giudice delegato ha respinto la pretesa in questione. In particolare, ha evidenziato che il finanziamento “fu concesso ai fini del consolidamento di passività di un preesistente conto corrente di cui non è stata prodotta alcuna documentazione”; “stante la mancata produzione documentale”, ha aggiunto, “si rigetta l’ammissione del credito come richiesto”.

3. – La Banca ha proposto opposizione all’esclusione ai sensi degli L. Fall., art. 98 s., avanti al Tribunale di Tempio Pausania. Che la ha rigettata con decreto depositato in data 12 febbraio 2019.

4. – Con riferimento alla pretesa derivante dal contratto di finanziamento, il giudice ha osservato che, se era stata prodotta la documentazione contrattuale relativa a questo, non era stata peraltro prodotta quella “relativa al rapporto di conto corrente alla cui estinzione era finalizzato il finanziamento stesso”.

Questa seconda documentazione era, nel concreto, da stimare come senz’altro necessaria: “se si deve ritenere che la rinegoziazione del debito con trasformazione dello stesso da debito a breve a debito a medio-lungo termine sia del tutto lecita” – ha puntualizzato il Tribunale -, pure “si deve ritenere che il contratto di conto corrente e il contratto di mutuo costituiscano contratti collegati in quanto l’operazione voluta complessivamente dalle parti era quella di ripianare il conto corrente e di creare un nuovo rapporto obbligatorio”. “Il vincolo di reciproca dipendenza tra i contratti collegati ha degli effetti giuridici rilevanti” – sì è aggiunto – “comportando che le vicende relative all’invalidità, alla inefficacia o alla risoluzione dell’uno si possano ripercuotere sull’altro”.

5. – Avverso il decreto emesso dal Tribunale di Tempio Pausania, la Banca ha presentato ricorso, esponendo quattro motivi di cassazione.

Il Fallimento, già non costituito in sede di opposizione, è rimasto intimato.

6. – Il ricorrente ha anche depositato memoria.

7. – I motivi di ricorso sono stati intestati nei termini qui riportati.

Primo motivo: “violazione o falsa applicazione dell’art. 2702 c.c. e art. 2697 c.c., comma 1, e dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Secondo motivo: “violazione della L. Fall., artt. 93 e 101, nonché degli artt. 2697 e 2702 c.c., e, altresì, e degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”.

Terzo motivo: “violazione degli artt. 1362 e 2702 c.c., degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – Pretermissione di risultanza decisiva, trattata e discussa dalla costituita BNL, nel giudizio di opposizione, svolto avanti al Tribunale di tempio Pausania (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Quarto motivo: “violazione dell’art. 112 c.p.c., degli artt. 1362 2697 e 2702 c.c. – Omessa decisione in ordine all’ammissione al passivo, quanto meno, della somma erogata in contanti per “ripristino della liquidità”, con omesso esame di risultanza decisiva, oggetto di controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5)”.

8. – Nello sviluppo del ricorso, il ricorrente viene ad affermare, con il primo motivo, che il “contenuto del contratto di finanziamento e sua valenza di prova legale, sancita dall’art. 2702 c.c.”, è “di per sé sufficiente a fondare la domanda” di insinuazione, concretamente posta in essere, specie “in mancanza di specifiche allegazioni di fatti contrari”.

Sostiene poi, nel secondo e terzo motivo, che la pretesa del Tribunale di ottenere “anche la documentazione relativa al precorso rapporto bancario risulta “totalmente avulsa dalla fattispecie in esame, posto che alcuna ragione di invalidità o inefficacia o risoluzione è stata mai allegata o adombrata”. La specie concreta – si sottolinea nel prosieguo – è estranea alla tematica della c.d. contestualizzazione dell’ipoteca, essendo il finanziamento posto a estinzione di debiti pregressi rimasto comunque chirografario. Nei fatti, lo scopo del finanziamento sostitutivo “era volto alla rimodulazione (relative al tasso di finanziamento rispetto al tasso dell’apertura di credito, nonché concernenti un’ampia rateazione del pregresso debito), in modo da dare nuova veste (stante l’estinzione dell’apertura di credito e la prosecuzione del rapporto di c/c (OMISSIS) con ulteriore immissione di liquidi) ai precedenti rapporti”. L’esposizione in essere, come “geneticamente sorta nel 2010 e cristallizzata nel mese di ottobre in Euro 350.000,00, è stata azzerata nel 2012 con quota parte (fino alla concorrenza di quell’importo) dal finanziamento di Euro 400.000,00”: la “Banca non ha insinuato alcun credito derivante da quel rapporto in quanto estinto”.

La differenza di Euro 50.000,00 è stata sempre addebitata – si aggiunge ancora (quarto motivo) – sul medesimo conto e in pari data, con “causale “incasso ordine del (OMISSIS) da (OMISSIS) erogazione quota finanziamento n. (OMISSIS) intestato”, proprio in adempimento della causa spesa nel contratto di finanziamento “rispristino liquidità””.

9. – Con particolare riferimento al secondo e al termo motivo di ricorso, è da osservare quanto segue.

La fattispecie concreta, che viene sottoposta a giudizio, propone, secondo quanto è incontestato, un caso di “rinegoziazione” di debito in essere (da fido per “smobilizzo crediti”, con appostazioni su conto corrente).

Pure è incontestato che tale rinegoziazione è avvenuta a seguito di nuovi accordi sugli interessi debitori (non essendo peraltro noti i termini conformativi dell’intervenuto mutamento del carico economico) e sulle scadenze del debito (passato da breve a medio-lungo); e che è stata accompagnata da una serie di appostazioni sul conto corrente (il precedente saldo a debito venendo “azzerato” da un’appostazione a credito per pari somma, con conseguente contabilizzazione a debito delle somme “rinegoziate”), a cui è stata poi aggiunta l’effettiva messa a disposizione di una somma di danaro (a quest’ultimo profilo fa distinto rifermento il quarto motivo di ricorso).

Di fronte a questa fattispecie il Tribunale ha ritenuto che il debito pregresso e quello rinegoziato costituiscano obbligazioni e rapporti “collegati” tra loro, ravvisando un’ininterrotta linea di continuità nei relativi sviluppi. Il ricorrente contesta questa lettura, affermando che i nuovi accordi e la movimentazione contabile, che è seguita, hanno dato vita a un'”obbligazione autonoma e indipendente dalle precedenti obbligazioni, ancorché poste in essere per estinguerle”.

Ciò posto, appare chiaro che il nodo centrale della problematica innescata dalla fattispecie in discorso è rappresentato dall’interrogativo se la complessa operazione, che così è stata posta in essere, sia idonea a comportare, oppure no, un fenomeno di (relativa) “astrazione” del debito del soggetto poi fallito verso banca rispetto ai vizi che eventualmente affettino i titoli costitutivi della somma che, appostata quale saldo a debito, è stata “azzerata” dall’annotazione di segno contrario, frutto degli accordi di rinegoziazione.

10. – Fermati questi rilievi, il Collegio non può non constatare la complessità della questione di diritto implicate dal detto quesito e il potenziale impatto operativo che alla sua soluzione viene a riconnettersi.

A norma dell’art. 380-bis c.p.c., comma 3, il Collegio ritiene, pertanto, di non potere ravvisare evidenze decisorie tali da consentire la definizione del ricorso presso la c.d. sezione filtro, sicché lo stesso deve essere avviato alla discussione in pubblica udienza presso la sezione che è tabellarmente competente.

P.Q.M.

La Corte dispone la rimessione del ricorso alla pubblica udienza della Sezione Prima.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile, il 30 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2021

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