Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21372 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2020, (ud. 18/04/2019, dep. 06/10/2020), n.21372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 11971/2017 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

presso cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

IDROENERGIA S.C.R.L., incorporata per fusione da COMPAGNIA VALDOSTANA

DELLE ACQUE TRADING S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale delle Milizie n.

34, presso lo studio dell’Avv. Rocco Agostino che, anche

disgiuntamente con l’Avv. Maurizio Logozzo, la rappresenta e difende

giusta procura a margine del controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3372 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

DELL’EMILIA-ROMAGNA, depositata il 29 novembre 2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18

aprile 2019 dal Consigliere Dott. MUCCI ROBERTO;

udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale DE

RENZIS LUISA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato dello Stato FRANCESCA SUBRANI;

udito, per la controricorrente, l’Avv. MAURIZIO LOGOZZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La CTR dell’Emilia-Romagna ha accolto il gravame interposto da Idroenergia s.c.r.I., esercente l’attività di vendita di energia elettrica a consumatori finali, avverso la sentenza della CTP di Piacenza che aveva rigettato la domanda proposta dalla società, con separati ricorsi riuniti, contro il provvedimento n. A4589 del 17 maggio 2010 di parziale diniego del rimborso delle accise sull’energia elettrica versate in eccesso per intervenuta decadenza dovuta al mancato rispetto del termine biennale del (T.U.A.) D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, ex art. 14, nonchè contro il recupero di interessi, indennità di mora e l’irrogazione delle sanzioni amministrative.

2. In particolare, la CTR, per quel che qui rileva, ha interpretato l’art. 14 T.U.A., comma 2, nel senso che, poichè ogni versamento corrisponde a quanto stabilito dalla normativa, la disposizione citata costituisce l'”ipotesi conclusiva” del meccanismo di rate di acconto e di conguaglio finale del pagamento dell’accisa sulla base dei consumi precedentemente rilevati ex art. 56 T.U.A. “Difatti, esclusivamente al termine del suddetto recupero dell’accisa versata in più del dovuto, allorquando non sia possibile più procedere alla compensazione, si individuerà l’importo indebitamente pagato. Così il contribuente dovrà richiedere successivamente il rimborso per il quale l’art. 14 T.U.A., comma 2, prescrive il termine di decadenza dei due anni dalla data della maturazione dell’indebito pagamento. Non dovrà, pertanto, intervenire per chiedere tale rimborso ogni due anni, dal momento che la norma lo prevede esclusivamente al momento in cui, a seguito, come detto, delle compensazioni, non risulta più l’accessibilità all’istituto della compensazione. (…)”.

3. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli affidato a un motivo, cui replica Idroenergia, poi incorporata per fusione dalla Compagnia Valdostana delle Acque Trading s.r.l., con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 56 T.U.A.: l’interpretazione di tali norme operata dalla CTR sarebbe errata, dovendosi chiedere a rimborso o compensare il credito emergente dalla dichiarazione annuale entro il termine biennale di cui all’art. 14 T.U.A., comma 2, stante l’espresso rinvio operato dall’art. 56 T.U.A., comma 6, all’art. 14 T.U.A. e, dunque, anche al comma 2 di questa norma.

4.1. Il motivo è infondato.

4.2. La materia del contendere concerne l’individuazione della decorrenza del termine biennale di decadenza, ex art. 14 T.U.A., comma 2, per l’esercizio del diritto al rimborso del credito di accisa sul consumo di energia elettrica.

4.3. L’art. 56 T.U.A. dispone che il pagamento dell’accisa è effettuato dal soggetto che eroga l’energia in rate di acconto mensili, da versare entro il giorno 16 di ciascun mese, calcolate sulla base di un dodicesimo dei consumi dell’anno precedente; il versamento a conguaglio è effettuato entro il giorno 16 del mese di marzo dell’anno successivo a quello cui si riferisce; le somme eventualmente versate in più del dovuto sono detratte dai successivi versamenti di acconto.

Ai sensi dell’art. 14 T.U.A., comma 2, vigente ratione temporis, “L’accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata. Il rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento”; il successivo comma 4 precisa che il rimborso può essere concesso anche mediante accredito dell’imposta da utilizzare per il pagamento dell’accisa.

4.4. La Sezione (Sez. 5, 31 maggio 2017, n. 13724) ha affermato che “A norma del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 14, il rimborso dell’accisa (…) indebitamente versata va richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento, che segna il momento dal quale indefettibilmente decorre il termine decadenziale per l’esercizio del diritto alla restituzione, fissato per finalità di interesse pubblico e non disponibile neppure dalla stessa P.A., restando ininfluenti le cause per cui il pagamento non è dovuto; nè l’avvenuta detrazione del credito di imposta, operata dal contribuente per le annualità successive, è idonea a spostare in avanti il dies a quo del suddetto termine” (Sez. 5, 16 novembre 2011, n. 24056). Secondo tale orientamento, affermato in tema di consumo del gas metano, il diritto del contribuente al rimborso delle somme pagate indebitamente a titolo di accise va attivato con richiesta proposta nel termine biennale suindicato, con decorrenza o dal pagamento, qualora intervenuto dopo l’entrata in vigore del T.U.A., o dall’entrata in vigore di questo, ove si tratti di pagamento avvenuto prima di tale data (Sez. 5, 14 maggio 2008, n. 12045; conf. Sez. 6-3, 9 giugno 2015, n. 11977). Tali eventi segnano, infatti, il momento dal quale indefettibilmente decorre il predetto termine decadenziale per l’esercizio del diritto alla restituzione, qualunque sia la causa per la quale il pagamento non sia dovuto, e perfino nel caso in cui l’accisa sia stata debitamente pagata, e sia sopravvenuta una causa di non debenza del tributo (Sez. 5 n. 13724/2017 cit., Sez. 6-5, 2 marzo 2012, n. 3363, Sez. 5 n. 24056/2011 cit., Sez. 5, 12 settembre 2008, n. 23515). Il termine decadenziale suindicato è fissato, invero, per finalità di interesse pubblico, sicchè esso non è disponibile neppure dalla stessa amministrazione, restando del tutto irrilevanti ed ininfluenti le cause per le quali la non debenza venga a verificarsi (Sez. 5 n. 13724/2017 cit., Sez. 5 3363/2012 cit., Sez. 5 n. 24056/2011 cit.).

4.5. Pronuncia dissonante, alla quale invece il collegio intende qui dare seguito, è quella secondo cui “In materia d’imposta sulla produzione e sui consumi, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14, comma 2, il rimborso (o la corrispondente detrazione) dell’accisa indebitamente pagata (sul consumo di gas metano) deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni, decorrenti dalla data di presentazione della dichiarazione annuale, con la conseguenza che, nel caso di versamento di acconti risultati maggiori del dovuto, questi devono sommarsi con il credito d’imposta relativo all’anno successivo, derivandone che il saldo creditorio va a costituire un nuovo credito rispetto a quelli precedentemente maturati” (così Sez. 5, 17 aprile 2013, n, 9283; si v. anche Sez. 5, 1 febbraio 2019, n. 3051).

Questo orientamento valorizza la peculiarità del sistema di liquidazione dell’accisa – nella specie, relativa al consumo di gas metano, ma ugualmente per quella relativa al consumo dell’energia elettrica – per cui, ai sensi dell’art. 26 T.U.A., comma 8, “l’accertamento dell’accisa viene effettuato sulla base delle dichiarazioni annuali, contenenti tutti gli elementi necessari per la determinazione del debito d’imposta. Il pagamento dell’accisa deve essere effettuato in rate mensili di acconto calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente, con eventuale conguaglio in fase di successiva dichiarazione di consumo”. Infatti, ai sensi dell’art. 26 T.U.A., comma 8, il pagamento dell’accisa deve essere effettuato in rate di acconto mensili entro la fine di ciascun mese, calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente e il versamento a conguaglio è effettuato entro il mese di febbraio dell’anno successivo a quello cui si riferisce, per cui le rate mensili di versamento dell’accisa non corrispondono ad autonomi adempimenti di autonomi debiti, bensì a modalità di adempimento di un unico debito, frazionato, appunto, in più rate (così Sez. 5, 12 febbraio 2014, n. 3100; Sez. 5 n. 3051/2019 cit.).

4.6. Tale impostazione risulta condivisibile in quanto rispetta anche quello che è il meccanismo di compensazione prescritto ai sensi dell’art. 56 T.U.A., comma 1, – secondo cui “Le somme eventualmente versate in più del dovuto sono detratte dai successivi versamenti di acconto” operante fino all’esaurimento del rapporto tributario medesimo. Invero, l’accredito, in quanto detratto ex lege dai successivi versamenti di acconto, risulta una modalità di pagamento dell’accisa sui consumi di energia elettrica (come di gas metano), per cui, in corso di rapporto tributario, non è configurabile come “pagamento indebito”, con conseguente inapplicabilità del termine di decadenza biennale ex art. 14 T.U.A., comma 2, Infatti, il versamento in più dell’accisa diventa indebito nel momento in cui, terminata la somministrazione, rimane a conguaglio una maggiore somma versata che il contribuente non è più obbligato ad utilizzare in compensazione.

Dunque, solo alla fine del rapporto tributario, nel caso in cui emerga dall’ultima dichiarazione di consumo, un conguaglio a credito, quest’ultimo darà luogo a un “pagamento indebito” e il contribuente proprio come nel conto corrente ordinario ex art. 1823 c.c. al momento della chiusura del conto – potrà esigere il credito medesimo con decorrenza del termine biennale di decadenza ex art. 14 T.U.A., comma 2, dalla data del pagamento in eccesso che, in sostanza, coincide con il momento di presentazione dell’ultima dichiarazione annuale dalla quale sia risultato il credito di imposta.

4.7. Nella specie, la CTR ha correttamente ritenuto tempestiva, stante l’inapplicabilità del termine decadenziale biennale fino all’estinzione del rapporto tributario, l’istanza di rimborso della contribuente di febbraio 2010 (relativa al credito sorto negli anni 2005-2008); detta istanza comprendeva il credito d’imposta esposto nella dichiarazione di consumo per l’anno 2004 (oggetto di diniego), sempre riportato negli anni successivi, fino a quando non è stato più possibile per la contribuente compensare il credito vantato non essendo dovuti ulteriori versamenti nella Provincia di Piacenza.

5. Quanto sin qui esposto può dunque compendiarsi nel seguente principio di diritto: “In tema di accise sull’energia elettrica, il saldo creditorio che matura al momento della presentazione della dichiarazione annuale – costituendo una modalità di pagamento dell’imposta, in quanto detratto ex lege dai successivi versamenti di acconto – non è reclamabile prima della chiusura del rapporto tributario, con conseguente decorrenza del termine biennale di decadenza del (T.U.A.) D.Lgs. n. 504 del 1995, ex art. 14, comma 2, per il rimborso dell’eventuale credito di imposta dal momento della presentazione dell’ultima dichiarazione annuale di consumo”.

6. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Stante la peculiarità della questione e le oscillazioni giurisprudenziali riscontratesi, si ravvisano giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 18 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

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