Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21364 del 13/08/2019

Cassazione civile sez. I, 13/08/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 13/08/2019), n.21364

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14825/2018 r.g. proposto da:

D.A., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Giulio

Marabini, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza dei Mirti n. 40,

presso lo studio dell’Avvocato Emanuele Foschi.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona Ministro legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale

dello Stato presso i cui Uffici è elettivamente domiciliato in Roma

Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino, depositata in

data 8.11.2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/5/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Torino – decidendo sull’appello proposto da D.A., cittadino della Costa d’Avorio, avverso l’ordinanza dal Tribunale di Torino (con la quale erano state rigettate le domande del richiedente volte ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria) – ha confermato la decisione resa in primo grado, rigettando, pertanto, l’appello.

La corte del merito ha ritenuto condivisibile la decisione istruttoria resa dal primo giudice in riferimento alla mancata audizione del ricorrente; ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente il quale aveva narrato che le ragioni del suo espatrio erano collegate alla sua condizione di omosessuale dichiarato e alle persecuzioni subite per tale motivo; ha dunque osservato che non ricorrevano le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato, non essendo rintracciabile una situazione di persecuzione subita dal ricorrente, nè quelle per il riconoscimento della protezione sussidiaria, non essendo la Costa d’Avorio interessata da conflitti armati generalizzati (almeno per la zona di provenienza del richiedente), ma solo da una situazione di instabilità politica.

2. La sentenza, pubblicata il 8.11.2017, è stata impugnata da D.A. con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la parte ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3, 5, 6, 7 e 8 e dell’art. 5, lett. c, della direttiva del consiglio del 29.4.2004, si duole del mancato riconoscimento dello status di rifugiato. Osserva il ricorrente che i giudici del merito non avevano attivato i poteri di integrazione istruttoria officiosa per approfondire le condizioni sociopolitiche attuali della Costa d’Avorio, anche in riferimento alle condizioni di trattamento sociale e giuridico degli omosessuali ed in ragione della dichiarata persecuzione subita da parenti e conoscenti.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2, lett. e, artt. 4, 9, 15 e 20 direttiva 2004/83/CE e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g ed art. 14, in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria.

3. Con il terzo motivo si articola vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria e per la mancata valutazione, a tal fine, dell’inserimento sociale e lavorativo del richiedente

4. Con il quarto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, sempre in riferimento al mancato riconoscimento della protezione umanitaria e in relazione alla mancata valutazione del prolungato soggiorno in Libia.

5. Con il quinto motivo si denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per l’omessa motivazione sul profilo della richiesta di protezione umanitaria.

6. Il ricorso è fondato per le ragioni e nei limiti qui di seguito precisati.

6.1 Il primo motivo è tuttavia inammissibile.

6.1.1 In primo luogo si sollecita, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, una rilettura degli atti istruttori e si richiede una rivalutazione del merito della decisione in ordine alla reclamata protezione internazionale.

Sul punto è utile ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha

precisato che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019). E’ stato anche puntualizzato che le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente l’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perchè la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. anche Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14/01/2019).

6.1.2 Ciò posto, risulta evidente che ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), sia indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente.

La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), (Cass. 3340/2019, cit. supra), escludendosi, in mancanza, la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.

6.1.3 Nel caso concreto, il ricorrente ha inammissibilmente dedotto il vizio di violazione di legge, anzichè censurare l’impugnata sentenza sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Tale vizio consiste – come già sopra spiegato – nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità; sicchè il giudizio di fatto circa la credibilità del ricorrente non può essere censurato sub specie della violazione di legge (Cass. 3340/2019, cit. supra).

Ad ogni buon conto, il giudice di appello ha ampiamente ed adeguatamente motivato in ordine all’inattendibilità della narrazione del ricorrente circa i motivi (condizione di omosessuale) che lo avrebbero indotto ad abbandonare la Costa d’Avorio, elencando le diverse ragioni che ostano alla credibilità dell’istante, ed il motivo si risolve, dunque, in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito della vicenda processuale.

Va soggiunto che il giudice non ha alcun obbligo di disporre l’audizione del richiedente, atteso che l’obbligo in parola, conformemente alla direttiva 2013/32/CE, grava esclusivamente sull’autorità amministrativa incaricata di procedere all’esame del richiedente, con la conseguenza che il giudice può decidere in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso il verbale o la trascrizione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione (Cass. 2817/2019; Cass. 5973/2019).

6.2 Il secondo motivo è invece fondato.

6.2.1 Va osservato che, in materia di riconoscimento della protezione sussidiaria allo straniero di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria la situazione di violenza indiscriminata e di conflitto armato, presente nel Paese in cui lo straniero dovrebbe fare ritorno, può giustificare la mancanza di un diretto coinvolgimento individuale del richiedente protezione nella situazione di pericolo (Cass., 20/06/2018, n. 16275). Ai fini della concessione della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, tuttavia, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312).

Nel caso di specie, la Corte d’appello si è limitata a fare riferimento a “siti specializzati”, senza indicare in alcun modo di quali fonti internazionali si tratti, dai quali, peraltro, sarebbe anche emerso che una vasta area della Costa d’Avorio è interessata a “fenomeni di matrice terroristica”, per la presenza “di forze irregolari e bande armate, anche di ispirazione jiadista”. Ne consegue l’evidente violazione del dovere di cooperazione istruttoria, sancito dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, stante la mancata conformità del provvedimento impugnato alla fattispecie legale prevista dalla norma da ultimo citata.

6.3 Rimangono assorbiti il terzo, quarto e quinto motivo, che si incentrano sul mancato riconoscimento della reclamata protezione umanitaria.

Si impone pertanto la cassazione del provvedimento impugnato con rinvio alla corte di appello competente cui si rimette anche la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il primo motivo ed assorbiti il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2019

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