Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21360 del 18/09/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 21360 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso 27906-2007 proposto da:
PACCHIANO LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA PASUBIO I, presso lo studio dell’avvocato FORTE
LUCILLA, che o rapprenLa e

difende

Unitament

all’avvonatQ CONTE LUCIO, giusIa delega in atti;
– ricorrente 2013
2357

contro

MARZOTTO S.P.A., (già MANIFATTURA LANE G. MARZOTTO &
FIGLI S.P.A.), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEL BABUINO 99, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 18/09/2013

CUGLIELMUCCI CORRADO, che la

rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ICHINO

PIETRO, giusta delega

in atti;
– controricorrente –

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE

PER L’ASSICURAZIONE

CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO

01165400589, R.A.S.

ASSICURAZIONI attualmente ALLIANZ S.P.A.;

intimati

sul ricorso 29858-20W7 proposto da:
MARZOTTO S.P.A., (già MANIFATTURA
FIGLI S.P.A.), in persona del
pro tempore, elettivamente

LANE G. MARZOTTO &

legale rappresentante

domiciliata in ROMA, VIA

DEL BABUINO 99, presso lo studio dell’avvocato
GUGLIELMUCCI CORRADO, che la

rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ICHINO

PIETRO, giusta delega

in atti;
– ricorrente contro
PACCHIANO LUIGI, I.N.A.I.L

L’ASSICURAZIONE

CONTRO GLI

– ISTITUTO NAZIONALE PER
INFORTUNI SUL LAVORO

01165400589, ALLIANZ S.P.A. – DIVISIONE ALLIANZ R.A.S.
(già R.A.S. ASSICURAZIONI S.P.A.);

intimati

e sul ricorso 1816 – 2008 proposto da:
PACCHIANO LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA,

nonchè contro

VIA PASUBIO 4, presso lo studio dell’avvocato FORTE
LUCILLA, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato CONTE LUCIO giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

FIGLI S.P.A.), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEL BABUINO 99, presso lo studio dell’avvocato
GUGLIELMUCCI CORRADO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ICHINO PIETRO, giusta delega
in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza o. 1486/2006 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata i] 10/11/2006 R.G.N.
2212/2003 + l;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/06/2013 dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PAGETTA;
udito l’Avvocato FORTE LUCILLA;
udito l’Avvocato GUGLIELMUCCI CORRADO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, accoglimento per
guanto di ragione, del ricorso incidentale RG. n.
29858/2007, inammissibilità, in subordine rigetto del

MARZOTTO S.P.A., (già MANIFATTURA LANE G. MARZOTTO &

ricorso n. 1816/2008.

Svolgimento del processo
Il Tribunale di Paola in funzione di giudice del lavoro in accoglimento della domanda proposta da
Luigi Pacchiano dichiarava la natura professionale della patologia da questi contratta nel periodo di
lavoro alle dipendenze della s.p.a. Marzotto e condannava la detta società al pagamento della somma
di € 200.000,00 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
La decisione era impugnata dalla società e dall’INAIL.. La Corte di appello di Catanzaro accoglieva

primo grado, rideterminava in € 41.316,55, con interessi legali e rivalutazione monetaria a decorrere dal
15.12.1993 al soddisfo, la somma dovuta dalla datrice di lavoro a titolo di risarcimento per il danno
biologico; rigettava per il resto l’appello della società datrice e l’appello dell’INAIL
Osservava la Corte, quanto all’appello principale della società Marzotto, che lo stesso era meritevole di
accoglimento solo il relazione alla dedotta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere il giudice di
primo grado attribuito al lavoratore a titolo di risarcimento del danno una somma superiore (pari a €
200.00,00) a quella, pari a lire 80 milioni, richiesta dal Pacchiano nel ricorso di primo grado. In
particolare riteneva che la liquidazione della maggiore somma in concreto attribuita non poteva
giustificarsi alla luce delle conclusioni formulate dal lavoratore, di condanna della società datrice “alla
diversa somma ritenuta di giustizia”, attesa la genericità ed indeterminatezza di siffatta richiesta, sfornita
di ogni parametro valutativo per la determinazione della entità del risarcimento del danno, e rilevava
che la somma attribuita risultava superiore anche a quella di € 103.291,40, indicata dal lavoratore nella
memoria depositata il 15.11.2002. Il giudice di appello respingeva, quindi, le doglianze della società che
aveva contestato la natura cancerogena e la stessa utilizzazione e da parte della società di sostanze
coloranti responsabili della patologia tumorale del Pacchiano, in dichiarata adesione agli esiti della
consulenza di primo grado dei professori Furnari e Spagnoli la quale aveva deduttivamente ritenuto che
all’epoca in cui il Pacchiano aveva prestato la propria attività come orditore, venivano utilizzate presso
gli stabilimenti della società datrice di lavoro alcune sostanze coloranti ad attività cancerogena.
Riteneva irrilevante la circostanza che il Pacchiano svolgesse attività di orditore e quindi non fosse
addetto al reparto tintoria dove tali sostanze erano adoperate per il fissaggio dei colori avendo gli
ausiliari accertato che fino al 1995, nello stabilimento di Maratea, presso il quale aveva lavorato il
Pacchiano, le lavorazioni erano eseguite in un unico ambiente di talchè le sostanze utilizzate per la
colorazione dei tessuti ben potevano espandersi negli altri reparti. venendo a contatto , per via inalatoria
con coloro che vi erano addetti. Con specifico riferimento a quest’ultimo aspetto il giudice di appello
riteneva di disattendere le opposte conclusioni alle quali erano pervenute le altre consulenze disposte
d’ufficio in primo grado, le quali avevano sottolineato la insufficienza quali- quantitativa delle sostanze
impiegate e il mancato soddisfacimento del criterio statistico- epidemiologico. Osservava infatti che gli

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“per quanto di ragione l’appello proposto da Marzotto s.p.a.” e, in parziale riforma della decisione di

esiti delle menzionate indagini peritali erano riferite a situazioni ambientali successive all’anno 1995 e
che il riferimento al criterio statistico- epidemiologico risultava insufficiente per la valutazione di
tumori professionali. Rilevava ancora la Corte territoriale che la insorgenza della patologia tumorale era
riferibile alla società per omessa adozione di misure di protezione della salute dei lavoratori, ai sensi
dell’art. 2087 cod. civ., ed in particolare per mancata separazione degli ambienti lavorativi ( tintura e
orditura ),.concretante inosservanza della specifica prescrizione di cui al dpr n. 303 del 1956 sulla
separazione delle lavorazioni nocive da quelle pericolose e per la mancata preventiva informazione al

vie di assunzione del preparato .
Quanto all’appello INAIL, avente ad oggetto la omessa pronunzia sulla domanda di regresso formulata
ai sensi dell’art. 10 d.p.r n.1124 del 1965 e la statuizione di compensazione delle spese di primo grado,
la Corte territoriale ne riteneva la infondatezza in base alle seguenti considerazioni : il risarcimento del
danno biologico ex art. 2087 cod. civ., per mancata adozione di misure di protezione, considerate le
conoscenze scientifiche e tecniche dell’epoca dei fatti, non appare riconducibile ad una condotta
colposa della società “quanto piuttosto ad un inadempimento limitato al piano civilistico, atteso che
non era ragionevolmente prevedibile che la lavorazione effettuata nel reparto tintoria determinasse, una
diffusione ambientale con conseguenze rilevanti sulla salute degli addetti ad altri reparti”. In merito
alla compensazione delle spese la riteneva giustificata alla luce della complessità delle questioni trattate .
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la Marzotto spa ( già Manifatture Lane G:
Marzotto & Figli spa ) sulla base di due motivi.
Luigi Pacchiano ha depositato controricorso con ricorso incidentale affidato ad un unico motivo
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Marzotto s.p.a. ha depositato controricorso a ricorso incidentale.
Luigi Pacchiano ha depositato in via autonoma ricorso principale affidato ad un unico motivo.
La Marzotto s.p.a. ha depositato controricorso.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Preliminarmente va disposta, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ. la riunione tra i ricorsi proposti in via
principale dalla società Marzotto e da Luigi Pacchiano , in via autonoma ed in via incidentale,nonché.
Con il primo motivo del ricorso principale la società Marzotto p.a. la ha dedotto violazione e falsa
applicazione dell’art. 3 dpr n. 1124 /1965, del 2729 cod. civ. e del principio di diritto vivente in materia
di tutela delle malattie professionali secondo cui “per le malattie ad eziologia multifattoriale il nesso di
causalità relativo all’origine professionale della malattia non può essere oggetto di semplici presunzioni
tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione ;
e se questa può essere data anche in termini di probabilità dagli elementi disponibili (essendo
2

lavoratore sui rischi commessi alla salute dalla utilizzazione e/o esposizione ai coloranti e sulle possibili

impossibile nella maggior parte dei casi, ottenere la certezza dell’eziologia) è necessario pur sempre che
si tratti di ” probabilità qualificata” da verificare attraverso ulteriori elementi idonei a tradurre la
conclusione probabilistica in certezza giuridica ; tra tali elementi idonei sono da includere i dati relativi
ai rischi epidemiolgici presenti nella località dove si trovava il cantiere di lavoro. Parte ricorrente
censura in sintesi la violazione della regola della probabilità qualificata destinata ad espungere dai
processi logici idonei ad accertare — o quantomeno , a rendere ragionevoltnente probabile- il nesso
eziologico fra una determinata malattia ed attività o ambiente professionale, le ipotesi tecniche

accertati in concreto come esistenti in quel singolo contesto e fra i quali di precipuo rilievo il rischio
epidemiologico., la sicura presenza di sostanze nocive e la esposizione ad esse .In questa prospettiva
evidenzia una serie di carenze della indagine peritale condotta dai professori Furnari e Spagnoli e
condivisa dalla sentenza impugnata.
Con il secondo motivo di ricorso deduce la contraddittorietà di motivazione per avere il giudice
d’appello da un lato ritenuto, al fine del risarcimento del danno biologico, la responsabilità della
Marzotto per la mancata adozione di misure di prevenzione puntualmente individuate e dall’altro, per
avere, nel motivare il rigetto della domanda di regresso dell’INAIL, escluso considerate le conoscenze
tecniche e scientifiche all’epoca dei fatti, una condotta colposa della società datrice non essendo a
ragionevolmente prevedibile che la lavorazione effettuata nel reparto tintoria determinasse una
diffusione ambientale di sostanze rivelatesi di natura cancerosa.
Con il ricorso incidentale proposto con il controricorso avverso il ricorso principale di Marzotto s.p.a.
Luigi Pacchiano, richiamato il ricorso proposto in via autonomo avverso la decisione di appello,
eccepisce preliminarmente la tardività del ricorso per cassazione della Marzotto s.p.a che assume
notificato decorso un anno e 17 giorni dalla pubblicazione della decisione
Con l’unico motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa
applicazione e ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ., la omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione in ordine a fatto controverso e decisivo, in relazione agli artt. 112, 414,
429, cod. proc. civ. e agli artt. 1226, 1229,comrna 2, 2056, 2057, 2059, 2087, 2113 cod civ e
2,3,4,32,36,e, 38 comma 2 Cost..
Denuncia l’errore del giudice di appello nel ritenere la violazione del principio di corrispondenza tra il
chiesto e pronunciato omettendo di considerare che i parametri di valutazione del danno biologico
sono di difficile predeterminazione in ragione dell’aggravabilità delle patologie durante la pendenza dei
giudizi, dell’assenza di parametri vincolanti per il giudicante, della soggettivizzazione della misura
risarcitoria, della natura esistenziale della situazione giuridica lesa ; sostiene che, alla luce di tali
parametri, le conclusioni formulate nella originaria domanda di condanna “alla diversa somma ritenuta

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teoricamente possibili e ad ancorare, invece, l’accertamento ad una serie di fattori , puntualmente

di giustizia” perdono il carattere di clausola di stile per configurarsi come richiesta di determinazione
del risarcimento del danno anche in misura non corrispondente a quella espressamente indicata.
Con l’unico motivo di ricorso principale Luigi Pacchiano deduce ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3,
cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione e. ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ., la
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a fatto controverso e decisivo, in
relazione agli artt. 112, 414, 429, cod. proc. civ. e agli artt. 1226, 1229,comma 2, 2056, 2057, 2059,
2087, 2113 cod. civ. e 2, 3,4, 32 ,36, e, 38 comma 2 Cost.

ricorso principale proposto da Marzotto s.p.a.
La sentenza della Corte di appello è stata infatti pubblicata in data 10 novembre 2006. Il ricorso è stato
notificato agli intimati a mezzo del servizio postale con raccomandata spedita in data 6 novembre 2007;
a Allianz s.p.a. , sede di Milano la notifica è avvenuta mediante consegna a mani di impiegato incaricato
in data 9.11.2007 mediante della La Marzotto s.p.a. Al momento della consegna all’ufficiale giudiziario
dell’atto da notificare non era ancora decorso il termine per la proposizione dell’impugnazione .
In tema di notificazioni a mezzo del servizio postale questa Suprema Corte di Cassazione, a seguito
della sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 2002, ha infatti affermato il principio secondo cui
la notificazione di un atto processuale per il notificante si intende perfezionata al momento della
consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, con la conseguenza che, ove tempestiva, quella
consegna evita alla parte la decadenza correlata all’inosservanza del termine perentorio entro il quale la
notifica va effettuata, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari (quale appunto
l’agente postale per le notificazioni di atti a mezzo posta) sottratta in toto al controllo ed alla sfera di
disponibilità del notificante medesimo, fermo restando per il destinatario il principio del
perfezionamento della notificazione alla data di ricezione dell’atto, attestata, per le notifiche a mezzo
posta, dall’avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi
termine imposto al destinatario medesimo. (cfr. per tutte cass. n. 1025 del 2005).
Nel merito i ricorso principale ed incidentale proposti dal lavoratore risultano inammissibili per ragioni
differenti .
Invero quanto al ricorso principale non risulta formulato il quesito di diritto né la sintesi prescritta in
relazione al vizio di motivazione, dall’art. 366 bis cod. proc. civ , applicabile ratione temporis per essere la
decisione impugnata stata pubblicata il 10 novembre 2006. L’art. 366 bis cod. proc. civ. richiede infatti
caso di ricorso per cassazione per il motivo di cui all’art. 360, comma primo n. 3 cod. proc. civ., la
formulazione di un quesito di diritto il quale ha la funzione di far comprendere alla Corte di legittimità,
dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico – giuridica della questione, quale sia l’errore di
diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del
ricorrente, la regola da applicare, con la conseguenza che la mancanza anche di una sola delle due
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Va disattesa la preliminare eccezione del controricorrente Pacchiano avente ad oggetto la tardività del

suddette indicazioni rende il motivo inammissibile e dovendo altresì ritenersi inammissibile il quesito
di diritto che si limiti a chiedere alla Corte puramente e semplicemente se vi sia stata o meno violazione
di una determinata disposizione di legge, posto che la norma impone al ricorrente di indicare nel
quesito l’errore di diritto della sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass. n.
714 del 2011, n. 8643 del 2009, nonché S.U. n. 7433 del 2009, n. 24339 del 2008 ). L’art. 366 bis cod.
proc. civ., con riferimento poi al motivo di cui all’art. 360, comma primo n. 5 cod. proc. civ., prescrive
ai fini dell’ammissibilità del ricorso “la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la

della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione ” .La conclusione a mezzo di apposito
momento di sintesi si richiede anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile
dal complesso della formulata censura, attesa la “rado” che sottende la disposizione indicata, associata
alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di
comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito. ( Cass. n.
24 255 del 2011 ) .
Parte ricorrente non si è attenuta a tali indicazioni, prescritte espressamente a pena di inammissibilità ,
avendo del tutto omesso di formulare sia il quesito di diritto con riferimento alla dedotta violazione di
norme di diritto sia la sintesi del fatto richiesta in caso di denunzia di vizio motivazionale.
Il ricorso incidentale del Pacchiano risulta invece inammissibile avendo l’interessato al momento della
relativa proposizione già a consumato il potere di impugnazione
Secondo il condivisibile orientamento di questa Corte, infatti, la proposizione del ricorso principale per
cassazione determina la consumazione del diritto di impugnazione, con la conseguenza che il ricorrente,
ricevuta la notificazione del ricorso proposto da un’altra parte non può introdurre nuovi e diversi
motivi di censura con i motivi aggiunti, né ripetere le stesse censure già avanzate con il proprio
originario ricorso mediante un successivo ricorso incidentale, che, se proposto, va dichiarato
inammissibile, pur restando esaminabile come controricorso nei limiti in cui sia rivolto a contrastare
l’impugnazione avversaria. ( Cass. ss.uu. 2568 del 2012)
Sono invece fondati i motivi di ricorso della società Marzotto .
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel caso di malattia professionale non tabellata, come anche
in quello di malattia ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore,
deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera
possibilità dell’origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante
grado di probabilità;

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motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza

In particolare la giurisprudenza della Corte ha ripetutamente enunciato il principio secondo cui,
nell’ipotesi di malattia ad eziologia multi fattoriale – quale il tumore – il nesso di causalita’ relativo
all’origine professionale di essa non puo’ essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi
tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione, che puo’ essere,
peraltro, data anche in via di probabilita’, ma soltanto ove si tratti di “probabilita’ qualificata”, da

probabilistici del consulente tecnico (Cass. n. 9634 del 2004 ) Ed infatti, in tema di malattia
professionale derivante da lavorazione non tabellata, la prova della derivazione della malattia da causa di
lavoro grava sul lavoratore e deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che,
esclusa la rilevanza della mera possibilita’ dell’origine professionale, questa puo’ essere invece ravvisata
in presenza di un “elevato grado di probabilita” (Cass. n. 18270 del 2010, n. 14308 del 2006,n. 12559
del 2006, n. 111298 del 2004)
Tra gli elementi idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale è stato in
particolare valorizzato il dato epidemiologico ( Cass. 12909 del 2000). Infine è da sottolineare che con
specifico riferimento alle amine, la giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato “in merito
all’inserimento delle “amine” (contenute in alcune vernici) tra le sostanze indicate nella tabella di cui al
D.P.R. n. 336 del 1994 al n. 4, si rileva che la presunzione legale circa l’eziologia professionale delle
malattie contratte nell’esercizio delle lavorazioni morbigene investe soltanto il nesso tra la malattia
tabellata e le relative specifiche cause morbigene, anch’esse tabellate, e non può esplicare la sua efficacia
nell’ipotesi di malattia ad eziologia multifattoriale, nella quale il nesso di causalità non può essere
oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di
concreta e specifica dimostrazione – quanto meno in via di probabilità – in relazione alla concreta
esposizione al rischio ambientale e alla sua idoneità causale alla determinatezza dell’evento morboso
(cfr: Cass. n. 9277 del 1995 , n. 8108 del 2002)
La Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione di tali principi . Come evidenziato nel ricorso
della società il giudice di appello è pervenuto all’affermazione del nesso di causalità tra la patologia
tumorale del Pacchiano e l’attività lavorativa da questi prestata nello stabilimento Marzotto, in adesione
alle conclusioni della relazione peritale Furnari Spagnoli, fondate su deduzioni scaturenti da elementi
privi di concreto e puntuale riscontro . Tali : la diffusione sul territorio nazionale dei prodotti coloranti
della impresa IPCA di Ciriè che avrebbe usato sostanze cancerogene per cui se ne assume che le stesse
venivano utilizzate anche presso lo stabilimento Marzotto. Con riferimento alle sostanze utilizzate
presso lo stabilimento la Corte evidenzia che queste sono riconducibili a due gruppi (v. sentenza pag.9)

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verificare attraverso ulteriori elementi idonei a tradurre in certezza giuridica le conclusioni in termini

dei quali il secondo “conforme alle vigenti norme” e il primo costituito da 259 sostanze coloranti più
altre sostanze chimiche non rientranti nel ciclo tecnologico vero e proprio del reparto tintoria. Dalla
presenza di queste ultime sostanze il giudice di appello ipotizza che le stesse venissero utilizzate prima
delle operazioni di tintura per ottenere reazioni chimiche specifiche destinate a favorire il fissaggio del
colore in modo ottimale e deduce che se in questa fase venivano a contatto con l’operatore potevano
reagire con le macromolecole dell’organismo determinando nel tempo l’insorgenza di forme tumorali.
Le deduzioni della Corte d’appello scaturiscono da una concatenazione di ipotesi che trascurano di

potenzialmente nocive, con le effettive modalità di utilizzazione delle stesse nel ciclo produttivo e con
le concrete possibilità, in relazione alle caratteristiche della lavorazione cui era addetto il Pacchiano, che
questi vi potesse venire in contatto con modalità e tempi tali da rendere altamente probabile il nesso
con la patologia contratta. In tale contesto appare altresì ingiustificata la omessa considerazione del
dato epidemiologico — statistico, che rappresenta invece uno dei fattori destinati a conferire dignità di
certezza giuridica a conclusioni fondate sulla mera probabilità . In conclusione è necessario che il
giudice del rinvio proceda ad un rinnovato accertamento di fatto in ordine al nesso di causalità tra
l’attività svolta dal Pacchiano e la patologia tumorale che tenga conto della esigenze che tale nesso sia
costruito sulla base di un criterio di probabilità qualificata e non di mera possibilità.
Quanto al profilo soggettivo ai fini dell’imputazione della responsabilità alla società datrice sussiste la
denunziata contraddittorietà della decisione laddove, da un lato,nell’ambito della domanda del
lavoratore ipotizza un comportamento colposo della società sostanziatosi essenzialmente nella
inosservanza delle prescrizione di cui al d.p.r .n. 303 del 1956 sulla separazione degli ambienti in cui
si svolgono lavorazioni nocive o pericolose e sulla violazione degli obblighi di informazione e dall’altro
con riferimento all’azione di regresso dell’INAIL esclude espressamente la configurabilità di una
condotta colposa a carico della società sul rilievo che le conoscenze dell’epoca non consentivano di
ritenere probabile il verificarsi della patologia in oggetto.
In conclusione , inammissibili i ricorsi principale ed incidentale proposti da Luigi Pacchiano, deve
essere accolto il ricorso della società e la sentenza impugnata cassata con rinvio , anche per le spese del
presente giudizio alla Corte d’appello di Potenza.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi . Dichiara inammissibile il ricorso RG 27906 e il ricorso incidentale di
Luigi Pacchiano (RG 1816 del 2008). Accoglie il ricorso di Marzotto s.p.a. ( RG 29858 del 2007) :

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confrontare il dato emergente dalla presenza nello stabilimento Marzotto di alcune sostanze

cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’appello di
Potenza.

Roma, camera di consiglio del 27 giugno 2013

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