Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21358 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/10/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 06/10/2020), n.21358

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17779-2019 proposto da:

G.D., G.M., G.A.,

P.M.N., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUDOVICO DI

MONREALE 16, presso lo studio dell’avvocato PAPETTI GIORGIO, che li

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

RELEASE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 157, presso lo

studio dell’avvocato DE CRESCENZO ENRICO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 715/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 31/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente G.M. ha donato la metà della nuda proprietà di un immobile ai figli G.D. e G.A. l’altra metà, con il medesimo atto, èstata donata, sempre ai figli, dalla moglie, P.M.N..

Il G., poco prima della donazione, aveva rilasciato fideiussione a favore della Release spa (già Italease spa) a garanzia di un finanziamento che quest’ultima aveva concesso alla società Mining Italiana.

Resasi inadempiente la società debitrice (Mining) la concedente (ora Release spa) ha agito per la revocatoria dell’atto di donazione di quell’immobile e di altri beni oggetto anche essi di liberalità verso i figli del ricorrente.

Il Tribunale ha in primo grado accolto la domanda, che è stata parzialmente riformata in appello, dove il ricorrente aveva ribadito l’argomento per cui il trasferimento era atto dovuto, in adempimento di obbligazioni assunte nel 1997 nel giudizio di separazione personale tra coniugi, e dunque non poteva essere soggetto a revoca.

Il ricorso del G. è fondato su tre motivi e riguarda esclusivamente uno dei beni oggetto di revocatoria, in particolare la donazione della metà della nuda proprietà dell’immobile sito in (OMISSIS), essendo gli altri ritenuti estranei al giudizio di revocatoria già dalla stessa corte di appello.

V’è controricorso della Release spa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La corte di appello osserva che non ha rilevanza la circostanza per cui l’atto sia stato posto in essere in adempimento di un obbligo assunto in sede di separazione, circostanza che non ne impedisce la revocatoria, di cui sussistono tutti i presupposti di legge.

2.- Il G. contesta questa tesi con due motivi; il terzo motivo attiene invece al regime delle spese.

V’è da premettere che la Release spa eccepisce una sorta di giudicato interno, in quanto il solo G. avrebbe impugnato per Cassazione la sentenza, che dunque sarebbe passata in giudicato per gli altri.

Si tratta di una tesi infondata, in quanto le cause sono inscindibili, poichè la revocatoria produce un effetto (l’inefficacia dell’atto verso il creditore) che riguarda similmente tutti i partecipi alla revoca, e non può prodursi per uno solo di essi; ma soprattutto in quanto l’impugnazione è fatta da tutti le parti del giudizio di appello.

2.1.- Con il primo motivo il ricorrente lamenta omesso esame di un fatto controverso e rilevante, ossia omesso esame della circostanza, introdotta con espresso motivo di appello, secondo cui l’atto è stato compiuto in adempimento di una obbligazione assunta nel giudizio di separazione, e valida a tal fine come preliminare. In particolare, sarebbe stata trascurata la natura di pattuizione preliminare dell’accordo di separazione, con inevitabili riflessi sulla revocabilità dell’atto.

2.2.- Con il secondo motivo si deduce invece violazione dell’art. 2901 c.c. in connessione con il motivo precedente: si assume cioè che, avendo l’atto la natura di adempimento di una obbligazione assunta con la separazione, si trattava di atto dovuto, dell’adempimento di un obbligo assunto in precedenza, come tale non revocabile.

3.- I motivi possono trattarsi insieme e sono infondati.

Va evidenziato che l’accordo di separazione è del 1997, mentre l’atto di trasferimento ai figli della nuda proprietà è del 2004, di poco successiva alla stipula delle fideiussioni.

Ciò detto, la tesi del ricorrente è che non è stata data attenzione all’obbligo assunto con la separazione, ed alla sua necessaria rilevanza in termini di contratto preliminare; nè è stata data attenzione al fatto che di conseguenza il trasferimento ha costituito un atto dovuto, come tale non revocabile.

Va detto che, in astratto, è ammissibile l’azione revocatoria ordinaria del trasferimento di immobile, effettuato da un genitore in favore della prole in ottemperanza ai patti assunti in sede di separazione consensuale omologata, poichè esso trae origine dalla libera determinazione del coniuge e diviene “dovuto” solo in conseguenza dell’impegno assunto in costanza dell’esposizione debitoria nei confronti di un terzo creditore, sicchè l’accordo separativo costituisce esso stesso parte dell’operazione revocabile e non fonte di obbligo idoneo a giustificare l’applicazione dell’art. 2901 c.c., comma 3,(Cass. 1144/2015).

In altri termini, la volontà, espressa nell’accordo di separazione di trasferire un bene ai figli, non integra un contratto preliminare (che sarebbe, tra l’altro, un preliminare di donazione) a favore di terzi, ma, ai fini della revocatoria va visto come l’atto stesso di disposizione del patrimonio, e dunque l’atto di trasferimento non è adempimento dell’obbligo assunto con l’accordo di separazione: si può, al più ritenere che il trasferimento ha la sua giustificazione esterna in quell’accordo, ma l’effetto traslativo è proprio, è riconducibile allo stesso atto di trasferimento e non all’accordo che lo giustifica.

In sostanza, il trasferimento del bene ai figli, in ragione dell’accordo preso in tal senso nel procedimento di separazione, si atteggia come un atto traslativo che ha la sua causa (ossia la sua ragione giustificatrice) non in sè, ma al suo esterno, in un precedente accordo, che funge solo da causa esterna del trasferimento medesimo.

Con la conseguenza che i presupposti della revocatoria vanno valutati rispetto a quest’ultimo e non all’accordo causale e giustificativo. Del resto, il trasferimento ai figli è avvenuto ben sette anni dopo l’accordo di separazione che lo prevedeva ed è avvenuto subito dopo che il dante causa (l’attuale ricorrente) si è costituito fideiussore della società di leasing.

4.- Quanto al terzo motivo, esso denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c.. Ritiene il ricorrente che, essendovi stata soccombenza reciproca, le spese andavano compensate e non poste interamente a suo carico.

Il motivo è inammissibile in considerazione del fatto che in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (Cass. 24502/2017). Nella specie, vi è una sostanziale soccombenza e cioè una prevalente soccombenza, correttamente rilevata dalla corte territoriale.

Il ricorso va rigettato. Spese secondo soccombenza e raddoppiato contributo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento della somma di 6000,00 per spese legali, oltre 200,00 Euro per spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

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