Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21357 del 13/08/2019

Cassazione civile sez. I, 13/08/2019, (ud. 09/05/2019, dep. 13/08/2019), n.21357

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30223/2017 proposto da:

A.J., rappresentato e difeso dall’avvocato GOTI MASSIMO del

Foro di Firenze, elettivamente domiciliato a Piazza Cavour in Roma;

– ricorrente –

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 647/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 19/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/05/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso depositato tempestivamente, A.J. cittadino originario del Pakistan, impugnava dinanzi al Tribunale di Perugia il provvedimento con cui la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Crotone, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale, di quella sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente riferiva di essere fuggito dal Pakistan perchè, dopo la morte del padre, era stato spogliato dei suoi beni da uno zio paterno che lo aveva picchiato cagionandogli gravi lesioni, per il solo fatto di aver chiesto la restituzione della propria eredità.

Il Tribunale di Perugia rigettava la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato e quella di protezione sussidiaria ed umanitaria. La Corte d’Appello di Potenza, con la sentenza n. 647/2017 confermava le statuizioni di prime cure.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, A.J..

Il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Pakistan sulla base dei report allegati, nonchè l’omessa attività istruttoria in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5).

Il motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio della pronuncia impugnata.

La Corte territoriale ha infatti rilevato che, sulla base delle stesse allegazioni del ricorrente, non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della c.d. protezione sussidiaria, atteso che il ricorrente aveva fatto riferimento al rischio per la propria vita derivante non da fatti o situazioni riferiti allo Stato o a pubbliche autorità, ma allo zio paterno; non era dunque ravvisabile nè la situazione di cui all’art. 14, lett. a) o b), ma neppure quella di cui alla lett. c), atteso che la minaccia alla vita non derivava da una situazione di violenza indiscriminata e diffusa ma dal timore di ritorsioni private. Il giudice di appello affermava dunque che la natura privata ed il contesto familiare della vicenda escludeva che potesse darsi rilievo alla situazione generale del Pakistan.

La statuizione è conforme a diritto.

Ed invero la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato va rappresentata dal ricorrente come minaccia grave ed individuale alla sua vita, in rapporto alla situazione generale del paese di origine (Cass. 32064/2018).

Da ciò discende che in assenza dell’allegazione del ricorrente di un collegamento tra la sua situazione personale e la situazione generale del paese di origine non viene in rilievo il dovere di cooperazione istruttoria officiosa.

Il secondo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione all’omessa motivazione della sentenza impugnata con riferimento al diniego di un permesso di soggiorno per motivi umanitari;

il ricorrente deduce inoltre di aver prodotto buste-paga che dimostravano la significativa integrazione raggiunta nel nostro paese, profilo che sarebbe stato del tutto trascurato nella pronuncia impugnata.

Il motivo è inammissibile, in quanto non attinge la ratio della statuizione impugnata.

La corte territoriale ha escluso la protezione umanitaria sul rilievo che il ricorrente non aveva dedotto alcuna specifica situazione soggettiva di fragilità, fondando la richiesta di protezione umanitaria sulla generale situazione politica del Pakistan.

A fronte di tale statuizione, il ricorrente si limita a citare un precedente di merito, peraltro non conferente, ed allega il livello di integrazione raggiunto in Italia a fronte delle difficoltà economiche e familiari che incontrerebbe in caso di rientro in Pakistan; il che è evidentemente privo di decisività in assenza della effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili nel paese di origine, in relazione alla condizione personale del richiedente, che integra una situazione ben diversa delle mere difficoltà da affrontare nel proprio paese di origine.

Il ricorso va dunque respinto e, considerato che il Ministro non ha svolto attività difensiva, non deve provvedersi sulle spese del giudizio. Poichè il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non deve disporsi il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2019

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