Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21357 del 06/10/2020
Cassazione civile sez. VI, 06/10/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 06/10/2020), n.21357
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7989-2019 proposto da:
R.A.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato GIUFFRIDA WALTER;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 487/2018 della CORTE D’APPELLO di
CALTANISSETTA, depositata il 30/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 17/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CRICENTI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
La ricorrente, R.C.A., ha contratto l’epatite a causa di una trasfusione di sangue, della quale si sarebbe accorta a seguito di un ricovero ospedaliero, nel corso del quale è emersa la patologia, e ciò nel 1992.
Dopo qualche tempo, la ricorrente ha collegato l’insorgenza del morbo alla trasfusione, ed ha dunque dapprima avanzato una richiesta di indennizzo (1995), ed in seguito ha agito in giudizio per il ristoro dei danni alla salute (2001).
Il Ministero della salute, costituendosi in giudizio, ha eccepito l’intervenuta prescrizione, ponendo come dies a quo la data della emotrasfusione avvenuta nel 1988.
Il Tribunale ha accolto questa eccezione, sebbene ritenendo un diverso dies a quo, ossia individuandolo nella data di richiesta di indennizzo del 13.12.1995, momento nel quale la ricorrente dimostrava di essere a conoscenza delle cause della epatite.
La ricorrente ha proposto appello, facendo valere, tra l’altro, l’effetto interruttivo di una raccomandata del 2000 (rivolta al Ministero) e la decisione ultra petita del giudice di merito che avrebbe indicato un dies a quo diverso da quello contenuto nella eccezione di parte, alla quale invece il giudice avrebbe dovuto attenersi.
La Corte d’Appello ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre R.C.A. con due motivi. Resiste con controricorso il Ministero. V’è memoria irrituale della ricorrente, in quanto depositata per posta elettronica il 14 settembre 2020.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- La ratio della decisione impugnata, per quanto qui ci riguarda, è duplice: da un lato la corte di merito ritiene che ben poteva il giudice di primo grado individuare un dies a quo diverso da quello fatto valere dalla parte che ha eccepito la prescrizione; per altro verso, che la diffida del 2000 non valeva ad interrompere i termini, trattandosi di una richiesta di indennizzo ex L. n. 210 del 1992 e non già richiesta di risarcimento.
2.- La ricorrente propone due motivi.
Con il primo motivo denuncia violazione degli artt. 102 e 112 c.p.c.. Ritiene che individuando un dies a quo diverso da quello fatto valere dalla parte, il giudice sia andato ultra petita, dovendo invece ritenersi vincolato al termine di decorrenza contenuto nella eccezione del Ministero.
Il motivo è infondato.
Invero è regola che l’eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, ossia l’inerzia del titolare, senza che rilevi l’erronea individuazione del termine applicabile, ovvero del momento iniziale o finale di esso, trattandosi di questione di diritto sulla quale il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte (Cass. 15631/2016; Cass. 11843/2007).
Il Ministero, nella sua difesa, aveva allegato la conoscenza della malattia della ricorrente quale fatto costitutivo della prescrizione, ossia quale fatto da cui far decorrere il termine, e dunque è irrilevante che abbia poi indicato un dies a quo diverso da quello fatto proprio dal giudice.
2.1.- Con il secondo motivo si denuncia difetto di motivazione in ordine ad un fatto controverso e rilevante, quello della natura interruttiva della diffida del 2000.
La ricorrente sostiene che tale atto era volto ad ottenere il risarcimento del danno e non già l’indennizzo ex lege n. 210 del 1992, non rilevando a tale fine il termine utilizzato (indennizzo, appunto, anzichè risarcimento).
Il motivo è infondato ed inoltre non coglie la ratio della decisione impugnata, la quale ricava la sua regola non già dalla terminologia utilizzata nella lettera, bensì dalla circostanza che essa era rivolta a rivendicare l’indennizzo e non il risarcimento dei danni, due istituti diversi e due richieste dunque diverse; la corte osserva come la prima istanza di indennizzo era stata ritenuta tardiva e quella del 2000 ne costituiva semplice rinnovazione.
Del resto, la qualificazione di un atto di volontà e dell’effetto cui è rivolto è accertamento in fatto in quanto tale non sindacabile in sede di legittimità
Il ricorso va rigettato. Spese a carico della soccombente e raddoppiato contributo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 3000,00 Euro, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2020.
Depositato in cancelleria il 6 ottobre 2020