Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21355 del 18/09/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 21355 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 29466 – 2007 proposto da:
POZZONI S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI
RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato VESCI
GERARDO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato DE LEIDI FRANCESCO, giusta delega in
2013

atti;
– ricorrente –

2146

contro

CLIVATI RINA, già elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CARLO POMA 4 SCALA E INT. 1, presso lo studio

Data pubblicazione: 18/09/2013

dell’avvocato MASSIDDA MAURIZIO,

rappresentata e

difesa dall’avvocato SIGNORELLI PIERO, giusta delega
in atti e da ultimo domiciliata presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– controricorrente

di BRESCIA, depositata il 24/11/2006 R.G.N. 477/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/06/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;
udito l’Avvocato MARIA TERESA SPANU per delega VESCI
GERARDO;
udito l’Avvocato ANDREA CIANNAVEI per delega PIERO
SIGNORELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 368/2006 della CORTE D’APPELLO

Udienza 18.6.2013, causa n. 7
R.G. n. 29466/07
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Clivati Rina conveniva avanti il Tribunale di Bergamo la Pozzoni spa chiedendo il risarcimento del
danno derivante da omissione contributiva in relazione ad un rapporto lavorativo già accertato con

misura inferiore a quella che le sarebbe spettata se la datrice di lavoro avesse versato
regolarmente i contributi spettanti. La Pozzoni spa si costituiva chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale di Bergamo condannava la Pozzoni spa a risarcire il danno da omissione contributiva
per il solo periodo 1.9.1964-30.4.1972 quantificandolo in euro 32.200,00. La società dopo l’azione
esecutiva della Clinati corrispondeva la sola somma di euro 24.866, 32 operando una ritenuta
d’acconto pari ad euro 7.427,600. Nel giudizio di opposizione al precetto della debitrice il
Tribunale di Bergamo riteneva spettante l’intera somma richiesta e non dovuta la trattenuta fiscale
operata dalla società. La Corte di appello di Brescia con sentenza del 24.11.1006 rigettava
l’appello della Pozzoni spa ed osservava che la sentenza a monte del Tribunale di Bergamo aveva
riconosciuto la somma di euro 32.200,00 non a titolo di reddito non percepito, ma a titolo di riserva
matematica, cioè nell’importo di cui avrebbe dovuto farsi carico la lavoratrice direttamente per
costituire la detta riserva. Tale somma costituiva la provvista necessaria ad ottenere un beneficio
corrispondente alla pensione attraverso una previdenza sostitutiva ed eventualmente con il
pagamento di quanto occorreva a costituire la rendita di cui all’art. 13 legge n. 1338/1962. Pertanto
la somma corrisposta o non costituiva un reddito ( pensionistico) e pertanto non era tassabile.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Pozzoni con sei motivi; resiste la Clivati con
controricorso; parte ricorrente ha depositato memoria difensiva ex art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si allega la violazione delle disposizioni di legge che impongono che i redditi o i
proventi sostitutivi di reddito siano soggetti ad imposizione fiscale, nella forma della ritenuta alla
fonte, attesa la natura del soggetto percepiente; la violazione dell’art. 46 secondo comma del
Testo Unico sulle imposte dei redditi, come sostituito dall’art. 1 comma 1 D. Lgs 2.9.1997 n. 314, a
decorrere dall’anno 1998.

1

due sentenze passate in cosa giudicata. Sosteneva che la pensione era stata riconosciuta in

Il motivo appare infondato in quanto la Corte territoriale ha già osservato che la somma di cui è
processo è stata corrisposta non in luogo delle pensioni non percepite, ma a titolo di riserva
matematica: si tratta quindi di una provvista necessaria ad ottenere un beneficio corrispondente
alla pensione attraverso una previdenza sostitutiva ed eventualmente attraverso il pagamento di
quanto è necessario per costituire la rendita di cui all’art. 13 legge n. 1338/1962, provvista che non
è assimilabile in alcun modo ad un trattamento pensionistico e retributivo da lavoro, soggetto a
tassazione ( cfr. cass. N. 26990/2005), perché destinata a costituire – su iniziativa del lavoratore- la

senza l’evasione contributiva, quindi in via preliminare rispetto ai futuri trattamenti pensionistici.
Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 6, comma 2 DPR 22.12.1986, n. 917. Si
tratta di proventi percepiti in sostituzione di un trattamento pensionistico alla luce della citata norma
e quindi di redditi da lavoro dipendente.
Anche il motivo che precede appare infondato perché la somma attribuita non ha sostituito a titolo
di risarcimento del danno alcun trattamento pensionistico, ma è stata corrisposta per finalità
diverse e cioè per consentire al lavoratore di accedere ad una previdenza sostitutiva ed
eventualmente poter pagare quanto occorre per costituire la rendita di cui all’art. 13 legge n.
1338/1962. Si tratta di una provvista che è finalizzata a costituire il presupposto per futuri
versamenti di tipo pensionistico, e che quindi non è assimilabile ad un trattamento direttamente o
indirettamente derivato dal rapporto di lavoro.
Con il terzo motivo si allega l’omessa e insufficiente esame di un punto decisivo per non aver
individuato nelle domande della Clivati ( a monte della sentenza del Tribunale di Bergamo n.
299/03) elementi per ritenere che la Clinati avesse chiesto un importo per risarcimento del danno
consistente dalla perdita di redditi di natura pensionistica.
Il motivo appare inammissibile in quanto non è stata prodotta o riprodotta nel contesto del motivo
la sentenza del Tribunale di Bergamo, né si ricostruiscono in alcun modo le domande proposte
dalla Clinati neppure attraverso la produzione del ricorso di questa, in violazione del principio di
autosufficienza del ricorso in cassazione e del disposto di cui all’art. 369 c.p.c.
Con il quarto motivo si allega l’omessa motivazione della sentenza impugnata. Non si erano
considerate le ragioni per cui la somma di cui è causa era- alla luce del Testo unico sui redditisostitutiva di redditi da pensione e quindi assoggettabili a tassazione.

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possibilità di accedere ad un trattamento pensionistico analogo a quello che si sarebbe goduto

Il motivo appare infondato in quanto come già detto supra /a somma attribuita non ha sostituito
alcuna pensione a titolo risarcitorio, ma è stata corrisposta come riseVa matematica costituente
una provvista per il lavoratore avente diverse finalità rispetto a quella di sostituire una pensione
non percepita o percepita a titolo ridotto, consentendo al soggetto- attraverso la provvista- di
accedere ad una previdenza sostitutiva ed eventualmente corrispondendo quanto necessario per
costituire la rendita di cui all’art. 13 legge n. 1338/1962. In altri termini la somma di cui è causa si
pone come presupposto di futuri versamenti, non attribuisce alcun diretto incremento reddituale

Con il quinto motivo si allega la violazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di
assoggettabilità ad imposizione fiscale di redditi da lavoro dipendente, proventi conseguiti in
sostituzione di redditi o importi conseguiti a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di
redditi.
Il motivo è infondato per quanto già detto: la somma di cui è causa è stata attribuita a titolo di
risorsa matematica e quindi non ha sostituito come risarcimento del danno alcuna mancata
corresponsione di trattamenti pensionistici.
Con il sesto motivo si allega l’illogicità, incongruenza e manifesta contraddittorietà della
motivazione della sentenza impugnata. Non sono chiari i passaggi logici della sentenza ed in
particolare non è stata adeguatamente motivata l’interpretazione della sentenza del Tribunale di
Bergamo.
Il motivo appare infondato in quanto la sentenza impugnata indica con chiarezza le ragioni per cui
si è esclusa la tassazione della somma di cui è causa. Relativamente alla doglianza sulla non
idonea e congrua interpretazione della sentenza del Tribunale di Bergamo alla luce delle domande
della Clivati il motivo appare inammissibile in quanto la detta sentenza non è stata prodotta, nécome detto- si sono ricostruite analiticamente le domande proposte, eventualmente attraverso la
produzione o riproduzione (nel contesto del motivo) del ricorso originario. Le censure sono, quindi,
inammissibilmente generiche.
Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese di lite- liquidate come dispositivo della
sentenza- in favore della parte resistente seguono la soccombenza.
P.Q.M.

3

dipendente dal pregresso rapporto di lavoro.

La Corte; rigetta il ricorso. Condanna parte ricorre al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità che si liquidano in euro 50,00 per spese, nonché in euro 3.500,00 per compensi, oltre
accessori.

Così deciso in ROMA, il 18.6.2013

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