Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21355 del 13/08/2019

Cassazione civile sez. I, 13/08/2019, (ud. 09/05/2019, dep. 13/08/2019), n.21355

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25664/2017 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA P.L. DA

PALESTRINA 47, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PAOLO IOSSA,

rappresentato e difeso dall’avvocato GENNARO IOSSA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 150/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 20/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/05/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso depositato in data 11.2.2015, A.S. cittadino nigeriano, impugnava dinanzi al Tribunale di Potenza il provvedimento notificato il 27.1.2015 con cui la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Crotone, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria.

Il ricorrente riferiva di essere nato nel Bonny State, ma di essere cresciuto nell’Edo State, a Esa Center, di essere orfano di padre e con madre cieca e di essere fuggito dalla Nigeria dopo l’esplosione di una bomba ad (OMISSIS), nei pressi del mercato in cui lavorava, precisando che tale attentato era stato organizzato da estremisti musulmani per rappresaglia contro gli aderenti alla religione cristiana.

Si costituiva in giudizio il Ministero chiedendo il rigetto delle domande di parte attrice.

Il Tribunale di Potenza rigettava la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato e la domanda di protezione sussidiaria ed umanitaria.

La Corte d’Appello di Potenza, con la sentenza n. 150/2017 confermava le statuizioni di prime cure.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, A.S., il quale, in prossimità dell’odierna adunanza, ha depositato memoria illustrativa.

Il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo censura la statuizione che ha escluso lo status di rifugiato, denunciando violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,7,8, per avere la sentenza impugnata escluso la protezione internazionale sulla base della sola considerazione che non vi sono pericoli per i cristiani in Nigeria al di fuori della zone del nord-est; si deduce inoltre che la sentenza ha escluso la situazione di pericolo in assenza di ragioni ed accertamenti specifici.

Il secondo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per avere la sentenza impugnata escluso la protezione sussidiaria, in forza di un’ errata rappresentazione della situazione del paese di provenienza del richiedente.

I motivi, che per la loro connessione vanno unitariamente esaminati, sono inammissibili.

Essi tendono, infatti, a sollecitare un riesame, in questa sede, dell’apprezzamento del giudice di merito, effettuato sulla base di fonti internazionali aggiornate, che ha escluso che nella parte meridionale della Nigeria (Edo State) sussista una situazione di violenza indiscriminata e che l’appartenenza alla religione cristiana determini una minaccia grave alla vita o alla persona. E’ sufficiente al riguardo rammentare che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge ed implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 24155 del 2017; 22707 del 2017).

Con il terzo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, in quanto la valutazione di “vulnerabilità” effettuata dal giudice di appello contrasterebbe con il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte.

Il quarto mezzo denuncia omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5), per la mancata valutazione del fatto che il richiedente ha in Italia una posizione di lavoro che può ritenersi stabile e comunque tutt’altro che precaria.

I motivi, che, per la stretta connessione, vanno unitariamente esaminati, sono infondati.

La Corte territoriale, con adeguata valutazione di merito, ha ritenuto non credibili le deduzioni del ricorrente ed ha conseguente ritenuto che non potesse ritenersi provata la situazione di vulnerabilità rappresentata dallo stesso, posto che solo l’attendibilità delle allegazioni consente l’attivazione di poteri officiosi.

Il giudice di appello, in particolare, ha affermato che non risulta provata una situazione di grave compromissione di diritti fondamentali inviolabili correlata alla condizione personale del richiedente, rilevando correttamente che il mero dato della costituzione di un rapporto lavorativo a tempo determinato del richiedente, non correlato ad uno specifico danno subito con il rimpatrio, non è sufficiente ad integrare il presupposto per la concessione della protezione umanitaria.

Il ricorso va dunque respinto e, considerato che il Ministro non ha svolto attività difensiva, non deve provvedersi sulle spese del giudizio. Poichè il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non deve disporsi il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2019

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