Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21354 del 24/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 24/10/2016, (ud. 19/07/2016, dep. 24/10/2016), n.21354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16145/2015 R.G. proposto da:

R.V.G. – c.f. (OMISSIS) – rappresentato e difeso in

virtù di procura speciale a margine del ricorso dall’avvocato

Orlando Mario Candiano ed elettivamente domiciliato in Roma, alla

via Pompeo Magno, n. 2/B, presso lo studio dell’avvocato Giuseppe

Picone;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma. alla via dei Portoghesi. n. 12, elettivamente

domicilia;

– controricorrente –

Avverso il provvedimento dei 20/29.1.2015 della corte d’appello di

Lecce, assunto nel procedimento iscritto al n. 2091/2011 R.G.V.G.;

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 19

luglio 2016 dal consigliere dott. Litigi Abete.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla corte d’appello di Lecce depositato in data 28.12.2011 R.V.G. si doleva per l’eccessiva durata del giudizio introdotto, con ricorso depositato il 15.4.2002, innanzi al tribunale di Bari, “sezione – lavoro”, e non ancora definito alla data di proposizione del ricorso alla corte di Lecce.

Chiedeva che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrispondergli a ristoro dei danni subiti un equo indennizzo indicato in misura pari ad Euro 11.250,00.

Costituitosi, il Ministero della Giustizia non si opponeva all’avversa richiesta; invocava altresì la compensazione delle spese di lite.

Con decreto dei 20/29.1.2015 la corte d’appello di Lecce accoglieva il ricorso per quanto di ragione, condannava il Ministero resistente a pagare al ricorrente per l’irragionevole durata del giudizio presupposto la somma di Euro 4.250,00 oltre interessi; compensava integralmente tra le parti le spese di lite.

A tal ultimo riguardo esplicitava la corte che le spese processuali potevano essere interamente compensate fra le parti “in considerazione della condotta processuale delle stesse e del notevole ridimensionamento nel quantum dell’originaria domanda del ricorrente” (così decreto, pag. 3).

Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso sulla scorta di un unico motivo R.V.G.; ha chiesto che questa Corte ne disponga la parziale cassazione e decida nel merito con condanna del Ministero alle spese e del primo giudizio e del giudizio di legittimità con distrazione in favore del difensore anticipatario.

Il Ministero della Giustizia si è costituito ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c..

Deduce che la riduzione in sede di decisione dell’importo domandato non è sufficiente a uiustiticare la compensazione totale delle spese, “permanendo comunque la sostanziale soccombenza della controparte” (così ricorso, pag. 3); che, al contempo, a nulla rileva la mancata contestazione dell’azionata pretesa, giacchè, comunque, il Ministero non si era offerto di pagare la minor somma poi riconosciuta dalla corte di merito.

Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.

Si rappresenta, previamente, quanto segue.

Per un verso, che i giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, proposti ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non si sottraggono all’applicazione delle regole poste, in tema di spese processuali, dall’art. 91 c.p.c. e ss., (cfr. Cass. 22.1.2010, n. 1101).

Per altro verso, che il presente giudizio di “equa riparazione” è stato introdotto con ricorso depositato il 28.12.2011 (cfr. ricorso, pag. 1), sicchè nella fattispecie riveste valenza il dettato dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione (“se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”) susseguente alla “novella” di cui alla L. n. 69 del 2009, (applicabile ai procedimenti instaurati successivamente al 4.7.2009).

In questi termini deve, in primo luogo, disconoscersi che nella fattispecie si configurasse soccombenza reciproca.

Rileva a tal fine l’insegnamento da questa Corte formulato sullo specifico terreno del procedimento di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 ed a tenor del quale la liquidazione dell’indennizzo in misura inferiore a quella richiesta dalla parte, per l’applicazione, da parte del giudice, di un moltiplicatore annuo diverso da quello invocato dall’attore, non integra un’ipotesi di accoglimento parziale della domanda che legittima la compensazione delle spese, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, poichè, in assenza di strumenti di predeterminazione anticipata del danno e del suo ammontare, spetta al giudice individuare in maniera autonoma l’indennizzo dovuto, secondo criteri che sfuggono alla previsione della parte, la quale, nel precisare l’ammontare della somma richiesta a titolo di danno non patrimonialem non completa il “petitum” della domanda sotto il profilo quantitativo, ma soltanto sollecita, a prescindere dalle espressioni utilizzate, l’esercizio di un potere ufficioso di liquidazione (Cfr. Cass. 16.7.2015, n. 14976).

Negli stessi termini dapprima menzionati deve, in secondo luogo, disconoscersi che il comportamento processuale “non oppositivo” del Ministero valesse ad integrare gli estremi delle “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicare esplicitamente nella motivazione, postulate dall’art. 92 c.p.c., comma 2, ai fini della legittimità di una sia pur parziale compensazione delle spese.

Invero, questa Corte spiega che la mancata opposizione dell’Amministrazione alla domanda di equa di riparazione rivolta nei suoi confronti non giustifica, di per sè, la compensazione delle corrispondenti spese processuali, allorchè comunque l’istante sia stato costretto ad adire il giudice per ottenere il riconoscimento del diritto (cfr. Cass. 17.10.2013. n. 23632).

In accoglimento dell’esperito ricorso va quindi cassato il provvedimento dei 20/29.1.2015 della corte d’appello di Lecce nella parte e limitatamente alla parte in cui ha disposto la compensazione delle spese del giudizio.

In ogni caso. giacchè non si prospetta la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, nulla osta a che questa Corte, con statuizione “nel merito” ex art. 384 c.p.c., comma 2, ultima parte, espunga dal decreto dei 20/29.1.2015 della corte di Lecce la disposta compensazione delle spese del giudizio e condanni il Ministero della Giustizia al pagamento delle medesime spese nella misura quale indicata in dispositivo con distrazione in favore dell’avvocato Orlando Mario Candiano, difensore anticipatario del ricorrente.

L’accoglimento del ricorso giustifica la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore dell’avvocato Orlando Mario Candiano, difensore anticipatario del ricorrente. La liquidazione segue come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001. Il che rende inapplicabile comunque – al di là dell’accoglimento del ricorso – il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, a decorrere dall’1.1.2013) (cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915).

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa il provvedimento dei 20/29.1.2015 della corte d’appello di Lecce nella parte e limitatamente alla parte in cui ha disposto la compensazione delle spese del giudizio e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia a pagare all’avvocato Orlando Mario Candiano, difensore anticipatario del ricorrente, le spese del giudizio (definito, appunto, con il decreto dei 20/29.1.2015), che si liquidano, per compensi, in Euro 915,00, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge; condanna il Ministero della Giustizia a pagare all’avvocato Orlando Mario Candiano, difensore anticipatario del ricorrente, le spese del presente giudizio di legittimità, che si cassa come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 2 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2016

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