Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21354 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/10/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 06/10/2020), n.21354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2293-2019 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’avvocato

CASERTA DANIELE;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona dei Procuratori pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DELLA VITTORIA 9,

presso lo studio dell’avvocato ARIETA GIOVANNI, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

contro

BANCO BPM SPA già BANCA POPOLARE DI NOVARA SPA, in persona del

Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ARPAIA ANTONELLA;

– controricorrente –

Contro

E.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3600/2018 della CORTE DI APPELLO di NAPOLI,

depositata il 17/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CRIGENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente, C.G., è stato citato in giudizio dalla Banca Popolare di Novara spa, ora BPM per aver redatto erroneamente tre perizie di stima di immobili per i quali la banca si accingeva a concedere mutuo agli acquirenti.

Secondo l’istituto bancario l’ingegnere ha errato sulla dimensione degli immobili, in tutto tre, indicandoli come notevolmente superiori alla loro effettiva dimensione (in alcuni casi il doppio ed il triplo), inducendo quindi la banca a concedere mutui di maggior valore rispetto al bene (tenuto in garanzia da ipoteca) e cosi facendo si che la medesima banca non riuscisse poi a recuperare il finanziamento connesso, dopo che i mutuatari si sono resi inadempienti.

Il C. si è difeso ritenendo frutto di mera svista l’indicazione di superfici e valori superiori al reale, ed ha chiamato in garanzia le Assicurazioni Generali, con cui aveva una polizza a garanzia degli errori professionali; la compagnia si è costituita eccependo l’inefficacia della polizza per via del dolo dell’assicurato.

Sia il Tribunale che la Corte di appello hanno accolto la domanda della banca, ritenendo peraltro che la condotta dell’ingegnere fosse dolosa, tanto evidente era lo scarto di valore degli immobili, e soprattutto, della loro superficie, e lo hanno condannato al risarcimento dei danni in favore dell’istituto creditizio, escludendo peraltro la copertura assicurativa, proprio in ragione della natura dolosa della condotta. Ricorre il C. con tre motivi. V’è controricorso sia della Banca che dell’avente causa di Assicurazioni generali Italia spa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata, che conferma integralmente il primo grado, è nel senso che poichè la misurazione della superficie era attività semplice, e poichè lo scarto tra quella reale e quella ritenuta dal C. era davvero notevole (il doppio, il triplo), se ne doveva dedurre che l’ingegnere aveva agito con dolo, certo, ossia, di stare rappresentando alla banca una situazione difforme da quella reale. Accertamento, questo, che ha indotto il giudice di merito ad accogliere la tesi della compagnia di assicurazione circa l’inefficacia della copertura.

2.- Il ricorrente propone tre motivi.

2.1.- Con il primo motivo lamenta violazione dell’art. 345 c.p.c. Secondo la sua tesi, la corte di merito avrebbe errato nel ritenere tardiva l’eccezione di responsabilità solidale dei funzionari della banca e del notaio.

Aggiunge il ricorrente che l’avere ritenuto dolosa la condotta avrebbe dovuto portare necessariamente a ritenere il concorso di terzi.

Il motivo è inammissibile.

Non è chiaro cosa si censuri intanto in primo luogo, difettano le condizioni dell’interesse del condebitore per il mancato riconoscimento del concorso di altri (Cass. SU 15279/17).

Inoltre se la censura riguarda la ratio sulla tardività della eccezione, essa è infondata, in quanto da un lato correttamente la corte di merito ha giudicato inammissibile l’eccezione di responsabilità solidale, sia perchè (e non risulta diversamente, ossia il ricorrente non allega diversa indicazione) proposta per la prima volta in appello, sia perchè gli eventuali responsabili in solido non sono mai stati evocati in giudizio. E’ inammissibile nella parte in cui non coglie la ratio effettiva della decisione, che sta nel ritenere irrilevante comunque l’eccezione di responsabilità solidale di terzi, nel senso che, anche ammesso che tale eccezione potesse dirsi tempestiva, è nel diritto del creditore agire verso uno solo dei condebitori in solido, con conseguente legittimità della domanda verso il solo ricorrente.

Se infine il motivo mira a censurare il procedimento logico, ossia ad affermare che, logicamente, se si ritiene il dolo devono esserci corresponsabili, esso è viziato di sè, e dunque infondato, in quanto nulla impone di ritenere le condotte dolose per forza solidali con altre, ben potendo esservi condotte dolose singole o potendo avere esclusiva efficienza causale quella di una sola persona.

2.- Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 599,234,235 e 2697 c.c. in tema di onere della prova e uso delle presunzioni.

Il ricorrente denuncia come scorretto il ricorso alle presunzioni da parte della corte di merito, la quale avrebbe dedotto il dolo da una serie di elementi non indicativi affatto di quello stato soggettivo.

Il motivo e intanto inammissibile, in quanto contesta un accertamento) in fatto rimesso alla valutazione discrezionale della corte di merito; per altri versi è infondato in quanto, ed è l’unico profilo di legittimità rilevante, la corte fa ricorso ad indici presuntivi del dolo (che ovviamente è elemento psicologico che si può provare per presunzioni), e tra questi motiva la scelta: il fatto che non sia mai andato ad effettuare misurazioni; il fatto che la superficie da lui dichiarata era notevolmente superiore a quella effettiva.

Inoltre, il motivo non coglie la ratio della decisione impugnata quanto a ripartizione dell’onere della prova, considerato che la corte di merito (p. 4) prende atto della ammissione del C. di aver sbagliato nella misurazione, e, ritenendo questa affermazione come l’ammissione di un inadempimento contrattuale, rileva come, l’onere di dimostrare la non imputabilità spettasse proprio al ricorrente (art. 1218 c.c.).

3.- il terzo motivo denuncia omesso esame. Il fatto trascurato dalla corte sarebbe costituito dalla rilevanza della condotta della banca, quale concorrente nella vicenda.

Il motivo è infondato.

Innanzitutto, non coglie la ratio della decisione, che è nel senso di ritenere sufficiente la sola responsabilità del ricorrente ai fini della fondatezza dell’azione di risarcimento, avendo il creditore diritto di agire verso uno solo dei condebitori in solido.

Infine, è infondato in quanto la corte, non ha omesso, ma ha preso in esame la questione del coinvolgimento della banca ritenendo tardiva la questione posta dal ricorrente, ed inoltre ritenendola irrilevante, proprio in ragione della sufficiente presenza in giudizio di uno solo dei responsabili in solido.

Il ricorso va rigettato con condanna alle spese. Doppio contributo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in 3000,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali, per ciascuna parte. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2020.

Depositato in cancelleria il 6 ottobre 2020

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