Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21353 del 18/09/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 21353 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 14381-2007 proposto da:
PAPPALARDO BRUNO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA G. BELLONI 78, presso lo studio dell’avvocato
ELISABETTA ANAGNI, rappresentato e difeso dagli
avvocati GRILLO SERGIO, DE QUATTRO ADELE, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2013
2140

contro

MINISTERO DELL’ ISTRUZIONE, DELL UNIVERSITA’ E DELLA
RICERCA, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 18/09/2013

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA
DEI PORTOGHESI, 12;
– resistente –

avverso la sentenza n. 2067/2006 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 16/06/2006 r.g.n. 971/05

udienza del 18/06/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
MAMMONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

1. Con il ricorso per cassazione si chiede l’annullamento della sentenza di
appello che ha negato il diritto di parte ricorrente al riconoscimento integrale
dell’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza da parte del
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR).
2. La medesima questione è stata già decisa da Cass. 12 ottobre 2011, n. 20980
e Cass. 14 ottobre 2011, n. 21282, cui si rinvia per una motivazione più
analitica. In estrema sintesi, deve qui rilevarsi quanto segue.
3. La controversia concerne il trattamento giuridico ed economico del
personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) della scuola trasferito
dagli enti locali al Ministero in base all’art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124.
4. Tale norma fu oggetto di un vasto contenzioso concernente,
specificamente, l’applicazione che della stessa venne data dal decreto del
Ministro della pubblica istruzione 5 aprile 2001, che recepì l’accordo stipulato
tra l’ARAN e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali in data 20 luglio
2000. Le controversie giudiziarie riguardarono in particolare la possibilità di
incidere, su di una norma di rango legislativo, da parte di un accordo sindacale
poi recepito in decreto ministeriale. La giurisprudenza si orientò in senso
negativo, sebbene con percorsi argomentativi diversi (exp/urimis, Cfr. Cass., 17
febbraio 2005, n. 3224; 4 marzo 2005, n. 4722, nonché 27 settembre 2005, n.
18829; Da ultimo, sul punto, cfr. Cass., 14 marzo 2012, n. 4045).
5. Intervenne il legislatore, dettando il comma 218 dell’art. 1 della legge n. 266
del 2005 (finanziaria del 2006), che recepì, a sua volta, i contenuti dell’accordo
sindacale e del decreto ministeriale. Il legislatore elevò, quindi, a rango di legge
la previsione dell’autonomia collettiva.
6. Si sostenne, da un lato, che tale norma non avesse efficacia retroattiva e,
dall’altro, che se dotata di efficacia retroattiva, fosse incostituzionale sotto
molteplici profili. Entrambe le posizioni sono state giudicate non fondate.
L’efficacia retroattiva è stata affermata da questa Corte (per tutte, S.U., 8
agosto 2011, n. 17076) e dalla Corte costituzionale (sentenza n. 234 del 2007).
L’incostituzionalità è stata esclusa in quattro interventi del giudice delle leggi
(Corte cost. n. 234 e n. 400 del 2007; n. 212 del 2008; n. 311 del 2009). Per tali
motivi, ricorsi di contenuto analogo a quello qui considerato, sono stati
respinti (cfr. per tutte, Cass., 9 novembre 2010, n. 22751).
7. E’ poi intervenuta la Corte di giustizia dell’Unione europea (Grande
sezione) con la sentenza 6 settembre 2011 (procedimento C-108/10,
Scattolon), emessa su domanda di pronuncia pregiudiziale in merito
all’interpretazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977,
77/187/CEE.
8. La Corte ha risposto a quattro questioni poste dal Tribunale di Venezia. La
prima consisteva nello stabilire se il fenomeno successorio disciplinato dall’art.
8 della legge 124 del 1999, costituisca un trail-erimento d’impresa ai sensi della
normativa dell’Unione relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori. La
1. Pappalardo Bruno c. MIUR ed altro (r.g. 14381/07)

Ragioni della decisione

1. Pappalardo Bruno c. MIUR ed altro (r.g. 14381/07)

soluzione è affermativa (“La riassunzione, da parte di una pubblica autorità di
uno Stato membro, del personale dipendente di un’altra pubblica autorità,
addetto alla fornitura, presso le scuole, di servizi ausiliari comprendenti, in
particolare, compiti di custodia e assistenza amministrativa, costituisce un
trasferimento di impresa ai sensi della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977,
77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di
trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, quando detto
personale è costituito da un complesso strutturato di impiegati tutelati in
qualità di lavoratori in forza dell’ordinamento giuridico nazionale di detto
Stato membro”).
9. Con la seconda e la terza questione si chiedeva alla Corte di stabilire: -se la
continuità del rapporto di cui all’art. 3, n. 1 della 77/187 deve essere
interpretata nel senso di una quantificazione dei trattamenti economici
collegati presso il cessionario all’anzianità di servizio che tenga conto di tutti
gli anni effettuati dal personale trasferito anche di quelli svolti alle dipendenze
del cedente (seconda questione); -se tra i diritti del lavoratore che si
trasferiscono al cessionario rientrano anche posizioni di vantaggio conseguite
dal lavoratore presso il cedente quale l’anzianità di servizio se a questa
risultano collegati nella contrattazione collettiva vigente presso il cessionario,
diritti di carattere economico (terza questione).
10. Il dispositivo della decisione è: “quando un trasferimento ai sensi della
direttiva 77/187 porta all’applicazione immediata, ai lavoratori trasferiti, del
contratto collettivo vigente presso il cessionario e inoltre le condizioni
retributive previste da questo contratto sono collegate segnatamente
all’anzianità lavorativa, l’art. 3 di detta direttiva osta a che i lavoratori trasferiti
subiscano, rispetto alla loro posizione immediatamente precedente al
trasferimento, un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato
riconoscimento dell’anzianità da loro maturata presso il cedente, equivalente a
quella maturata da altri lavoratori alle dipendenze del cessionario, all’atto della
determinazione della loro posizione retributiva di partenza presso
quest’ultimo. È compito del giudice del rinvio esaminare se, all’atto del
trasferimento in questione nella causa principale, si sia verificato un siffatto
peggioramento retributivo”.
11. Il giudice nazionale è quindi chiamato dalla Corte di giustizia ad accertare
se, a causa del mancato riconoscimento integrale dell’anzianità maturata presso
l’ente cedente, il lavoratore trasferito abbia subito un peggioramento retributivo.
12. In motivazione la Corte rileva che, una volta inquadrato nel concetto di
trasferimento d’azienda e quindi assoggettato alla direttiva 77/187, al
trasferimento degli ATA si applica non solo il n. 1 dell’art. 3 della direttiva, ma
anche il n. 2, disposizione che riguarda segnatamente l’ipotesi in cui
l’applicazione del contratto in vigore presso il cedente venga abbandonata a
favore di quello in vigore presso il cessionario (come nel caso in esame). Il
cessionario ha diritto di applicare sin dalla data del trasferimento le condizioni
di lavoro previste dal contratto collettivo per lui vigente, ivi comprese quelle

1. Pappalardo Bruno c. MIUR ed altro (r.g. 14381/07)

-3-

concernenti la retribuzione (punto n. 74 della sentenza). Ciò premesso, la
Corte sottolinea che gli Stati dell’Unione, pur con un margine di elasticità,
devono attenersi allo scopo della direttiva, consistente “nell’impedire che i
lavoratori coinvolti in un trasferimento siano collocati in una posizione meno
favorevole per il solo fatto del trasferimento” (n. 75, il concetto è ribadito al n.
77 in cui si precisa che la direttiva “ha il solo scopo di evitare che determinati
lavoratori siano collocati, per il solo fatto del trasferimento verso un altro
datore di lavoro, in una posizione sfavorevole rispetto a quella di cui
godevano precedentemente”).
13. Quindi, nella definizione delle singole controversie, è necessario stabilire se
si è in presenza di condizioni meno favorevoli. A tal fine, il giudice del rinvio
deve osservare i seguenti criteri.
a) Quanto ai soggetti la cui posizione va comparata, il confronto è con le
condizioni immediatamente antecedenti al trasferimento dello stesso
lavoratore trasferito (così il n. 75 e, al n. 77, si precisa “posizione sfavorevole
rispetto a quella di cui godevano prima del trasferimento”. Idem nn. 82 e 83).
Al contrario, non ostano eventuali disparità con i lavoratori che all’atto del
trasferimento erano già in servizio presso il cessionario (n. 77).
b) Quanto alle modalità, si deve trattare di peggioramento retributivo sostanziale
(così il dispositivo) ed il confronto tra le condizioni deve essere ‘globale’ (n.
76: “condizioni globalmente meno favorevoli”; n. 82: “posizione globalmente
sfavorevole”), quindi non limitato allo specifico istituto.
c) Quanto al momento da prendere in considerazione, il confronto deve essere
fatto all’atto del trasferimento (nn. 82 e 84, oltre che nel dispositivo: “all’atto della
determinazione della loro posizione retributiva di partenza”).
14. La quarta ed ultima questione posta dal Tribunale di Venezia atteneva alla
conformità della disciplina italiana e specificamente del comma 218 dell’art. 1
della finanziaria 2006, all’art. 6, n. 2 TUE in combinato disposto con gli artt. 6
della CEDU e 46, 47 e 52 n. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, come recepiti nel Trattato di
Lisbona.
15. La Corte, dando atto della pronunzia emessa il 7 giugno 2011 dalla Corte
europea dei diritti dell’uomo (sentenza Agrati), ha statuito che “vista la
risposta data alla seconda ed alla terza questione, non c’è più bisogno di
esaminare se la normativa nazionale in oggetto, quale applicata alla ricorrente
nella causa principale, violi i principi” di cui alle norme su indicate.
16. In sintesi, pertanto, la Corte di giustizia ha ritenuto che: si verte nell’ambito
del diritto dell’Unione europea; di conseguenza, la normativa nazionale in
esame deve essere interpretata alla luce del diritto dell’Unione europea;
l’interpretazione orientata alla luce del diritto europeo comporta che il
passaggio alle dipendenze dello Stato non può determinare per il lavoratore
condizioni meno favorevoli; la relativa verifica spetta al giudice nazionale;
ulteriore conseguenza di questa impostazione è l’assorbimento del problema
della conformità della norma in questione all’art. 6 del TUE in combinato
disposto con le norme della CEDU e della Carta di Nizza, come recepite nel

1. Pappalardo Bruno c. MIUR ed altro (r.g. 14381/07)

Trattato di Lisbona, problema esaminato dalla sentenza Agrati della CEDU,
precedente alla sentenza della Corte di giustizia e da quest’ultima considerata.
17. La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea incide sul presente
giudizio. In base agli artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione, il
giudice nazionale e, prima ancora, l’amministrazione, hanno il potere-dovere
di dare immediata applicazione alle norme della Unione europea provviste di
effetto diretto, con i soli limiti derivanti dai principi fondamentali dell’assetto
costituzionale dello Stato ovvero dei diritti inalienabili della persona, nel cui
ambito resta ferma la possibilità del controllo di costituzionalità (cfr, per tutte,
Corte cost. sentenze n. 183 del 1973 e n. 170 del 1984; ordinanza n. 536 del
1995 nonché, da ultimo, sentenze n. 284 del 2007, n. 227 del 2010, n. 288 del
2010, n. 80 del 2011). L’obbligo di applicazione è stato riconosciuto anche nei
confronti delle sentenze interpretative della Corte di giustizia (emanate in via
pregiudiziale o a seguito di procedura di infrazione) ove riguardino norme
europee direttamente applicabili (cfr. Corte cost. sentenze n. 113 del 1985, n.
389 del 1989 e n. 168 del 1991, nonché, sull’onere di interpretazione conforme
al diritto dell’Unione, sentenze n. 28 del 2010 e n. 190 del 2000).
18. Tutto ciò implica che la decisione della presente controversia deve
avvenire sulla base della suindicata interpretazione della normativa nazionale
orientata dal diritto europeo, come si è già messo in evidenza nelle sentenze
nn. 20980 e 21282 del 2011, nonché n. 12051 del 2012.
19. L’interpretazione della norma che regola la materia in senso conforme al
diritto europeo, esclude la possibilità di disapplicarla o di sottoporla
nuovamente al giudizio della Corte di giustizia dell’Unione europea, che si è
espressa, su tutti i profili della sua compatibilità con il diritto europeo,
compreso quello, posto con il quarto quesito dal Tribunale di Venezia,
valutato dalla CGUE considerando espressamente anche il giudizio e gli
argomenti formulati dalla Corte EDU nella sentenza Agrati. La pronuncia
della CGUE si colloca in ambiente normativo già caratterizzato dall’entrata in
vigore del Trattato di Lisbona ed è stata seguita dalla sentenza 24 aprile 2012,
nella causa C-571.10, Servet Kamberaj c. Istituto per tedilkia sodale della provincia
autonoma di Bokano e altri, che si è espressa sul rapporto tra norme nazionali e
convenzione europea affermando: “il rinvio operato dall’art. 6, par. 3, TUE
alla CEDU non impone al giudice nazionale, in caso di conflitto tra una
norma di diritto nazionale e detta convenzione, di applicare direttamente le
disposizioni di quest’ultima, disapplicando la norma di diritto nazionale in
contrasto con essa”. Analogamente, la Corte costituzionale italiana ha escluso
che l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona abbia comportato un
mutamento della collocazione delle disposizioni della CEDU nel sistema delle
fonti (Corte cost. n. 80 del 2011, Cass. sez. un., n. 9595 del 2012), sicché il
giudice comune non ha il potere di disapplicare direttamente norme interne
ritenendole contrastanti con la convenzione. Il rimedio in questi casi è
costituito dal giudizio di legittimità costituzionale.
20. Nel caso in esame non è ammissibile una reiterazione della questione di
legittimità costituzionale per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. in

Per questi. motivi
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le
spese alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in data 18 giugno 2013
Il Presid n

relazione ai vincoli derivanti dalla CEDU. La Corte costituzionale italiana, su
sollecitazione di questa Corte di cassazione, si è già espressa sulla specifica
questione con la decisione n. 311 del 2009, che, sebbene antecedente alla
sentenza Agrati, considera i medesimi problemi, prendendo posizione non
solo sulla sussistenza nel caso in esame dei “motivi imperativi di interesse
generale”, ma anche, più in generale, sulla competenza a valutarli. Peraltro,
rispetto al momento in cui è stata esaminata dalla Corte costituzionale, la
questione si è fortemente attenuata anche in termini di rilevanza, in
conseguenza della interpretazione conforme al diritto dell’Unione europea
fornita dalla Corte di giustizia.
21. Tale interpretazione comporta, nel caso in esame, raccoglimento del
ricorso di parte ricorrente con rinvio al giudice di merito, il quale dovrà
verificare, in concreto, il rispetto della normativa come interpretata dalla Corte
di giustizia europea.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA