Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21352 del 21/10/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 21352 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: LA TORRE MARIA ENZA

SENTENZA

sul ricorso 7389-2010 proposto da:
CORVARA IMMOBILIARE SRL in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA CORSO TRIESTE 16, presso lo studio
dell’avvocato FRANCESCO SAVERIO FORTUNA, che lo
rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 21/10/2015

EQUITALIA GERIT SPA in persona dell’Amm.re Delegato
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato
DONATELLA CARLETTI, che lo rappresenta e difende
giusta delega in calce;
controricorrenti

avverso la sentenza n. 13/2009 della COMM.TRIB.REG. di
ROMA, depositata il 28/01/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/04/2015 dal Consigliere Dott. MARIA
ENZA LA TORRE;
udito per il ricorrente l’Avvocato SAVARESE per delega
dell’Avvocato FORTUNA che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato DETTORI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

CORVARA IMMOBILIARE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,
ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza della CTR Lazio 13/14/09 dep.
28.1.2009 che, confermando la decisione di primo grado, ha rigettato l’appello
proposto dalla società contro la cartella di pagamento notificata ai sensi dell’art. 36

all’anno d’imposta 2000.
L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso, rilevando l’inammissibilità e
l’infondatezza dei motivi del ricorso e chiedendone la reiezione.
Motivi della decisione
1.Col primo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. per
mancanza della necessaria corrispondenza fra chiesto e pronunciato, in contrasto con
l’art. 112 c.p.c., nonché per violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omessa motivazione
su un punto decisivo della controversia, attinente la denunciata carenza di
motivazione e il mancato invio dell’avviso bonario fin dal primo grado di giudizio.
2.11 motivo è inammissibile.
Tra i requisiti, richiesti a pena d’inammissibilità, in relazione alla data della sentenza
impugnata (depositata il 28.1.2009 e quindi dopo il 2.3.2006, ma prima dell’entrata in
vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, giusti gli artt. 47 e 50 di detta legge: cfr. Cass. n.
5447/2010), vi è anche quello della formulazione dei quesiti, ex art. 366 bis c.p.c., che
impone la redazione di un quesito di diritto idoneo a conclusione di ciascun motivo di
ricorso. Tale non è il quesito col quale la ricorrente chiede a questa Corte:”se sia

rilevabile l’effettiva inosservanza dell’art. 112 c.p.c. perpetrata dai giudici di merito
per la mancata pronunzia sull’eccezione mossa, in entrambi i gradi di giudizio,
concernente l’illegittimità della cartella e delle successive sentenze, per difetto di
motivazione e se, effettivamente, sia individuabile la dedotta violazione processuale”.
In tal modo, infatti, la ricorrente, senza idoneo chiarimento sul contenuto della
doglianza (in che cosa sia consistita l’omessa pronuncia) denunciato il vizio di omessa
pronuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 5 c.p.c. , e non, correttamente, ai sensi
dell’art. 360 n. 4 c.p.c.. Ciò contro il principio della l’indispensabilità di un’articolazione

R.G.N. 73$9/10

bis d.P.R. 600/73 per il recupero di un credito indebitamente compensato, relativo

t
,

del ricorso per cassazione in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed
inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata
disposizione, principio che, anche inteso in senso non formalistico, è violato nel caso
di specie, ove manca un univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla
relativa omissione (Cass. S.0 n. 17931 del 2013). Esso risulta inoltre formulato nel
solco di una regola normativa riportata in modo astratto e generico: sicché, nei detti

tra l’enunciazione del principio giuridico generale richiamato e la soluzione del caso
specifico (e v. infatti, ex multis, S. U. n. 14385/07; n. 4329/09; n. 4146/2011; n.
10758/2013).
3. Col secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 360 n. 4 c.p.c. in relazione
all’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia su un motivo di appello e conseguente error

in procedendo, nonché la violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c., per omessa insufficiente e
contraddittoria motivazione della sentenza di appello.
4. L’anzidetto motivo è anch’esso soggetto alla declaratoria di inammissibilità per
difetto nella formulazione del quesito di diritto, in quanto si denuncia sia il difetto di
motivazione della sentenza di merito – in relazione alla doglianza sulla mancanza di
motivazione della cartella – sia la contraddittorietà della motivazione della sentenza
impugnata, che “non mette in relazione la corretta data di notifica e la conclusione cui

perviene in ordine al rispetto dei termini per portarla a conoscenza della ricorrente”
senza motivare sulla applicabilità del termine quinquennale (anziché di quello
triennale) per la notifica ex art. 36 bis. È sul punto stabile l’insegnamento di questa
Corte, come ribadito dalle S.U. (n. 9935/14), che è inammissibile il quesito formulato
in termini tali da richiedere una previa attività interpretativa della Corte, come accade
nell’ipotesi in cui sia proposto, come in questo caso, un quesito multiplo, la cui
formulazione imponga alla Corte di sostituirsi al ricorrente mediante una preventiva
opera di semplificazione, per poi procedere alle singole risposte che potrebbero
essere tra loro diversificate (Cass. n. 1013/2015; n. 23925/14; n. 28453/13; n.
1906/08).
5. Col terzo motivo si deduce violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. per errata applicazione
di norme di legge (artt. 6 e 7 I. 212/2000 e art. 36 bis d.P.R. 600/73), non avendo

R.G.N. 73t9/10

termini, il quesito non riesce a integrare — come dovrebbe- il punto di congiunzione

l’Ufficio inviato l’avviso bonario prima della iscrizione a ruolo, con conseguente
impossibilità per la contribuente di avvalersi della riduzione delle sanzioni; oltre che
incidendo tale omissione sulla mancanza di chiarezza e di motivazione dell’atto
impositivo.
6. Il motivo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, non
avendo la ricorrente riportato il tratto dei ricorsi di merito nei quali avrebbe addotto

giudice del merito sarebbe incorso rispetto a quanto dedotto dalla parte, senza
costringere la stessa all’esame diretto degli atti relativi, peraltro precluso in sede di
legittimità. A ciò si aggiunga, con specifico riferimento alla doglianza sulle
conseguenze della impossibilità per la contribuente di avvalersi della riduzione delle
sanzioni che, come espressamente affermato a pag. 18 del ricorso, il rilievo non è mai
stato esplicitamente evidenziato negli scritti difensivi. È appena il caso, peraltro, di
rilevare che il motivo sarebbe in ogni caso infondato, in quanto, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte (n. 27299 del 2014; n. 6687 del 2015), in relazione alla
procedura automatizzata di cui all’art. 36 bis D.P.R. n. 600 del 1973, procedura
semplicemente fondata sul matematico confronto tra il dichiarato ed il non riscosso
che non richiede un particolare onere di motivazione (ex multis Cass. n. 22402/2014),
l’obbligo di invio dell’avviso bonario sussiste solo ove vi sia — e non risulta nel caso in

esame

quella “incertezza” su aspetti rilevanti della dichiarazione dei redditi che la

cit. L. n. 212 del 2000, art. 6, indica come presupposto ex lege dell’obbligatorio
instaurarsi del contraddittorio.
6. Il ricorso deve essere pertanto respinto, con condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

la doglianza, onde porre la Corte nella condizione di verificare la lacuna, nella quale il

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali liquidate in C. 8.000/00 oltre spese liquidate a debito.
Deciso in Roma il 16 aprile 2015
Il

nsigliere estens9-oe

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

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