Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21352 del 18/09/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 21352 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA

sul ricorso 19168-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e
difesa dall’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega in
2013

atti;
– ricorrente –

2037

contro

TEMPERANZA ELENA;
– intimata –

Data pubblicazione: 18/09/2013

avverso la sentenza n. 889/2007 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 13/07/2007 R.G.N. 306/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/06/2013 dal Consigliere Dott. IRENE
TRICOMI;

PAOLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega TOSI

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La
Corte
d’Appello
di Torino, con la sentenza n. 889/07 del 13 luglio 2007,
1.
rigettava l’impugnazione proposta dalla società Poste Italiane spa nei confronti di
Temperanza Elena, avverso la sentenza n. 55/2006 emessa dal Tribunale di Novara.
2. Il Tribunale aveva accolto la domanda proposta dalla lavoratrice
dichiarando la nullità del termine finale apposto al contratto concluso tra le parti in
relazione al periodo 6 febbraio 2002-30 aprile 2002, e che tra le parti si era costituito
un rapporto a tempo indeterminato.
Il Tribunale, altresì, condannava la società al pagamento delle retribuzioni
maturate dal 18 aprile 2005 (ricezione richiesta tentativo obbligatorio di
conciliazione), oltre accessori, dedotto l’aliunde perceptum.
3. Per la cassazione della sentenza resa in secondo grado ricorre Poste Italiane
spa prospettando due motivi di ricorso, assistiti dai prescritti quesiti di diritto.
4. L’intimata non ha svolto difese.
5. Poste italiane ha depositato memoria in prossimità dell’udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Motivazione semplificata.
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione
dell’art. 1 del d.lgs. n. 368/01; omessa e insufficiente motivazione circa un fatto
controverso decisivo per il giudizio.
La ricorrente censura la ritenuta genericità delle ragioni giustificative del
termine.
Ed infatti, il contratto a termine in questione, soddisferebbe tale requisito
nel richiamare esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere
straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, anche derivati da
innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione delle previsioni di cui
agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002,
soprattutto laddove tali esigenze sono sostanzialmente le stesse su tutto il territorio
nazionale ed in ogni ambito produttivo.
La Corte d’Appello, avrebbe ignorato che nel contratto di assunzione
vengono richiamate quali esigenze giustificatrici del termine anche quelle derivanti
dall’attuazione dei suddetti specifici accordi sindacali.
1.1. Il motivo non è fondato
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare: l’apposizione di un
termine al contratto di lavoro, consentita dall’art. 1 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368
a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che
devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone al
datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di
assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle
stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare
attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un
determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da rendere
evidente la specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le
esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la
utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica
ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa. Spetta al giudice di merito
accertare – con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici,
resta esente dal sindacato di legittimità – la sussistenza di tali presupposti, valutando
ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni
specificamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi

gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto
costitutivo del rapporto (Cass. n. 10033 del 2010).
Nella specie, la Corte d’Appello, con congrua motivazione, che si sottrae alle
censure, facendo corretta applicazione del suddetto principio di diritto, ha rilevato
come il contratto di lavoro a termine faceva generico riferimento ad esigenze
“tecniche, organizzative e produttive” di vario genere, determinate dai processi di
riorganizzazione in atto ovvero conseguenti alla introduzione e sperimentazione di
nuove tecnologie o all’attuazione di vari accordi sindacali, sicchè non soltanto non
indicava quale, fra tutte queste ragioni fosse in concreto quella che legittimava
l’assunzione a termine in oggetto, ma neppure specificava quali fossero i motivi per
cui presso l’ufficio di destinazione della lavoratrice (CPO di Novara- Settore
recapito) si rendesse necessario l’apporto lavorativo di un dipendente a tempo
determinato.
La Corte d’Appello, dunque, ha preso in esame gli Accordi, ma ha
correttamente ritenuto la mancanza di specificità, anche in relazione all’ufficio di
destinazione della lavoratrice.
2. Con il secondo motivo di impugnazione è dedotta violazione e falsa
applicazione dell’ art. 12 disp. att. legge in generale, art. 1419 cc., art. 1 del d.lgs. n.
368 del 2001, art. 115 cpc.
La Corte d’Appello sarebbe incorsa in omissione di pronuncia in relazione
all’eccezione di essa società sulle conseguenze della dichiarazione di illegittimità del
termine.
Erroneamente, la
Corte d’Appello ha ritenuto che la conseguenza
sanzionatoria della trasformazione permarrebbe anche nella vigenza del d.lgs. n. 368
del 2001, benché tale fonte normativa la preveda solo in alcuni casi., mentre nelle
altre ipotesi trova applicazione , nel silenzio della legge, il principio generale della
nullità parziale, secondo il quale la nullità della clausola contenente il termine
importa la nullità dell’intero contratto. Se risulta che i contraenti non lo avrebbero
concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità.
2.1. Il motivo non è fondato.
Occorre premettere che la ricorrente svolge un generico e insufficiente
riferimento all’eccezione subordinata che sarebbe stata disattesa senza specificarne i
contenuti. Quanto al dedotto error in iudicando circa le conseguenze della dichiarata
illegittimità dell’apposizione del termine, la relativa censura non è fondata.
Ed infatti, come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, l’art. 1 del
d.lgs. n. 368 del 2001, anche anteriormente alla modifica introdotta dall’art. 39 della
legge n. 247 del 2007, ha confermato il principio generale secondo cui il rapporto di
lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo l’apposizione
del termine un’ipotesi derogatoria pur nel sistema, del tutto nuovo, della previsione di
una clausola generale legittimante l’apposizione del termine “per ragioni di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”. Pertanto, in caso di insussistenza
delle ragioni giustificative del termine, e pur in assenza di una norma che sanzioni
espressamente la mancanza delle dette ragioni, in base ai principi generali in materia
di nullità parziale del contratto e di eterointegrazione della disciplina contrattuale,
nonché alla stregua dell’interpretazione dello stesso art. 1 citato nel quadro delineato
dalla direttiva comunitaria 1999/70/CE (recepita con il richiamato decreto), e nel
sistema generale dei profili sanzionatori nel rapporto di lavoro subordinato, tracciato
dalla Corte cost. n. 210 del 1992 e n. 283 del 2005, all’illegittimità del termine ed alla
nullità della clausola di apposizione dello stesso consegue l’invalidità parziale
relativa alla sola clausola e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato (Cass., n. 12985 del 2008).
2

Il Consigliere estensore

3. Con la memoria depositata in prossimità dell’udienza la ricorrente ha
chiesto applicarsi lo ius superveniens di cui all’art. 32 della legge n. 183 del 2010.
Tale deduzione non può trovare ingresso, non essendo stato dedotto con il ricorso
alcun motivo circa la intervenuta condanna risarcitoria.
4. Il ricorso deve essere rigettato.
5. Nulla spese in ragione della mancata costituzione della intimata.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.
Così deciso in Roma il 6 giugno 2013

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