Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21352 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/10/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 06/10/2020), n.21352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4656-2019 proposto da:

B.E., CA.ST., C.A., F.R.,

F.M., FI.BE.LU., FO.SI., G.F.,

M.E., P.R., PI.PA., R.A.,

S.G., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dagli avvocati GREPPI GIUSEPPE, GATTI MARCO;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO dell’ISTRUZIONE,

dell’UNIVERSITA’ e della RICERCA, (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 5261/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO

PORRECA.

 

Fatto

CONSIDERATO

che

B.E. e altri medici convenivano la Presidenza del consiglio dei ministri e il Ministero dell’istruzione esponendo di aver frequentato, prima del 2006, corsi di specializzazione medica ricevendo la borsa di studio prevista dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6: ciò posto, chiedevano il riconoscimento, per differenza, dei medesimi emolumenti stabiliti, infine con decorrenza dall’anno accademico 2006-2007, dal D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, art. 39, essendovi stata tardiva applicazione dell’acquis communautaire”, dalla dir. 82/76/CEE alla dir.93/16/CEE;

in subordine domandavano il correlativo risarcimento del danno;

il Tribunale rigettava le domande con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare, l’incremento della remunerazione stabilito nel 1999, con decorrenza dal 2006-2007, era stato oggetto di legittima discrezionalità legislativa;

avverso questa decisione ricorrono per cassazione gli originari attori formulando tre motivi, sollecitando correlative questioni di costituzionalità e prospettando la violazione di norme Eurounitarie.

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo si prospetta la questione di costituzionalità, per violazione dell’art. 3, Cost., in ordine alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300, lett. e), sostitutivo del D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 46, comma 2, poichè la pronuncia della Corte di appello andrebbe riformata previa declaratoria d’illegittimità delle norme evocate per manifesta quanto arbitraria disparità di trattamento rispetto ai medici specializzandi che avevano usufruito del miglior trattamento per il periodo successivo al 2005;

con il secondo motivo i prospetta la questione di costituzionalità in ordine dell’art. 10 Cost., dell’art. 117 Cost., comma 1, per mancata conformazione alle direttive comunitarie 92/76/CEE e 93/16/CEE, in relazione alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300, lett. e), sostitutivo del D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 46, comma 2, tenuto conto manifesta disparità di trattamento rispetto ai medici specializzandi che avevano usufruito del miglior trattamento per il periodo successivo al 2005, anche sotto il profilo del riconoscimento della copertura previdenziale;

con il terzo motivo i prospetta la violazione dell’art. 288, TFUE, in ordine al mancato risarcimento del danno da violazione delle dir. comunitarie 92/76/CEE e 93/16/CEE, in relazione alle medesime ragioni di cui alle prime due censure;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

a prescindere dalle lacune dell’esposizione del fatto processuale, quale richiesta dall’art. 366 c.p.c., n. 3, in specie quanto alle specifiche ragioni di rigetto delle domande pronunciate dai giudici di merito, il ricorso, in cui motivi sono da esaminare congiuntamente per evidente connessione, è inammissibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., bis, n. 1;

la Corte di appello ha pronunciato secondo i principi più volte ribaditi da questa Corte;

infatti, la disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi prevista dal D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 39, si applica, per effetto dei differimenti, in favore dei medici iscritti alle relative scuole solo a decorrere dall’anno accademico 2006-2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, che restano soggetti alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, e questo perchè la dir. 93/16/CEE non ha introdotto alcun nuovo e ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio di cui alla normativa del 1991 (Cass., 14/03/2018, n. 6355, con motivazione ampiamente ricostruttiva; conf., ad esempio, Cass., 29/05/2018, n. 13445, Cass., 16/10/2019, n. 26240);

il recepimento delle direttive comunitarie che hanno previsto un’adeguata remunerazione per la frequenza delle scuole di specializzazione (direttive non applicabili direttamente nell’ordinamento interno, in considerazione del loro carattere non dettagliato) è avvenuto con la L. 29 dicembre 1990 n. 428 e con il D.Lgs. n. 257 del 1991, che ha riconosciuto agli specializzandi la borsa di studio annua, e non in forza del nuovo ordinamento delle scuole di specializzazione di cui al D.Lgs. n. 368 del 1999;

quest’ultimo decreto, nel recepire la dir. n. 93/16 – che ha codificato, raccogliendole in un testo unico, le precedenti direttive n. 75/362 e n. 75/363, con le relative successive modificazioni – ha riorganizzato l’ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, istituendo e disciplinando un vero e proprio contratto di formazione (inizialmente denominato “contratto di formazione lavoro” e successivamente “contratto di formazione specialistica”) da stipulare, e rinnovare annualmente, tra Università (e Regioni) e medici specializzandi, con un meccanismo di retribuzione articolato in una quota fissa e una quota variabile, in concreto periodicamente determinate da successivi decreti ministeriali;

tale contratto, peraltro, secondo l’indirizzo ormai consolidato di questa Corte, non dà luogo a un rapporto inquadrabile nell’ambito del lavoro subordinato, nè è riconducibile alle ipotesi di parasubordinazione, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività degli specializzandi e gli emolumenti previsti dalla legge, restando conseguentemente inapplicabili l’art. 36 Cost. e il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto (v. Cass., 19/11/2008, n. 27481, Cass., 22/09/2009, n. 20403, Cass., 27/07/2017, n. 18670);

ai sensi della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300, gli effetti delle nuove disposizioni, contenute nel D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. da 37 a 42 (le quali prevedono sia la stipula del nuovo contratto di formazione, con gli specifici obblighi che ne derivano, sia il corrispondente trattamento economico), sono applicabili, come anticipato, solo a decorrere dall’anno accademico 2006/2007;

il trattamento economico spettante ai medici specializzandi in base al contratto di formazione specialistica è stato in concreto fissato con il D.P.C.M. 7 marzo 2007, con il D.P.C.M. 6 luglio 2007 e con il D.P.C.M. 2 novembre 2007;

per gli iscritti alle scuole di specializzazione negli anni accademici precedenti al 2006/2007 è stato quindi espressamente disposto che continuasse a operare la precedente disciplina del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che sotto quello economico;

la dir. n. 93/16, che costituisce, in modo manifesto, un testo meramente compilativo, di coordinamento e aggiornamento delle precedenti disposizioni comunitarie già vigenti, non ha dunque registrato un carattere innovativo con riguardo alla misura dei compensi da riconoscersi agli iscritti alle scuole di specializzazione;

la previsione di un’adeguata remunerazione per i medici specializzandi è infatti contenuta nelle precedenti dir. n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 (le cui disposizioni la dir. n. 93/16 si limita a recepire e riprodurre senza alcuna modifica), e, si ripete, i relativi obblighi risultano già attuati dallo Stato italiano con l’introduzione della borsa di studio di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991;

l’importo della predetta borsa di studio è da ritenersi di per sè sufficiente e idoneo adempimento agli indicati obblighi comunitari, rimasti immutati dopo la dir. n. 93/16, quanto meno sotto il profilo economico, come confermano le pronunce di questa Corte che ne hanno riconosciuto l’adeguatezza, nella sua iniziale misura, anche a prescindere dagli ulteriori incrementi annuali connessi alla svalutazione monetaria, originariamente previsti dallo stesso testo legislativo e poi sospesi dalla successiva legislazione, sottolineando che “nella disciplina comunitaria non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, nè sono posti i criteri per la determinazione della stessa (Cass. 26/05/2001 n. 11565)” (Cass., 15/06/2016, n. 12346; Cass., 23/09/2016, n. 18710; l’indirizzo trova indiretta conferma nella sentenza n. 432 del 23 dicembre 1997 della Corte Costituzionale, che ha escluso l’illegittimità costituzionale delle disposizioni legislative che avevano disposto la sospensione degli adeguamenti della borsa alla svalutazione monetaria);

in particolare, ai sensi della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 32, comma 12, e della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, comma 1, l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto all’adeguamento triennale previsto D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1 (cfr., anche, di recente, Cass., 23/02/2018, n. 4449, Cass., 19/02/2019, n. 4809);

il fatto che la normativa comunitaria non abbia stabilito una definizione di adeguata remunerazione – ferma la non irrisorietà della quantificazione nazionale – è stato ribadito con chiarezza anche dalla pronuncia della Corte di giustizia, 24 gennaio 2018, C-616/16 e C617-16;

conclusivamente, il nuovo ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia introdotto con il D.Lgs. n. 368 del 1999, e il relativo meccanismo di retribuzione, non possono ritenersi il primo atto di effettivo recepimento e adeguamento dell’ordinamento italiano agli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie, in particolare per quanto riguarda la misura della remunerazione spettante ai medici specializzandi, ma costituiscono il frutto di una successiva quanto legittima scelta discrezionale del legislatore nazionale, non vincolata o condizionata dai suddetti obblighi;

l’inadempimento dell’Italia agli obblighi comunitari, sotto il profilo in esame, è dunque cessato con l’emanazione del D.Lgs. n. 257 del 1991;

stante quanto sopra non vi è alcuna violazione della normativa sovranazionale, e alcuna irragionevolezza o disparità di trattamento posto che l’incremento previsto nell’esercizio della discrezionalità legislativa per i corsi di specializzazione collocati in tempi successivi, non escludendo l’adeguatezza della remunerazione precedente, è stato espressione di una scelta che rientra nelle opzioni legislative di regolare diversamente situazioni successive nel tempo (cfr., anche, di recente, Cass., 19/02/2019, n. 4809, cit.): anche sotto questo profilo non sussistono i presupposti nè per una questione di legittimità costituzionale, nè per un rinvio pregiudiziale;

non deve disporsi sulle spese perchè l’amministrazione non ha svolto difese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte dei ricorrenti in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

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