Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2135 del 29/01/2021

Cassazione civile sez. II, 29/01/2021, (ud. 23/07/2020, dep. 29/01/2021), n.2135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22924-2019 proposto da:

B.Y.A. rappresentato e difeso dall’avv. Massimiliano Cornacchione

e dall’avv. Rocco Barbato elettivamente domiciliato presso lo studio

di quest’ultimo in Benevento, Via Nicola Sala, 29;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del ministro p.t. – con sede in

Roma – Piazza del Viminale e domiciliato per previsione generale di

legge presso l’Avvocatura Generale dello Stato con sede in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 127/2019 della Corte d’appello di Napoli

pubblicata il 15/1/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/07/2020 dal Consigliere CASADONTE Annamaria.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– il ricorrente ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Napoli che ha rigettato il gravame proposto avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli di diniego della protezione internazionale nelle sue diverse articolazioni e di quella umanitaria;

– a sostegno della propria richiesta, il sig. B.Y.A., cittadino del Gambia, ha raccontato di essere stato costretto a lasciare il suo Paese in quanto la polizia aveva minacciato di arrestarlo perchè non aveva fornito notizie sul fratello ricercato in quanto, quale guardia penitenziaria, era sospettato di avere favorito l’evasione di due detenuti;

– la corte napoletana ha rigettato il gravame fondando la decisione sull’insussistenza delle condizioni legittimanti la concessione dei benefici richiesti;

– la cassazione del provvedimento del giudice di secondo grado è chiesta dal richiedente asilo con ricorso affidato a sei motivi cui resiste il Ministero con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e la nullità del provvedimento stante il carattere apparente della motivazione sull’assenza dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato, e comunque sul giudizio di irrilevanza del racconto del ricorrente per assenza di persecuzione, e /o comunque sulle cause di esclusione di atti persecutori anche per l’omessa motivazione sul punto, e violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 9, comma 2, nonchè dell’art. 10 direttiva procedure, (Direttiva 2013/32/UE), quale error in procedendo per avere il collegio di fatto omesso l’esame dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato e/o della protezione sussidiaria;

– ad avviso del ricorrente, il giudice dell’appello avrebbe omesso di indicare i motivi e le circostanze a sostegno del giudizio di irrilevanza dei fatti narrati;

– la doglianza è inammissibile perchè non si confronta con la ratio decidendi, ovvero la mancanza di riscontri del timore prospettato dal richiedente asilo, dal momento che nessun elemento per meglio circostanziare la vicenda narrata risulta fornito neppure con il ricorso in esame;

– con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e la nullità del provvedimento stante il carattere apparente della motivazione sul giudizio di non credibilità del racconto sulle ragioni della fuga dal Gambia;

– secondo il ricorrente il giudice dell’appello avrebbe del tutto omesso di motivare il giudizio di non credibilità del richiedente asilo;

– anche il secondo motivo è inammissibile perchè non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, incentrata sulla ritenuta non ravvisabilità dei presupposti delle domande di protezione formulate dal richiedente asilo, assunto diverso da quello della supposta non credibilità delle sue dichiarazioni;

– la corte territoriale precisa, infatti, che pur a volere ritenere verosimile la vicenda riferita dal ricorrente a giustificazione della sua partenza dal Gambia, il cui racconto, come appena ricordato, era privo di riscontro, non si configuravano persecuzioni ai danni del richiedente che non era stato incriminato di alcunchè (cfr. pag. 2 della sentenza);

– con il terzo motivo si denuncia la nullità del decreto per omessa pronuncia – violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 7, 9, 11 e 17 e dell’art. 11 n. 1, lett. e) della direttiva del Consiglio 29 Aprile 2004/83/CE e direttiva 2001/95/CE, nonchè dell’art. 10 direttiva 2013/32/UE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – errore in procedendo – per avere il collegio di prima istanza omesso l’esame dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria;

– con il quarto motivo di ricorso si denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per avere il collegio omesso di valutare gli atti di persecuzione subìti dal ricorrente alla luce delle norme richiamate e comunque per la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, art. 27, comma 1 bis e art. 35 bis, comma 9 sia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 che in relazione al medesimo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere esaminato la legislazione penale del paese di provenienza del ricorrente e comunque per omessa assunzione di informazione circa le condizioni di detenzione in Gambia;

– secondo il ricorrente, il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato non avrebbe acquisito le informazioni relative alla situazione nel Paese d’origine e alla situazione del richiedente;

– con il quinto motivo di ricorso si denuncia la nullità del decreto per omessa pronuncia – violazione degli artt. 112 c.p.c. e in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e/o la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14 lett. c), art. 8 e art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, motivazione contraddittoria circa un fatto decisivo, e/o comunque per non avere il collegio di prime cure tenuto in debita considerazione le dichiarazioni del richiedente e/o per la mancata o errata valutazione di risultanze processuali;

– ad avviso del ricorrente, la motivazione a sostegno del diniego sarebbe contraddittoria e illogica posto che il Collegio, sebbene riconosca in Gambia una condizione precaria, avrebbe rigettato le domande del ricorrente;

– il terzo, quarto e quinto motivo sono strettamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili;

– il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato ha correttamente esaminato la richiesta di protezione internazionale, sia nella forma dello status di rifugiato che in quella di protezione sussidiaria e le doglianze non censura le ragioni concretamente poste a fondamento della decisione sfavorevole al ricorrente, limitandosi a richiamare norme e principi interpretativi ma senza evidenziare attraverso quali specifiche statuizioni o passaggi argomentativi essi sarebbero stati violati dalla sentenza impugnata;

– il collegio napoletano ha in particolare chiarito che, sulla base di fonti autorevoli (Amnesty International Report 2017 e 2018, nonchè l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni nel comunicato del 30 gennaio 2018), il Gambia può considerarsi un paese sicuro, in seguito all’elezione democratica del nuovo presidente che ha promesso riforme costituzionali a garanzia dei diritti fondamentali;

– a questo riguardo è stato ripetutamente riconosciuto da questa corte (cfr. Cass. n. 7333/2015; 2355/2020) che in materia di protezione internazionale sussiste in capo all’autorità decidente un dovere di informarsi in modo adeguato e pertinente sulle condizioni generali del Paese d’origine, anche quando le informazioni fornite dal richiedente siano deficitarie o mancanti;

– il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato non si è sottratto all’applicazione del principio di diritto sopra richiamato, poichè a pag. 3 della sentenza ha descritto i risultati della ricerca che sono emersi dalla consultazione del rapporto di Amnesty International sulla situazione in Gambia;

– poichè tale statuizione non risulta smentita da fonti informative di diverso tenore e poichè, nessuna incriminazione è stata formulata nei confronti del ricorrente, la richiesta indagine sulla legislazione penale del Gambia non costituisce un fatto decisivo;

– con il sesto motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda di protezione umanitaria ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè la violazione D.Lgs. n. 286 del 1998 art. 5, e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 34, nonchè dell’art. 10 Cost. e della direttiva comunitaria n. 115/2008, art. 6, par. 4 e direttiva n. 95/2011 nonchè degli artt. 112 e 116 c.p.c., sia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione e falsa applicazione di norme di diritto che in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 omessa o quantomeno insufficiente motivazione circa un punto decisivo, e/o comunque per non avere il collegio di prime cure tenuto in debita considerazione le dichiarazioni del richiedente e/o comunque per la mancata/errata valutazione di risultanze processuali;

– secondo il ricorrente, la corte territoriale avrebbe omesso di valutare la condizione di vulnerabilità estrema del richiedente la protezione, desumibile dalle dichiarazioni rese e dai documenti prodotti secondo i quali egli non avrebbe più alcun luogo dove fare ritorno, e in caso di rimpatrio rischierebbe di essere arrestato e torturato;

– il motivo è inammissibile;

– è orientamento di questa corte che (cfr. Cass. n. 4455/2018; id. n. 5358/2019; id. n. 8819/2020) che il presupposto per il riconoscimento della protezione umanitaria è l’accertamento della privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti fondamentali nel paese d’origine;

– nel caso di specie, nessuna censura può essere ammissibilmente mossa alla corte napoletana, che ha motivato il rigetto della richiesta di riconoscimento delle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, con la considerazione che, affinchè il soggetto possa essere ammesso a detta forma di protezione, deve ricorrere una condizione soggettiva di vulnerabilità intesa quale grave violazione di diritti umani cui il richiedente possa essere esposto in caso di rientro forzato;

– ciò posto, la corte territoriale ha ritenuto che tale condizione non ricorra e tale conclusione è attinta dal ricorrente con generici richiami alle ragioni dell’allontanamento dal Gambia, senza alcuna indicazione che possa colmare, anche attraverso la cooperazione giudiziaria, la laconicità delle infomazioni sulla sua vicenda personale;

– attesa l’inammissibilità di tutti i motivi il ricorso va dichiarato inammissibile;

– in applicazione del principio della soccombenza il ricorrente va condannato alle spese di lite a favore del controricorrente come liquidate in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 2100,00 più spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda sezione civile, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2021

 

 

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