Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21346 del 26/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 26/07/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 26/07/2021), n.21346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7622-2018 proposto da:

USI LEASING SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

DARDANELLI 46, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO SPINELLA, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente a debito –

avverso la sentenza n. 474/2017 della COMM.TRIB.REG. LAZIO,

depositata il 10/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2021 dal Consigliere Dott. LIBERATO PAOLITTO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – con sentenza n. 474/17, depositata il 10 febbraio 2017, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate, così pronunciando in integrale riforma della decisione della Commissione tributaria provinciale che, per suo conto, aveva annullato un avviso di rettifica e liquidazione emesso in relazione alla tassazione di un contratto compravendita immobiliare registrato in data 11 maggio 2010;

1.1 – il giudice del gravame ha ritenuto che:

– per quanto l’uno dei due criteri di valutazione posti a fondamento della rettifica di valore dell’immobile compravenduto, “quello della capitalizzazione del reddito”, risultava “basato su un canone desunto non da un contratto di locazione, ma da un rapporto di locazione finanziaria”, ciò non di meno la rettifica di valore operata rimaneva “persuasiva”;

– difatti, i valori OMI relativi alla zona di ubicazione dell’immobile, – idonei, in quanto tali, a condurre ad indicazioni di larga massima, risultavano corroborati “dai dati risultanti dall’Osservatorio FIAIP”, alla cui stregua l’Agenzia aveva accertato “un valore dell’immobile di Euro 7.048,00/mq sulla base delle caratteristiche posizionali dell’immobile,

di alta commerciabilità, sia intrinseche, sia derivate dal contesto in cui l’immobile stesso si inserisce”;

– per di più, il valore di stima, – mediato al ribasso “utilizzando H criterio… della capitalizzazione del reddito”, – ne era riuscito di importo inferiore a quello che si sarebbe ottenuto, in difetto di detta riduzione, considerando “il solo rendimento degli investimenti immobiliari di zona”;

– le difese svolte col ricorso introduttivo del giudizio, seppur non riproposte in appello (in ragione del difetto di costituzione della contribuente), non contrastavano “efficacemente i valori desunti dalle quotazioni immobiliari, non fornendo specifiche indicazioni sui profili per i quali dette indicazioni non riscontrerebbero il valore effettivo del bene immobile”;

2. – UBI Leasing S.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;

– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – col primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 2697 c.c., agli artt. 112,113,115 e 116 c.p.c., ed al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, commi 2 e 3, assumendo, in sintesi, che la gravata sentenza aveva “ritenuto determinanti i dati emergenti dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare”, – dati che, ex se, avrebbero potuto solo supportare una valutazione estimativa fondata aliunde, – li aveva riscontrati con altri dati (quelli dell’osservatorio della Federazione italiana Agenti immobiliari professionali: FIAIP) che, per di più, già scontavano un loro impiego all’interno dei valori OMI, e aveva, da ultimo, contraddittoriamente fatto ricorso al criterio di capitalizzazione del reddito indicato, già in premessa, come erroneo;

– il secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, espone la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 113,115 e 116 c.p.c., sull’assunto che, – non potendosi trarre dalla contumacia della parte “argomenti di prova”, – la gravata sentenza aveva omesso di valutare gli argomenti probatori da essa esponente dedotti in giudizio con riferimento al rilievo probatorio dei valori OMI ed all’erroneità del criterio di stima fondato sulla capitalizzazione del reddito;

2. – i due motivi, – che si prestano ad un esame congiunto perché afferiscono a profili comuni, e che pur prospettano profili di inammissibilità, – sono destituiti di fondamento e vanno senz’altro disattesi;

3. – premesso che, – così come pianamente emerge dagli effettivi termini del decisum oggetto di impugnazione, qual sopra riassunto, – il giudice del gravame, – nel procedere ad un articolato accertamento dei dati probatori posti a fondamento della rettifica di valore, – ha deciso in diritto (art. 113 c.p.c.), e nei limiti della pretesa impositiva qual in concreto esposta nell’atto impugnato (art. 112 c.p.c.), rileva la Corte che un siffatto accertamento, da un lato, è stato svolto sull’inequivoco presupposto dell’onere della prova gravante, in quanto tale, sull’Agenzia delle Entrate e, dall’altro, si è incentrato sul verificato riscontro dei valori cd. OMI qual offerto, per un verso, “dai dati risultanti dall’Osservatorio FIAIP”, – alla cui stregua l’Agenzia aveva accertato “un valore dell’immobile di Euro 7.048,00/mq sulla base delle caratteristiche posizionali dell’immobile, di alta commerciabilità, sia intrinseche, sia derivate dal contesto in cui l’immobile stesso si inserisce”, – e, per il restante, e a contrario, sull’utilizzazione in bonam partem dello stesso (seppur improprio) criterio di capitalizzazione del reddito, – che, però, aveva condotto ad un’effettiva riduzione del valore di mercato considerando “il solo rendimento degli investimenti

immobiliari di zona” -;

3.1 – i due motivi di ricorso, – che omettono del tutto di esplicitare gli specifici referenti fattuali del prospettato vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) con riferimento al loro carattere decisivo, – si risolvono, pertanto, in generiche censure che non trovano fondamento in relazione alle denunciate violazioni di legge, posto che il giudice del gravame, come si è detto, ha svolto uno specifico accertamento probatorio senza violare né il riparto degli oneri probatori rilevanti nella fattispecie (art. 2697 c.c.) né la regola di giudizio fondata sulle prove offerte dalle parti (art. 115 c.p.c.; v., ex plurimis, Cass., 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass., 28 febbraio 2018, n. 4699; Cass., 11 ottobre 2016, n. 20382; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione; Cass., 10 giugno 2016, n. 11892);

3.2 – la denunciata violazione di legge nemmeno trova riscontro nell’omessa considerazione delle ragioni di opposizione alla rettifica di valore, posto che il giudice del gravame, – senza trarre alcun argomento di prova dal difetto di costituzione nel secondo grado del giudizio, – ha, per di più, dato mostra di farsi carico di dette ragioni che, come anticipato, sono state valutate come inconcludenti ai fini del riscontro del “valore effettivo del bene immobile”;

– inammissibile, residua, poi la censura articolata con riferimento al vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) posto che i motivi di ricorso si risolvono in una (indistinta) riproposizione di argomenti probatorì volti a censurare nel merito i contenuti dimostrativi delle fonti di prova dal giudice del gravame poste a fondamento della decisione, riproposizione che, così, devolve alla Corte un non consentito riesame dei dati probatori valorizzati dal giudice del merito;

4. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza della ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater).

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 2.200,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenuta da remoto, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2021

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