Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21342 del 29/08/2018

Cassazione civile sez. II, 29/08/2018, (ud. 16/02/2018, dep. 29/08/2018), n.21342

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9253/2014 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona del Condominio pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. S. NITTI 2, presso lo

studio dell’avvocato GAIA LUCILLA GALLO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA

38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4314/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/02/2018 dal Consigliere ELISA PICARONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 29 luglio 2013 e notificata il 6 febbraio 2014, ha accolto l’appello proposto da R.A. avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 11841 del 2006k e nei confronti del Condominio di (OMISSIS).

1.1. Nel 2003 R.A., proprietario dell’unità immobiliare int. 1 del complesso condominiale di (OMISSIS), convenne in giudizio il Condominio per la declaratoria di nullità, ovvero per l’annullamento della delibera assembleare del 26 giugno 2003, con cui era stato deciso – con il suo solo voto contrario – di adibire a parcheggio l’area condominiale circostante, ciò che comportava l’eliminazione di alberi da frutto e del vialetto che separava il frutteto dall’edificio condominiale, e l’allocazione del parcheggio proprio sotto il suo terrazzo. Secondo la prospettazione attorea, la delibera contrastava con l’art. 1120 c.c., sotto il profilo dell’alterazione del decoro architettonico dell’edificio condominiale, contravvenendo anche alla destinazione contrattuale a verde dell’area interessata, in violazione dell’art. 4 del regolamento condominiale, e risultando pregiudizievole per la salute.

Il Condominio eccepì l’inammissibilità della domanda, rilevò che precedente giudicato aveva escluso la lamentata violazione delle destinazioni d’uso contrattuale dell’area a verde, assumendo inoltre che il parcheggio offriva ai condomini la possibilità di un migliore utilizzo delle parti comuni e che era insussistente il paventato rischio di immissioni nocive.

1.2. Il Tribunale di Roma, respinta l’eccezione di inammissibilità, rigettò la domanda.

2. La Corte d’appello ha riformato la decisione e annullato la delibera condominiale del 26 giugno 2003.

Ribadita l’irrilevanza del giudicato formatosi sul rigetto dell’impugnazione di precedente, analoga delibera condominiale, la Corte territoriale ha osservato che: a) la destinazione a verde di una parte delle aree comuni, prevista nel contratto di cessione 13 luglio 1957 avente ad oggetto l’intera area condominiale, configurava un obbligo intercorrente tra l’ente cedente (Eur) e la cessionaria Cooperativa Esacta, dal quale derivava un diritto soggettivo del singolo assegnatario di unità immobiliare al mantenimento della destinazione dell’area; b) l’incidenza delle modifiche sul decoro del complesso immobiliare doveva essere valutata con riferimento all’insieme del complesso condominiale; c) la rimozione di un’area a verde e la sua sostituzione con una adibita a parcheggio alterava il decoro del complesso condominiale; d) era evidente, altresì, la violazione del diritto del condomino non consenziente alla fruizione dell’area comune secondo l’originaria destinazione.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Condominio di (OMISSIS), sulla base di due motivi. R.A. resiste con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.

1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1120 c.c., commi 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e contesta, nell’ordine, che la Corte territoriale non aveva considerato che l’intervento oggetto della delibera impugnata prevedeva l’ampliamento dei posti auto – da sei a dieci – già esistenti nell’area situata sul lato servizi (cucina-tinello) dell’edificio; che il cambio di destinazione di un’area condominiale a parcheggio di autovetture poteva essere deliberato a maggioranza, dal momento che, in assenza di un’espressa menzione nei singoli atti di compravendita degli immobili, i singoli acquirenti non erano subentrati nei diritti e negli obblighi previsti nel contratto di cessione dell’intera area in favore della Cooperativa che aveva realizzato il complesso condominiale.

2. La doglianza è fondata.

2.1. La Corte d’appello ha ritenuto che la delibera impugnata violi il disposto dell’art. 1120 c.c., comma 2, sotto il profilo della lesione al decoro architettonico dell’edificio condominiale sul rilievo che “è insostenibile la tesi secondo la quale la rimozione di un’area verde e la sua sostituzione con una adibita a parcheggio non deteriori l’aspetto complessivo”. L’affermazione, in quanto non supportata dalla verifica del rapporto tra la dimensione complessiva della superficie destinata a verde e quella dell’area interessata dalla modifica oggetto della delibera condominiale, si rivela erronea.

Questa Corte ha più volte affermato che la delibera assembleare di destinazione a parcheggio di un’area di giardino condominiale, interessata solo in piccola parte da alberi di alto fusto e di ridotta estensione rispetto alla superficie complessiva, non dà luogo ad una innovazione vietata dall’art. 1120 c.c., non comportando tale destinazione alcun apprezzabile deterioramento del decoro architettonico, nè alcuna significativa menomazione del godimento e dell’uso del bene comune, ed anzi, da essa derivando una valorizzazione economica di ciascuna unità abitativa e una maggiore utilità per i condomini (ex plurimis, Cass 12/07/2011, n. 15319; Cass. 06/12/2016, n. 24960).

2.2. Conseguentemente priva di riscontro risulta anche la ritenuta menomazione del diritto del singolo condomino alla fruizione dell’area verde nella sua consistenza originaria, diritto che esiste se ed in quanto la trasformazione di parte dell’area verde in parcheggio risulti.

Il limite fissato dall’art. 1120 c.c., u.c., non si indentifica nel semplice disagio, ovvero nel minor godimento che l’innovazione procuri al singolo condomino rispetto a quella che, fino a quel momento, è stata la sua fruizione della cosa comune. La norma richiama infatti il concetto di inservibilità della cosa comune, concetto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, implica la concreta inutilizzabilità della res communis secondo la sua naturale fruibilità (Cass. 12/07/2011, n. 15308).

2.3. E infine, si deve escludere che dal contratto di cessione del 1957 intervenuto tra l’ente cedente e la Cooperativa cessionaria sia derivato un vincolo di destinazione dell’area comune. Eventuali limiti restrittivi alla destinazione funzionale di un cortile (come di qualsiasi altra parte comune, ex art. 1117 c.c.) possono discendere da un regolamento condominiale approvato dall’assemblea a maggioranza, che ne determini le modalità di godimento (art. 1138 c.c., comma 1), oppure da una successiva deliberazione assembleare, adottata con le necessarie maggioranze, che innovi l’originaria destinazione, per soddisfare esigenze di interesse condominiale ovvero per finalità di miglioramento o di maggiore comodità o rendimento (Cass. 04/12/2013, n. 27233), o, ancora, ove si intenda restringere il godimento ad una soltanto delle possibili forme d’uso di cui il bene sia suscettibile, mediante una disciplina contrattuale vincolante per i comproprietari predisposta dall’unico originario proprietario dell’edificio ed accettata con i singoli atti di acquisto, ovvero approvata in assemblea con il consenso unanime di tutti i condomini (ex plurimis, Cass. 02/03/2017, n. 5336).

3. Rimane assorbito il secondo motivo, che denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1138 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, poichè nel giudizio di rinvio dovrà essere verificato se esiste una destinazione vincolata dell’area comune sulla base delle fonti indicate nel precedente paragrafo.

4. All’accoglimento del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio al giudice indicato in dispositivo, al quale è anche rimessa la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa sezione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2018

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