Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21341 del 18/09/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 21341 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: DI AMATO SERGIO

SENTENZA

sul ricorso 11989-2006 proposto da:
CILLINO

GIOVANNI

(c.f.

CLLGNN22P26I534P),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TUSCOLANA
841, presso l’avvocato PORCARI PIERO, rappresentato

Data pubblicazione: 18/09/2013

e difeso dall’avvocato BARBIERA VINCENZO, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente-

2013
1197

contro

COMUNE DI LERCARA FRIDDI;
– intimato –

1

avverso la sentenza n.

193/2005 della CORTE

D’APPELLO di PALERMO, depositata il 26/02/2005;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 04/07/2013 dal Consigliere
Dott. SERGIO DI AMATO;

Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 26 febbraio 2005 la Corte di appello
di Palermo confermava la sentenza del 5 marzo 1996 con
cui il Tribunale di Termini Imerese, adito dal Comune di

Lercara Friddi con opposizione al decreto con il quale
il Presidente dello stesso Tribunale gli aveva ingiunto
il pagamento in favore di Giovanni Cillino della somma
di lire 205.583.131=, aveva revocato il decreto
ingiuntivo opposto ed aveva dichiarato la propria
incompetenza a favore di quella arbitrale, prevista
dall’art. 12 del disciplinare che conferiva al Cillino
l’incarico per la progettazione e la direzione dei
lavori del completamento della zona industriale. In
particolare, la Corte di appello – che pronunciava in
sede di rinvio a seguito della cassazione della sentenza
in data 19 maggio 1999 con la quale essa aveva ritenuto
inammissibile il proposto appello, sul presupposto che
la sentenza di primo grado fosse impugnabile
esclusivamente con regolamento di competenza – osservava
che: 1) secondo l’art. 12 del disciplinare, «tutte le
controversie, che potessero insorgere relativamente alla
liquidazione del compenso previsto dalla presente
convenzione e che non si fossero potute definire in via
amministrativa, saranno, nel termine di 30 giorni da
quello in cui fu notificato il provvedimento
3

amministrativo, deferite ad un collegio arbitrale»; tale
clausola comportava la devoluzione al giudizio arbitrale
di tutte le controversie collegate alla liquidazione del
compenso, ivi compresa quella avente ad oggetto la
sussistenza del diritto al compenso, che nella specie il

Comune contestava affermando che il credito era
sottoposto alla condizione sospensiva del finanziamento
del progetto e, in ogni caso, doveva ritenersi
prescritto; tale portata della clausola discendeva
dall’ampiezza del termine liquidazione «comunemente
utilizzato per indicare l’intera procedura che pone fine
ad una determinata situazione»; 2) le spese del giudizio
di cassazione dovevano compensarsi in considerazione del
precedente contrasto giurisprudenziale sulla natura
della sentenza di primo grado e dei conseguenti mezzi di
impugnazione, mentre quelle del giudizio di appello
dovevano essere compensate per metà ed essere poste per
la rimanente metà a carico del Cillino.
Giovanni Cillino propone ricorso per cassazione,
deducendo due motivi. Il Comune di Lercara Friddi non ha
svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo Giovanni Cillino denuncia
l’erronea interpretazione delle clausole contrattuali,
contestando sia la subordinazione del compenso al
finanziamento del progetto, sia la possibilità di
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ricomprendere tra le controversie attinenti alla
liquidazione del compenso, per le quali era prevista la
,

devoluzione ad arbitri, quella relativa all’accertamento
del diritto al compenso.
Il motivo è inammissibile in quanto propone una

diversa lettura delle clausole contrattuali, senza
riportarle testualmente e senza indicare i canoni
interpretativi che si assumono violati.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la
violazione dell’art. 385 c.p.c., lamentando che la Corte
di appello aveva disposto la compensazione delle spese
del giudizio di cassazione nel quale egli era stato

vittorioso.
Il motivo è infondato. Invero, il criterio della
soccombenza, al fine di attribuire l’onere delle spese
processuali, non si fraziona secondo l’esito delle varie
fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente
all’esito finale della lite, senza che rilevi che in
qualche grado o fase del giudizio la parte poi
soccombente abbia conseguito un esito a lei favorevole.
Il principio trova applicazione anche nel caso in cui il
giudizio venga definito in sede di rinvio a seguito di
cassazione pronunciata su ricorso della parte che,
infine, rimane soccombente (Cass. 14 dicembre 2000, n.
15787).

.

5

Le spese di lite seguono la soccombenza e si
liquidano come in dispositivo.
P . Q . M .
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4

luglio 2013.

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