Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21341 del 14/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2011, (ud. 17/06/2011, dep. 14/10/2011), n.21341

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso R.G. n, 17070/10 proposto da:

C.V.D. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in Roma, via Trionfale, 5637, presso lo studio dell’avv.

Domenico Battista, rappresentato e difeso dagli avv.ti Ursini Pietro

e Lucio Riccardi giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

GROSSI s.n.c. – SISTEMI METALLICI di Grossi Gaetano, in persona del

suo amministratore, G.G., elettivamente domiciliato nel

giudizio di merito in Bari, via Dante, 3, presso lo studio dell’avv.

Pierluigi Zanetti;

– intimato –

avverso la sentenza n. 230/10 della Corte d’appello di Bari,

depositata il 26.2.2010;

vista la relazione scritta della causa svolta dal Consigliere Dott.

Felice Manna;

– ricorrente –

udito il P.M in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso aderendo alla relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1^ – Il consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. ha depositato la seguente relazione ai sensi degli artt. 380-bis e 375 c.p.c..

“1. – C.V.D., proprietario di un terreno posto in (OMISSIS), conveniva in giudizio la Grossi – Sistemi Metallici, di Grossi Gaetano & C. s.n.c., proprietaria di un fondo finitimo su cui aveva costruito un opificio industriale a distanza dal confine inferiore a quanto prescritto dalle norme tecniche di attuazione (NTA) del piano regolatore generale (PRG), per sentirla condannare alla conseguente demolizione.

Nella resistenza della società convenuta, che deduceva una diversa interpretazione delle NT A, il Tribunale di Bari accoglieva la domanda, condannando la predetta s.n.c. a demolire la parte del fabbricato posta a meno di dieci metri dal confine.

1.1. – Tale decisione era dichiarata nulla dalla Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 230/10 pubblicata il 26.2.2010, in quanto emessa a contraddittorio non integro, gravando sull’immobile della società convenuta un diritto di usufrutto per la quota di 1/4 in favore di T.P..

2. – Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre C.V. D..

2.1. – La società intimata non ha svolto attività difensiva.

3. – Due i motivi d’impugnazione.

3.1. – Con il primo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione delle norme di cui all’art. 1012 c.c., comma 2 e degli artt. 102 e 354 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per non avere la sentenza d’appello considerato che il litisconsorzio necessario ricorre solo nell’ipotesi inversa di azione di condanna alla demolizione proposta nei confronti del solo usufruttuario, e non anche del nudo proprietario, mentre nel caso di specie la legittimazione passiva apparteneva unicamente a quest’ultimo, potendo, semmai, l’usufruttuario spiegare intervento adesivo dipendente.

3.2. – Con il secondo motivo si deduce, in subordine, la nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 sostenendo essere precluse in appello nuove eccezioni e nuove produzioni per dimostrarne la fondatezza.

4. – E’ manifestamente fondata la prima censura, il cui accoglimento assorbe l’esame della seconda.

4.1. – E’ fermo orientamento di questa Corte Suprema che la legittimazione passiva all’azione di demolizione di opere edilizie eseguite in violazione delle distanze legali compete unicamente al proprietario attuale del manufatto (cfr. Cass. nn. 5520/98, 13072/95 e 2722/93).

4.1.1. – Nel caso di immobile su cui gravi un diritto di usufrutto, poi, è stato ulteriormente specificato di recente che la legittimazione passiva in ordine all’azione di riduzione in pristino conseguente all’esecuzione, su di un immobile concesso in usufrutto, di opere edilizie illegittime perchè realizzate in violazione delle distante legali, spetta al nudo proprietario, potendosi riconoscere all’usufruttuario il solo interesse a spiegare nel giudizio intervento volontario ad adiuvandum, ai sensi dell’art. 105 c.p.c., comma 2, volto a sostenere le ragioni del nudo proprietario alla conservazione del suo immobile, anche quando le opere realizzate a distanza illegittima abbiano riguardato sopravvenute accessioni sulle quali si sia esteso il godimento spettante all’usufruttuario in conformità dell’art. 983 cod. civ. (Cass. n. 5900/10).

4.2. – Nel caso in esame, l’azione (da sussumere nell’ambito della negatoria servitutis di cui al cpv. dell’art. 949 c.c.) è stata rettamente introdotta nei confronti del nudo proprietario, unico soggetto legittimato passivamente, sicchè l’esistenza di un diritto di usufrutto pro quota non avrebbe dovuto produrre effetto alcuno sul contraddittorio, essendo la posizione del titolare di tale diritto soggetta alla regola dell’art. 1016 c.c. e dipendente processualmente da quella del nudo proprietario.

Pertanto, la Corte territoriale ha erroneamente dichiarato la nullità della sentenza impugnata e rimesso le parti al primo giudice.

5. – Per quanto sopra, si propone la decisione del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5)”.

2^ – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte al relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre ad evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 per la definizione camerale del processo, soluzione, questa, non contrastata dalla parte intimata, che non ha svolto attività difensiva, e condivisa dal Procuratore generale, che ha aderito alla relazione.

3^ – Conseguentemente, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bari, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bari, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile -2 della Corte Suprema di Cassazione, il 17 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011

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