Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21340 del 14/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2011, (ud. 17/06/2011, dep. 14/10/2011), n.21340

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso R.G. n. 14977/10 proposto da:

D.C.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in Roma, via L. Bissolati, 76, presso lo studio dell’avv.

Spinelli Giordano Tommaso, che lo rappresenta e difende insieme con

l’avv. Giuliano Milia, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A. (c.f. (OMISSIS)), F.P.M.

(c.f. (OMISSIS)) e F.G. (c.f.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliate in Roma, via

Ronciglione, 3, presso lo studio dell’avv. Gullotta Fabio, che le

rappresenta e difende insieme con gli avv.ti Walter Elio Moccia e

Roberto Mangogna giusta procura a margine del controricorso –

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 19/10 della Corte d’appello di Cagliari,

depositata il 12.1.2010;

vista la relazione scritta della causa svolta dal Consigliere Dott.

Felice Manna;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso aderendo alla relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Il consigliere relatore nominato ex art. 377 c.p.c., ha depositato la seguente relazione; ai sensi degli artt. 380-bis e 375 c.p.c.:

“1. – D.C.G., promissario acquirente di un’estensione di terreno di mq. 70.000 in agro del comune di (OMISSIS), in virtù di preliminare di vendita a misura stipulato in data 8.9.1998, che prevedeva il prezzo di L. 3.000 al mq., agiva ex art. 2932 c.c., innanzi al Tribunale di Tempio Pausania, per ottenere il trasferimento del bene previa offerta del minor prezzo di L. 159 milioni in ragione di L. 3.000 per 53.000 mq., sia perchè all’esito della misurazione l’area complessiva era risultata inferiore (mq. 63.000 circa invece dei mq. 70.000 promessi), sia in quanto altra porzione del bene era stata vincolata a fini espropriativi (realizzazione di una superstrada). Le promittenti venditrici, P.A., F.P.M. e F.G., resistevano in giudizio proponendo domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dell’attore, essendo inutilmente spirato il termine del 31.12.1999, pattuito per la stipulazione del definitivo di vendita, per fatto del promissario acquirente, cui esse, pertanto, con lettera del 19.6.2000 avevano comunicato di ritenere risolto il contratto.

1.1. – Il Tribunale rigettava la domanda principale e accoglieva quella riconvenzionale. Sull’impugnazione di D.C. G., la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, confermava la decisione di primo grado, ritenendo che la fattispecie non rientrasse nell’ambito dell’art. 1489 c.c. giacchè il vincolo preordinato all’espropriazione era stato imposto dall’Ente Nazionale delle Strade, con deliberazione avente natura di dichiarazione di pubblica utilità, soltanto il 5.10.2000, e dunque in data successiva a quella che le parti avevano convenuto per concludere il definitivo.

2. – Per la cassazione di quest’ultima sentenza D.C. G. ricorre formulando quattro motivi di annullamento.

2.1. – Resistono con controricorso le parti intimate.

3. – Il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione e/o falsa applicazione delle seguenti norme: art. 1221 c.c. (primo motivo); art. 1457 c.c., in quanto la decisione impugnata in tanto potrebbe condividersi, in quanto fosse previamente accertata la natura essenziale del termine di stipulazione del definitivo di vendita (secondo motivo); art. 2932 c.c., atteso che la sopravvenienza del vincolo pubblicistico attribuiva al promissario acquirente, in virtù della clausola di vendita a misura e non a corpo, il diritto a che il corrispettivo fosse rideterminato in base all’effettiva consistenza del bene al momento del trasferimento stesso (terzo motivo); artt. 1482 e 1489 c.c., considerato che i vincoli pubblicistici di carattere particolare, come nella specie, configurano secondo la giurisprudenza di legittimità un onere non apparente (quarto motivo).

4. – Il ricorso non può essere accolto.

4.1. – Il primo motivo è manifestamente inammissibile.

E’ stato ritenuto da questa Corte che il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione (id est: del processo di sussunzione), rilevando solo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata male applicata, dovendo il ricorrente, in ogni caso, prospettare l’erronea interpretazione di una norma da parte del giudice che ha emesso la sentenza impugnata ed indicare, a pena d’inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 4, i motivi per i quali chiede la cassazione (Cass. n. 22348/07).

Nel caso in esame, il ricorrente denuncia come violata o falsamente applicata una norma (l’art. 1221 c.c.) nè richiamata nella pronuncia d’appello, nè comunque presupposta nel ragionamento ivi svolto. In nessuna parte della decisione della Corte territoriale, infatti, si parla degli effetti della mora nel caso d’impossibilità sopravvenuta della prestazione, di guisa che il motivo si esaurisce nell’indicazione di una norma di legge al solo fine di confutarne un’applicabilità che non trova alcun riscontro nella sentenza impugnata.

4.2. – Considerazioni del tutto analoghe valgono per il secondo motivo, atteso che il giudice di secondo grado non ha confermato una risoluzione di diritto dichiarata per l’infruttuosa scadenza di un termine essenziale, ai sensi dell’art. 1457 c.c., com’è dimostrato dal fatto che anche in tal caso nella sentenza impugnata nè è citato l’articolo anzi detto, nè si parla, appunto, di termine essenziale.

4.3. – Il terzo e il quarto motivo, da esaminare congiuntamente in quanto basati su di una medesima tesi di fatto, del pari sono inammissibili, atteso che non colgono la ratio decidendi della decisione, basata, contrariamente a quanto suppone il ricorrente, non sull’apparenza o non del vincolo preordinato all’espropriazione, ma sul suo esatto contrario, ossia sul fatto al cui accertamento il giudice d’appello è pervenuto con motivazione la cui congruità e logicità non è oggetto di censura – esattamente contrario, ossia che il detto vincolo è sorto successivamente (non solo alla stipula del preliminare, ma anche) alla scadenza del termine per concludere il contratto definitivo di vendita.

5. – Per tutto quanto sopra considerato, si propone la decisione del ricorso “con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5”.

2^ – La Corte ritiene di condividere la relazione e la proposta di definizione camerale del procedimento, in ordine alla quale nessuna delle parti ha presentato memoria, nè è comparsa nonostante regolare comunicazione dell’avviso di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Il ricorso va, pertanto, respinto.

3^ – Le spese: del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 3.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali di studio, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 17 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2011

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