Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2134 del 31/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 2134 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 22863-2010 proposto da:
– A.R.I.N. – AZIENDA RISORSE IDRICHE NAPOLI IN
LIQUIDAZIONE 07679350632, in persona del legale
rappresentante E.fo tempore, – A.R.I.N. – AZIENDA
SPECIALE, in persona del Commissario liquidatore,
elettivamente domiciliate in ROMA, VIA SARDEGNA 50,
2013
3468

presso lo studio dell’avvocato EMANUELE MERILLI,
rappresentate e difese dall’avvocato TURRA’ SERGIO,
giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 31/01/2014

D’ANTONIO ROSINA MAFALDA C.F.

DNTRNM33D70I016D,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI PORTA
PINCIANA 6, presso lo studio dell’avvocato PARLATO
GUIDO, che la rappresenta e difende, giusta delega in
atti;
controricorrente

avverso la sentenza n. 5594/2009 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 28/10/2009 R.G.N.
10384/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/12/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato PARLATO GUIDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE ) che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

R.G. n. 22863/10
Ud. 3 dic. 2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
proposta da D’Antonio Rosina Mafalda, vedova di Capurro
Giuseppe, nei confronti di ARIN – Azienda Risorse Idriche, in
liquidazione, e di ARIN S.p.A., dichiarava che l’indennità di
incentivazione percepita dal predetto Capurro Giuseppe,
prevista dall’accodo sindacale del 2 settembre 1971, era
computabile nella base di calcolo della pensione aziendale a lui
spettante, e condannava le convenute a corrispondere alla
ricorrente le relative differenze pensionistiche sulla pensione di
reversibilità di cui fruiva, oltre accessori di legge.
L’impugnazione proposta dalle Aziende veniva rigettata
dalla Corte d’Appello di Napoli con sentenza del 13 – 28 ottobre
2010.
Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte anzidetta,
ricostruito il sistema pensionistico applicabile ai dipendenti
dell’ARIN assunti in data anteriore al 30 gennaio 1963,
osservava che l’indennità di incentivazione aveva il carattere
della continuità, in quanto, ancorchè erogata nelle sole giornate
di effettiva presenza, era causalmente correlata all’ordinaria
prestazione lavorativa e dunque, quale elemento fisso e
continuativo della retribuzione, doveva essere computata nel
trattamento pensionistico aziendale ai sensi dell’art. 30 D.L. n.
55 del 1983, convertito nella L. n. 131 del 1983, che aveva
equiparato dal 1° gennaio 1987 i criteri di determinazione della
base di calcolo di tale trattamento al sistema pensionistico della
Cassa di Previdenza Dipendenti Enti Locali (CPDEL).
Aggiungeva che l’indennità in questione era disciplinata dal
regolamento organico dell’Azienda del 22 settembre 1945 e dai

Il Tribunale di Napoli, in accoglimento della domanda

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successivi accordi sindacali e relative delibere di ratifica; che con
delibera n. 185 del 1975 della Commissione amministratrice
dell’AMAN (poi ARIN), era stato dato esplicitamente atto del
carattere definitivo dell’indennità di incentivazione, corrisposta
ininterrottamente dall’aprile 1972, essendo stato raggiunto lo
scopo prefissato, e cioè quello di una massiccia contrazione delle
società appellanti, esistevano i presupposti affinchè il primo
giudice, avvalendosi dei poteri officiosi di cui all’art. 421 cod.
proc. civ., consentisse l’acquisizione agli atti degli statini paga
del defunto Capurro Giuseppe per determinare l’importo di detta
indennità ai fmi del computo della stessa nel trattamento
pensionistico.
La cassazione di questa sentenza è domandata dalle
Aziende soccombenti sulla base di due motivi. La intimata resiste
con controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378
cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, denunziando insufficiente
motivazione circa un fatto decisivo della controversia, le
ricorrenti, premesso che con delibera del Consiglio di
Amministrazione dell’AMAN (ora ARIN) del 29 settembre 1987 è
stato stabilito che il trattamento pensionistico aziendale dovesse
comprendere tutti gli elementi corrisposti in maniera fissa,
continuativa ed irrevocabile e che, secondo il regolamento
organico dell’Azienda, art. 64, la determinazione della pensione
va effettuata sulla base dello stipendio medio dell’ultimo anno,
deduce che la Corte di merito, attribuendo alla indennità di
incentivazione detti caratteri, ha ritenuto provata la percezione,
da parte del defunto Capurro, dell’indennità in questione, senza
considerare che il carattere fisso e continuativo dell’emolumento
non sta a significare che esso sia stato effettivamente percepito e
in che misura.

assenze; che pertanto, diversamente da quanto sostenuto dalle

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2. Con il secondo motivo le ricorrenti, nel denunziare
violazione degli artt. 112, 414, 416 e 421 cod. proc. civ.,
deducono che la Corte di merito ha ritenuto che non fosse
censurabile la decisione del giudice di primo grado che, in virtù
dei poteri officiosi di cui all’art. 421 cod. proc. civ., aveva
consentito, tardivamente, l’acquisizione al processo degli statini
posto a carico della D’Antonio.
Ad avviso delle ricorrenti non vi era alcuna esigenza
processuale che giustificasse la tardiva produzione dei
documenti.

3. I suddetti motivi, che in ragione della loro connessione
vanno trattati congiuntamente, non sono fondati.
Le ricorrenti non contestano che l’indennità di
incentivazione debba essere computata nel trattamento
pensionistico degli ex dipendenti dell’ARIN, ciò peraltro in
adesione ai principi eloborati in materia da questa Corte,
secondo cui il carattere della continuità di un determinato
compenso non può essere concepito in modo assoluto, ma deve
essere valutato in relazione alla particolare natura di ciascun
compenso. Conseguentemente deve considerarsi fornita di tale
carattere l’indennità di incentivazione (o di presenza), corrisposta
in base alla disciplina aziendale ai dipendenti dell’ARIN, in
quanto essa, ancorchè erogata nelle sole giornate di effettiva
presenza, è casualmente correlata all’ordinaria prestazione
lavorativa. Tale indennità, pertanto, è computabile nel
trattamento pensionistico in quanto, ai sensi dell’art. 30 del D.L.
n. 55 del 1983, convertito nella L. n. 131 del 1983, possono
rientrare nel trattamento pensionistico dei dipendenti degli enti
locali – al quale dall’i gennaio 1987 l’Azienda suddetta ha
equiparato il trattamento pensionistico dei propri dipendenti tutti gli emolumenti fissi e continuativi dovuti come
remunerazione dell’attività lavorativa (Cass. n. 15418/2000;

stipendiali del Capurro, così supplendo all’onere probatorio

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Cass. n. 20734/07; Cass. n. 8114/08; Cass. 25237/09; Cass.
11337/10; Cass. 14161/11; Cass. 18746/13).
Parimenti, le ricorrenti non contestano che la
determinazione del trattamento pensionistico debba essere
effettuata con riferimento allo stipendio medio dell’ultimo anno,
in esso compresa l’indennità di incentivazione percepita nei

disposizioni del regolamento aziendale ed in particolare degli
accordi aziendali del 6 giugno 1967 e del 5 gennaio 1968,
ratificati dall’Azienda con apposite delibere.
Censurano invece la sentenza impugnata, per avere la
Corte di merito ritenuto che il primo giudice avesse
correttamente fatto uso dei poteri officiosi di cui all’art. 421 cod.
proc. civ., acquisendo agli atti gli statini paga del defunto
coniuge della D’Antonio, in base ai quali vennero poi determinate
le differenze pensionistiche.
Senonchè, deve al riguardo rilevarsi che nel rito del lavoro,
l’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio, nell’ambito del
contemperamento del principio dispositivo con quello della
ricerca della verità, involge un giudizio di opportunità rimesso ad
un apprezzamento meramente discrezionale del giudice di
merito, che può essere sottoposto al sindacato di legittimità
soltanto qualora la sentenza di merito non adduca una adeguata
spiegazione in ordine alla decisione adottata (cfr. Cass.
12717/10; Cass. 4611/06; Cass. 7011/05).
Nella specie, la Corte di merito, nel respingere la censura
mossa alla sentenza di primo grado dalle ricorrenti, ha affermato
che con la delibera n. 185/75 della Commissione
Amministratrice dell’AMAN (ora ARIN) venne dato esplicitamente
atto del carattere definitivo dell’indennità di amministrazione,
essendo state pienamente raggiunte le fmalità poste alla base di
tale indennità, e cioè quelle di una massiccia contrazione delle
assenze e dei permessi e di una più efficiente organizzazione dei
servizi aziendali.

giorni di effettiva presenza, ciò peraltro in conformità alle

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Ha aggiunto che esistevano i presupposti affinchè il primo
giudice, avvalendosi dei poteri officiosi di cui all’art. 421 cod.
proc. civ., provvedesse alla acquisizione agli atti degli statini
stipendiali del Caparro, una volta che le convenute avevano
sollevato eccezioni circa il carattere fisso e continuativo
dell’indennità in questione.

processuale sorta solo a seguito di dette eccezioni, dal momento
che i caratteri della definitività e della continuità della
corresponsione di detto emolumento erano da ritenere scontati
alla stregua delle delibere adottate in materia dall’Azienda.
Sulla scorta di tali argomentazioni la sentenza impugnata
ha ritenuto correttamente acquisiti agli atti gli statini paga, dai
quali il primo giudice ha tratto gli elementi per la
determinazione, in concreto, dell’indennità di incentivazione
percepita dal Capurro, ai fini del computo della stessa nel
trattamento pensionistico a lui dovuto, con i conseguenti riflessi
sulla pensione di riversibilità spettante alla D’Antonio.
Trattasi di motivazione coerente, logica ed adeguata, che si
sottrae alle critiche che le vengono mosse e che comporta il
rigetto del ricorso.
La peculiarità della fattispecie in esame giustifica la
compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio.
P. Q . M .
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese tra le parti.
Così deciso in Roma in data 3 dicembre 2013.

Ricorreva, ad avviso della Corte di merito, una esigenza

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