Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21339 del 21/10/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 21339 Anno 2015
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: GRECO ANTONIO

IVA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CtflFRI

GIANFRANZO, 0~ STEFANIA,

rappresentati e difesi

dall’avv. Giovanni Pasanisi, presso il cui studio sono
elettivamente domiciliati a L’Aquila in via G. D’Annunzio n. 28,
ed attualmente in località S. Antonio, via Remo Brindisi, nuovo
complesso residenziale -Villa Magna”;
– ricarz-enti caitro
AGENZIA EELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso

la sentenza della

Commissione

tributaria

centrale,

sezione XXIV, n. 5097/2006, depositata il 10 giugno 2006.
Udita la relazione
udienza del 19 dicembre 2014

della causa svolta
dal

nella pubblica

Relatore Cons. Antonio Greco;

udito l’avv. Giovanni Pasanisi per i ricorrenti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Riccardo FUzio, che ha concluso per il rigetto del
motivo sulla contabilità e per l’accoglimento del secOndo motivo.
SVOLGTMENTO DEL PROCESSO

Data pubblicazione: 21/10/2015

Gianfranco e Stefania Onofri, nella qualità di eredi della
madre Amelia Granata, propongono ricorso per cassazione, sulla
base di quattro motivi, nei confronti della sentenza della
Commissione tributaria centrale che, accogliendo il ricorso
principale dell’amministrazione e rigettando quello incidentale
dei contribuenti, nel giudizio introdotto con l’impugnazione
dell’avviso di accertamento ai fini dell’IVA per il 1982 emesso
nei confronti della Granata, ha nella sostanza confermato
L’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva
nella presente sede.
Con istanza depositata presso la cancelleria di questa
Corte il 26 agosto 2000 i ricorrenti, dichiarando di volersi
avvalere del beneficio previsto dall’art. 3, comma 2-bis, del
d.l. 25 marzo 2010, n. 40, hanno chiesto che, ritenuta
l’ammissibilità della definizione, la controversia sia dichiarata
estinta, con la compensazione delle spese.
L’Agenzia delle entrate, con atto depositato il successivo
22 setteffibre, ha attestato l’irregolarità dell’istanza, non
ricorrendo l’integrale soccombenza dell’arrministrazione
finanziaria, risultata parzialmente soccombente nei primi due
gradi del giudizio, ma totalmente vittoriosa nel giudizio dinanzi
alla Commissione tributaria centrale.
All’esito dell’udienza pubblica del 21 setterribre 2013, la
Corte, considerato che “lo scrutinio del secondo motivo del
ricorso, con il quale si oppone il giudicato interno, rilevabile
d’ufficio, sul diritto della contribuente a detrarre l’IVA
corrisposta sugli acquisti del quarto trimestre 1982, postula
l’esame dei ricorsi proposti alla Commissione tributaria
centrale”, disponeva con ordinanza “l’acquisizione del fascicolo
d’ufficio dalla cancelleria del giudice del provvedimento
impugnato”.
MDTIVI DELLA EECISICNE

Osserva anzitutto il Collegio che l’istanza di definizione
della controversia tributaria deve essere respinta, non
ricorrendd la prescritta condizione della soccombenza
dell’Amministrazione finanziaria, in quanto “presupposto per la
definizione agevolata delle liti fiscali pendenti innanzi alla

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l’accertamento.

Corte di cassazione prevista dal D.L. 25 marzo 2010, n. 40, art.
3, comma 2 bis, convertito con modificazioni nella L. 22 maggio
2010, n. 73, è la soccombenza dell’Amministrazione finanziaria
nei precedenti gradi di giudizio. Il riferimento normativo ai
“primi due gradi di giudizio” va interpretato nel senso che
occorre aver riguardo all’intera vicenda processuale, nella quale
l’Ufficio tributario deve essere stato costantemente soccoffibente,
con la conseguenza che, nell’ipotesi in cui il giudizio di
previgente – da tre gradi di giudizio, è necessario, ai fini
dell’ammissibilità dell’istanza di definizione, che si sia
verificato un triplice esito sfavorevole per l’Amministrazione
atteso che la “ratio” delle norme è quella di deflazionare il
contenzioso pendente da oltre 10 anni confidando sull’elevata
probabilità di un esito sfavorevole in sede di legittimità”
(Cass. n. 21714 del 2010, n. 15634 del 2013).
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la “violazione
dell’art. 132 c.p.c. – Nullità della decisione per mancanza
assoluta della motivazione e/o per motivazione apparente”,
chiudendo la formulazione della censura con il seguente quesito
di diritto: “se l’affermazione del seguente testuale principio,
portato ad unica motivazione della CTC “la sentenza del giudice
penale, pure invocata dalla contribuente, è del tutto
indifferente alla controversia, riferendosi a fattispecie
pertinenti ad annualità successive al 1982, anno di rilievo in
questo giudizio”, senza altri riferimenti alla fattispecie in
concreto portata al suo esame, integri o meno la violazione del
disposto di cui all’art. 132, n. 4, c.p.c.”.
Il motivo è infondato, ove si consideri che, secondo i
principi ripetutamente affermati da questa Corte, “in materia di
contenuto della sentenza, affinché sia integrato il vizio di
“mancanza della motivazione” agli effetti di cui all’art. 132, n.
4, cod. proc. civ., occorre che la motivazione manchi del tutto nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante
dallo svolgimento del processo segu6-,l’enunciazione della
decisione senza alcuna argomentazione

ovvero che e s sa

formalmente esista come parte del documento, ma le sue
argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da

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cassazione sia stato preceduto – in applicazione del rito

non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come
giustificazione del decisurf

(Cass. n. 20112 del 2009), e “la

sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, coma 2, n. 4, cod.
proc. civ., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei
motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia
solo apparente, estrinsecandosi in argamentazioni non idonee a
rivelare la ratio décidendr(Cass. n. 161 del 2009).
Nella specie, infatti, la sentenza impugnata, accogliendo
parzialmente efficace la definizione della controversia per
essere stata presentata dichiarazione integrativa ex art. 14
della legge 27 aprile 1989, n. 154, laddove i giudici di merito
avevano nella sostanza accolto le censure di merito rivolte dalla
contribuente all’accertamento; ha puntualmente dato conto delle
modalità applicative della sanatoria, ritenendo nondimeno che, “a
mente dell’art. 17 il rapporto non poteva ragionevolmente
considerarsi esaurito limitatamente alla differenza ritenuta
dall’Ufficio, sicché non può farsi luogo ad una pronuncia di
cessazione della materia del contendere”; ed ha inoltre (“d’altro
canto…”) contestato uno degli elementi posti dal giudice di
merito alla base dell’annullamento dell’accertamento, osservando
come “la sentenza del giudice penale, pure invocata dalla
contribuente, è del tutto indifferente alla controversia,
riferendosi a fattispecie pertinenti ad annualità successive al
1982, anno in rilievo in questo giudizio”.
Con il secondo motivo oppongono il giudicato interno,
formatosi per mancata impugnazione, in ordine al diritto della
contribuente a detrarre l’imposta IVA sugli acquisti del quarto
trimestre del 1982, e quindi la violazione del disposto dell’art.
112 cod. proc. civ. e dell’art. 2909 cod. civ., “ovvero, ed anche
altrimenti, la violazione dell’art. 132, secondo comma, cod.
proc. civ., mancando sul punto la motivazione”.
Il rilievo è fondato, in quanto dall’esame della sentenza
di secondo grado e dal relative atto di impugnazione dell’ufficio
finanziario dinanzi alla CTC, risulta che quella specifica
contestazione dell’ufficio era stata, con una spécifica
statuizione, considerata infondata in diritto: la sentenza
d’appello, confermando quella di primo grado (che ne aveva

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la domanda dell’amministrazione, ha ritenuto applicabile e.

diffusamente spiegato le ragioni), aveva infatti stabilito che
“per quanto concerne l’IVA relativa al 4 0 trimestre del 1982, non
si vede come possa esserne contestata la detraibilità quando la
giurisprudenza è sempre stata, in tal senso, assolutamente
unanime”; ed il ricorso dell’Ufficio provinciale IVA dell’Aquila,
nella cui narrativa era stata trascritta per intero la
motivazione della sentenza impugnata, non aveva svolto nei
confronti della detta statuizione alcuna censura, limitandosi a
legge n. 154 del 1989 e sulla rilevanza della sentenza penale
nello specifico giudizio tributario. Dalla “riforma dPlla
decisione gravata” deve pertanto essere esclusa la statuizione
della sentenza d’appello concernente la detraibilità dell’IVA
relativa al 4° trimestre 1982, dovendo il Collegio rilevare
d’ufficio la formazione del giudicato interno sul punto.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione
degli artt. 14 e 17 del d.l. 2 marzo 1989, n. 69, convertito in
legge 27 aprile 1989, n. 154, per la ritenuta inefficacia della
dichiarazione integrativa presentata in quanto non adeguata ai
coefficienti presuntivi fissati con il d.P.C.m. 20 luglio 1989.
Il motivo è infondato, in quanto, come questa Corte ha
avuto modo di Chiarire, “le dichiarazioni integrative presentate,
in base al d.l. 2 marzo 1989, n. 14, convertito, con
modificazioni, in legge 27 aprile 1989, n. 154, in presenza di un
accertamento dell’Ufficio non definitivo, a norma dell’art. 17,
ancorché siano in linea, quanto all’ammontare dei redditi
indicati, con i coefficienti presuntivi previsti dalla stessa
disposizione – e perciò preclusive di controlli per sorteggio o
in base a criteri selettivi – , non determinano l’estinzione del
rapporto per la differenza tra l’accertato e il minore importo
dichiarato, limitandosi a produrre effetti favorevoli per il
contribuente fino alla concorrenza del reddito derivante dai
coefficienti” (Cass. n. 19441 del 2003).
Con il quarto motivo, denunciando la violazione degli artt.
26, 27 e 29 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, eccepiscono
l’iriartmissibililità del ricorso dell’ufficio alla CammisSione
tributaria centrale, in quanto implicante valutazioni estimative
complesse.

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dedurre circa l’applicazione della definizione aisensi della

MENTE DA REGISTRAZIONE
Al SENSI DEL D.P.R. 26/4119016
N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5
MATERIA MUTAMI
Il motivo è del pari infondato.
Questa Corte ha affermato che “le

questioni di fatto

relative a valutazioni estimative che l’art. 26 del d.P.R. n. 636
del 1972, nel rispetto dei principi fissati con l’art. 10 della
legge delega n. 828 del 1971, sottrae alla cognizione della
commissione tributaria centrale, sono esclusivamente le questioni
di fatto attinenti alla quantificazione del cespite, del reddito
o della base imponibile, o alla individuazione dei presupposti
investono le condizioni giuridiche per il riscontro di un reddito
tassabile, o, in genere, l’ambito di applicazione di una
determinata norma” (Cass. n. 8212 del 2008).
Nella specie il ricorso dell’ufficio investiva appunto
l’ambito e le condizioni di applicazione della disciplina del
condono dettate dagli artt. 14 e 17 del d.l. 2 marzo 1989, n. 14,
come convertito, ed in tali termini la Commissione centrale ha
svolto il suo scrutinio.
In conclusione, va accolto il secondo motivo, con il quale
si è opposto, e questa Corte ha ravvisato, il giudicato interno
sulla detraibilità dell’IVA per il quarto trimestre del 1982, e
vanno rigettati il primo, il terzo ed il quarto motivo del
ricorso, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo
come accolto e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra
sezione della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso e rigetta
il primo, il terzo ed il quarto motivo, cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le
spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale
dell’Abruzzo.
Così deciso in Roma il 19 diceMbre 2014
Il Consigliere estensore

materiali ed oggettivi del tributo, e non anche quelle che

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