Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21339 del 06/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/10/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 06/10/2020), n.21339

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17911-2018 proposto da:

F.D.H. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TUSCOLANA 9, presso lo studio

dell’avvocato ROSELLINA RICCI, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIOVANNI SENSI;

– ricorrente –

contro

BUCA POLDO SAS DI G.L. & C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIUSEPPE MAZZINI 112, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

MASSIMO CANDREVA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ROSELLA MALUNE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 792/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 04/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società FDH S.r.l. nel 2016 con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. al Tribunale di Firenze espose:

-) di essere comproprietaria dell’immobile sito a (OMISSIS);

-) che la società Buca Poldo di G.L. & C. S.a.s. aveva realizzato, su un immobile attiguo a quello di comproprietà della ricorrente, in posizione esterna, una pedana ed un tendone;

-) l’una e l’altro provocavano, rispettivamente, ristagni e stillicidi potenzialmente dannosi per la proprietà della ricorrente. Chiese pertanto la condanna della società resistente alla rimozione o allo spostamento dei due suddetti manufatti.

2. Con ordinanza 4 luglio 2016 il Tribunale di Firenze ordinò alla società resistente di arretrare di almeno un metro il tendone e la pedana.

Ritenne il tribunale che la pedana ed il tendone installato dalla società Buca Poldo costituissero un “corpo di fabbrica” integrante il fabbricato; che di conseguenza esso violava le distanze legali minime di cui all’art. 873 c.c.; che si trattava di manufatti che aumentavano complessivamente il volume della costruzione e non avevano funzione meramente ornamentale.

3. Con sentenza 4.4.2018 n. 792, pronunciata ex art. 281 sexies c.p.c., la Corte d’appello di Firenze accolse il gravame proposto dalla Buca Poldo, e rigettò la domanda proposta dalla FDH.

Ritenne la Corte d’appello che il tendone e la pedana non costruivano “costruzioni” ai fini dell’art. 873 c.c. e ss.; che essi infatti non avevano il carattere della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo; che non vi fosse prova che l’acqua piovana, a causa del tendone e della pedana sopradescritti, avesse danneggiato l’intonaco dell’immobile della società attrice.

4. La sentenza d’appello è impugnata per cassazione dalla FDH con ricorso fondato su quattro motivi.

Ha resistito con controricorso la Buca Poldo.

Ambo le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c..

Deduce che la Corte d’appello avrebbe travisato il contenuto oggettivo della domanda da essa formulata.

Sostiene di avere chiesto, con l’atto introduttivo del primo grado di giudizio, l’adozione delle misure necessarie (in particolare la rimozione o arretramento del tendone e della pedana) al fine di prevenire danni che potessero derivare alla proprietà della ricorrente dagli stillicidi provocati dai due manufatti suddetti.

La Corte d’appello, per contro, aveva rigettato la domanda ritenendo non esservi in atti la prova “dell’effettivo verificarsi di danni in seguito a piogge”.

Deduce tuttavia la ricorrente che per effetto della domanda da essa proposta il tribunale avrebbe dovuto accertare non già se vi fossero dei danni in atto, ma se sussistesse il pericolo che questi danni potessero verificarsi in futuro.

1.1. Il motivo è fondato.

Con l’atto introduttivo del giudizio la società FDH fondò la domanda di arretramento sull’assunto che i due manufatti realizzati dalla società resistente potevano recare danno alla proprietà della ricorrente.

La Corte d’appello avrebbe dovuto pertanto accertare non tanto e non solo l’esistenza di un danno già verificatosi, ma anche il rischio concreto di un verificarsi del danno in futuro: il che non ha fatto.

A tal riguardo non può condividersi quanto sostenuto dalla società Buca Poldo a pagina 3, 5 6, della propria memoria, ovvero che la Corte d’appello si sarebbe pronunciata sulla questione, “affermando che non è stato dimostrato il pericolo di danno futuro”.

Nella scarna motivazione della sentenza impugnata, infatti, nessun passaggio è dedicato al rischio di verificarsi di danni futuri.

2. Col secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la nullità della sentenza per l’inesistenza della motivazione. Sostiene di aver prodotto in grado di appello tre fotografie dalle quali risultava l’esistenza di danni al proprio immobile derivanti da percolazioni di acqua provocate dal tendone installato dalla società Buca Poldo, e che contro l’evidenza la Corte d’appello aveva affermato che da tali fotografie nulla emergeva circa l’effettivo verificarsi di danni.

2.1. Il motivo è infondato.

La nullità della sentenza per mancanza di motivazione può essere pronunciata soltanto quando la motivazione manchi del tutto “sinanche come segno grafico”; oppure sia totalmente incomprensibile; oppure sia insanabilmente contraddittoria (Cass. sez. un. 8053/14).

Nessuna di tali ipotesi ricorre nel caso di specie.

3. Il terzo ed il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente perchè strettamente connessi tra loro.

Col terzo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo.

Sostiene “essere verosimile” che la Corte d’appello abbia fondato la propria valutazione soltanto sulle fotografie depositate nel primo grado di giudizio, e non sulle ulteriori e più recenti fotografie depositate in grado di appello.

Col quarto motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c..

Sostiene che la Corte d’appello, anche ad ammettere che avesse effettivamente preso in esame l’esistenza e il contenuto delle fotografie depositate dalla società ricorrente, ne ha erroneamente percepito il contenuto, travisandone il significato.

Deduce che in quelle fotografie, infatti, emergeva “in modo indiscutibile l’esistenza di macchie sul muro della parete del fabbricato” della FDH, sicchè affermando il contrario la Corte d’appello aveva travisato il suddetto mezzo istruttorio.

3.1. I motivi sono fondati.

Come già stabilito da questa Corte, in materia di ricorso per cassazione, mentre l’errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito – e che investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa, o meno, del fatto che si intende provare – non è mai sindacabile in sede di legittimità, l’errore di percezione, cadendo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti, è sindacabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione del medesimo codice, art. 115, norma che vieta di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti, ma in realtà mai offerte (o viceversa). (Sez. 3 -, Sentenza n. 9356 del 12/04/2017, Rv. 644001 – 01).

Nel caso di specie dall’esame del fascicolo di primo grado, consentito a questa Corte dalla natura del vizio dedotto, risulta che effettivamente la documentazione prodotta dalla società originariamente ricorrente evidenziava l’esistenza di diffusi ammaestramenti sulla facciata del fabbricato, sicchè fondata appare la deduzione del vizio di travisamento della prova.

4. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

(-) accoglie il primo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso; rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2020

 

 

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