Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21338 del 18/09/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 21338 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 17187-2007 proposto da:
FINTECNA – FINANZIARIA PER I SETTORI INDUSTRIALE E
DEI SERVIZI S.P.A. (P.I. 04507161000), in persona
del Direttore Generale pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DELL’ORSO 74, presso
l’avvocato DI MARTINO PAOLO, che la rappresenta e
2013

difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

1121

contro

COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro

Data pubblicazione: 18/09/2013

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.
CATALANI 26, presso l’avvocato D’ANNIBALE ENRICO,
rappresentato e difeso dall’avvocato BARONE
EDOARDO, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 27/04/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 25/06/2013 dal Consigliere
Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato DI MARTINO
PAOLO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato LAURENTI
NICOLA, con delega avv. BARONE EDOARDO, che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 1262/2006 della CORTE

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Svolgimento del processo
In data 18 settembre 2002 il Comune di Napoli ha
impugnato il lodo arbitrale parziale, sottoscritto il 2324 aprile 2001, e quello definitivo, sottoscritto il 3031 gennaio 2002, resi nel giudizio arbitrale promosso

dalla Fintecna spa, in liquidazione, avente ad oggetto la
richiesta condanna del Comune di Napoli a corrispondere
varie somme alla società appaltatrice (a titolo
revisionale, interessi, indennizzi ecc.) perché
inadempiente alle obbligazioni nascenti dalla convenzione
avente ad oggetto la realizzazione dell’asse viario a
scorrimento veloce collegante la Tangenziale di Napoli
(svincolo corso Malta) con Ponticelli (via Argine) e con
il Porto della medesima città. Il lodo parziale aveva
rigettato l’eccezione del Comune di Napoli di
incompetenza del collegio arbitrale e quello definitivo,
in accoglimento delle domande della Fintecna, aveva
condannato il Comune al pagamento.
Nell’atto di impugnazione di entrambi i lodi il Comune
aveva ribadito l’eccezione di nullità per incompetenza
degli arbitri, a norma dell’art. 3, comma 2, del d.l. 11
giugno 1998 n. 180, conv. in legge 3 agosto 1998 n. 267,
confermato dall’art. 8, comma 1, lett. d), del d.lgs. 20
settembre 1999 n. 354. La Fintecna, costituitasi in
giudizio a seguito della rinnovazione della notifica
dell’atto introduttivo disposta dalla corte a norma
3

dell’art. 291 c.p.c., si era costituita eccependo, tra
l’altro, l’inesistenza della notifica dell’atto di
impugnazione, perché effettuata nei suoi confronti nel
domicilio eletto presso i difensori costituiti nel
giudizio arbitrale, e la mancata specificazione dei

motivi di impugnazione.
La Corte di appello di Napoli, con sentenza 27 aprile
2006, ha rigettato le eccezioni preliminari sollevate
dalla Fintecna; ha accolto l’impugnazione del Comune e
dichiarato la nullità dei lodi per incompetenza degli
arbitri, in applicazione delle predette disposizioni
normative che escludono la compromettibilità in arbitri
delle controversie relative all’esecuzione di opere
pubbliche comprese in programmi di ricostruzione di
territori colpiti da calamità naturali; ha infine
compensato le spese.
La Fintecna propone ricorso per cassazione affidato a tre
motivi illustrati da memoria. Il Comune di Napoli resiste
con controricorso.
Motivi della decisione
1.- Il primo motivo, nel quale la ricorrente deduce
violazione o falsa applicazione degli artt. 291, 163,
156, 157, 828 c.p.c. e 2969 c.c. e vizio di motivazione,
pone due quesiti di diritto: il primo chiede “se la
rinnovazione della citazione disposta dal giudice di
merito ai sensi dell’art. 291 c.p.c. può dirsi
4

validamente
fotocopia

effettuata mediante
dell’atto

introduttivo

la

spedizione di
e

di

copia

dell’ordinanza che abbia disposto la rinnovazione, senza
alcun riferimento all’autore della rinnovazione e senza
alcun invito o citazione a comparire al destinatario

della notifica”; il secondo quesito chiede “se, in caso
di contrasto, in presenza di termini processuali
sottratti alla disponibilità delle parti la previsione di
cui all’art. 2969 c.c. sia prevalente rispetto alla
previsione di cui all’art. 291, comma l, ultima parte,
c.p.c., con conseguente obbligo del giudice di rilevare
d’ufficio la decadenza”.
La questione posta nel primo quesito è infondata. In
esecuzione dell’ordinanza collegiale ex art. 291 c.p.c.
il Comune ha rinnovato la notifica dell’impugnazione, in
data 21 aprile 2004, presso la sede legale della società
che si è costituita sanando per ciò stesso gli eventuali
vizi della notificazione dell’atto di impugnazione.
La seconda questione riguarda la dedotta illegittimità
dell’ordine di rinnovazione della notifica emesso quando
la società non era ancora costituita e dopo che era già
scaduto il termine di impugnazione del lodo, situazione
nella quale si assume che il giudice avrebbe dovuto
rilevare d’ufficio la decadenza ex art. 2969 c.c. Essa è
infondata. La corte territoriale ha fatto puntuale
.

applicazione del principio secondo cui l’irrituale
5

notificazione dell’impugnazione per nullità del lodo
arbitrale presso il difensore che l’abbia difesa nel
procedimento arbitrale, anziché alla parte personalmente,
non implica inesistenza, ma nullità della notificazione
medesima e, dunque, un vizio emendabile con effetti ex
(ed esclusione del verificarsi della decadenza per

tunc

l’eventuale sopraggiungere della scadenza del termine
d’impugnazione) con la costituzione del convenuto,
ovvero, in difetto di tale costituzione, con la
rinnovazione della notificazione medesima cui la parte
istante provveda spontaneamente o in esecuzione di ordine
impartito dal giudice ai sensi dell’art. 291 c.p.c. (tra
le tante, Cass., sez. un., n. 3075 del 2003; n. 22486 del
2004).
2.-

Il

secondo motivo,

per violazione

o

falsa

applicazione degli artt. 827, 828 e 829 c.p.c., si
conclude con un quesito nel quale si chiede “se la
specificità dei motivi nella impugnazione del lodo debba
essere intesa in senso rigoroso, potendosi assoggettare
sotto tale profilo l’impugnazione ex art. 829 c.p.c. alla
disciplina del ricorso per cassazione, sicché ove
l’impugnazione del lodo proposta non contenga la
specificazione dei motivi debba essere dichiarata
inammissibile”.
Il motivo è infondato, non sussistendo violazione del
principio di diritto invocato (quello secondo cui, nel
6

giudizio di impugnazione per nullità del lodo arbitrale,
che è giudizio a critica limitata, trova applicazione la
regola della specificità dei motivi, da intendersi in
senso rigoroso, avvicinandosi, sotto tale profilo,
l’impugnazione ex art. 829 c.p.c., in considerazione

della sua natura rescindente, alla disciplina del ricorso
per cassazione, sicché, ove il lodo sia impugnato per
inosservanza delle regole di diritto, la censura va
intesa nello stesso senso della violazione e falsa
applicazione delle norme di diritto di cui all’art. 360
n. 3 c.p.c., v. tra le altre Cass. n. 23900 e 3383 del
2004). Il Comune di Napoli ha infatti impugnato il lodo
,
,

per nullità (ex art. 829 n. 1 c.p.c.) e specificamente
eccepito l’incompetenza degli arbitri, a norma dell’art.
3, comma 2, del d.l. n. 180 del 1998, che vieta il
ricorso all’arbitrato in tutte le controversie relative
all’esecuzione di opere pubbliche rientranti nei
“programmi di ricostruzione di territori colpiti da
calamità naturali”, senza alcuna distinzione o
limitazione a determinate calamità, o a determinati tipi
di calamità, e senza che rilevi la loro collocazione
territoriale (Cass. n. 5578 del 2005 e n. 9394 del 2011).
3.- Il terzo motivo, per violazione o falsa applicazione
degli artt. 3, comma 2, del d.l. 11 giugno 1998 n. 180,

,
conv. in legge 3 agosto 1998 n. 267 e 112 c.p.c. e vizio

di motivazione, si conclude con un quesito nel quale si
7

chiede “se è conforme a diritto una sentenza la cui
motivazione si limiti a richiamare precedenti
giurisprudenziali non ricollegati espressamente alla
fattispecie controversa, impedendo un controllo sul
procedimento logico seguito dal giudice”.

Il motivo è inammissibile per una duplice ragione: per
inidoneità del quesito di diritto, il quale deve
assolvere alla funzione di integrare il punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e
l’enunciazione del principio giuridico e, quindi, deve
essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la
Corte in grado di poter comprendere dalla sua sola
lettura l’errore asseritamente compiuto dal giudice di
merito e la regola applicabile e non può essere meramente
generico e teorico o consistere in una semplice richiesta
di accoglimento del motivo ovvero nel mero interpello
della Corte in ordine alla fondatezza della propugnata
petizione di principio o della censura così come
illustrata nello svolgimento del motivo (tra le tante
Cass. n. 3530 del 2012); nonché per erronea
individuazione della tipologia del vizio, essendo
censurato anche come vizio di motivazione un errore in
cui si assume che sia incorso il giudice di merito
nell’interpretazione della norma di diritto rilevante
nella fattispecie (il citato art. 3, coma 2) che avrebbe

8

dovuto essere denunciato ai sensi dell’art. 360 n. 3
c.p.c. (tra le tante Cass. n. 7267/2012).
4.- Il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio seguono
la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

spese del giudizio di legittimità, liquidate in C
15200,00, di cui C 15000 per compensi.
Roma, 25 giugno 2013.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle

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