Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21336 del 21/10/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21336 Anno 2015
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

ORDINANZA
sul ricorso n.r.g.18102 2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente contro

BILIARDO CLUB di Talice Francesco & C. s.a.s.;
– intimata avverso la sentenza n.50/25/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata il
15/5/2013;
al quale è stato riunito il ricorso r.g.n.18103/2014 proposto da:

5’4-e5

Data pubblicazione: 21/10/2015

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende;

contro

TALICE ROBERTO;
– intimato avverso la sentenza n.48/25/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata il
15/5/2013;
ed il ricorso r.g.n.18103/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente contro

TALICE FRANCESCO;
– intimato avverso la sentenza n.49/25/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata il
15/5/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/07/2015 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI;

CONSIDERATO IN FATTO
Ric. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
Rle. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
-2-

– ricorrente –

L’Agenzia delle Entrate ricorre, con distinti atti, nei confronti
della Biliardo Club di Talice Francesco & C. s.a.s. e dei soci Francesco
Talice e Roberto Talice avverso le sentenze, indicate in epigrafe, con
le quali la Commissione Tributaria Regionale della Toscana -nelle
controversie aventi ad oggetto l’impugnazione da parte della Società di

l’Ufficio aveva riscontrato il discostamento del reddito dichiarato, per
l’anno 2003, da quello determinato mediante applicazione degli studi di
settore relativi all’attività di impresa-bar) e da parte dei singoli soci dei
conseguenti avvisi di accertamento, portanti maggiore IRPEF sui
redditi da partecipazione- hanno accolto gli appelli proposti dai
contribuenti alle decisioni di primo grado agli stessi sfavorevoli.
In particolare, il Giudice di appello, con le sentenze di identico
contenuto, pur rilevando la legittimità dell’accertamento e che lo studio
di settore costituisse una presunzione di particolare gravità, la cui
prova di inutilizzabilità fosse rimessa al contribuente, riteneva, poi,
che tale accertamento era legittimo, solo ove basato su gravi
incongruenze ed il contemporaneo disallineamento dei ricavi rispetto a
GERICO e, che era onere del Fisco andare oltre le risultanze dello
studio applicato, dimostrando l’esistenza di gravi incongruenze.
Riteneva, quindi, che l’Ufficio, nel caso di specie, non avesse
dato tale dimostrazione, essendosi limitato in sede di motivazione della
rettificazione al semplice richiamo della non congruità, senza per nulla
cadere nell’indagine dell’impresa, concedendo anche una riduzione
forfetaria del 20%, il che aveva riportato i ricavi entro i limiti del
minimo previsto dallo studio di settore.
I ricorsi di identico contenuto sono affidati a tre motivi.
I contribuenti non hanno svolto attività difensiva.
Ric. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
Rrle. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
-3-

f

avviso di accertamento, portante maggiori IRAP ed IVA, (con il quale

A seguito di deposito di relazione ex art.380 bis c.p.c. è stata
fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale
comunicazione alle parti.

RITENUTO IN DIRITTO
1.Preliminarmente, ricorrendone i presupposti, va disposta la

18102/2014) di quelli proposti nei confronti dei singoli soci in
adesione al principio statuito da questa Corte (v. Sentenza n. 3830 del
18/02/2010) secondo cui ” nel processo di cassazione, in presenza di cause
decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito
di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi
stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati
senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione
del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva
fatti:specie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale
dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle
difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: (1) identità oggettiva
quanto a “causa petendi” dei ricorsi; (2) simultanea proposizione degli stessi
avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento
della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi,
identità di difese; (3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad
entrambi i giudici del merito; (4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali
giudici. In tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa attua il diritto
fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111,
secondo comma, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria)
declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un
inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità
Ric. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
Rle. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
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riunione al ricorso proposto nei confronti della Società (iscritto al n.r.g.

supefflue, perchè non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo
del principio del contraddittotio”.
2.Con il primo motivo —rubricato: violazione e/ o falsa applicazione
dell’art.62 sexies d.l. 331 / 93, dell’art.39, comma 1 lett.D) e comma 2 lett.D-bis
del d.p.r. 600/73, art.54 del d.p.r. 633/1972, nonché dell’art.5 del d.lgs.

censura la sentenza impugnata per avere la C.T.R. ritenuto che
l’Ufficio si fosse limitato ad una pura “applicazione matematica” della
formula fornita dallo studio di settore, limitandosi, in sede di
motivazione dell’avviso di accertamento, ad un semplice richiamo della
“non congruità”. Secondo la prospettazione difensiva tale
argomentazione è giuridicamente errata in quanto, una volta
riscontrato lo scostamento ed espletato correttamente il
contraddittorio, non spetta all’Ufficio dimostrare la presenza di
ulteriori elementi (peraltro evidenziati nello stesso avviso di
accertamento) ma spetta al Giudice valutare, nel merito, le
giustificazioni addotte dal contribuente. Inoltre, sempre secondo la
ricorrente, la C.T.R. ponendo, di fatto, a carico dell’Ufficio l’obbligo di
riconoscere tout court nell’avviso di accertamento gli abbattimenti
concessi in sede di adesione, avrebbe completamente stravolto la ratio
dell’istituto dell’adesione.
2. Con il secondo motivo, avanzato in subordine, qualora si
volesse ritenere che la C.T.R. avesse espresso un giudizio di merito
sull’infondatezza della pretesa, la ricorrente denunzia la sentenza
impugnata di motivazione apparente, ai sensi del n.4 del I comma
dell’art.360 c.p.c. per violazione degli artt.36 e 61 d.lgs.n.546/1992 e
dell’art.132 c.p.c.

Ric. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
P5e. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
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218/1997 e 2697 c.c. tutto in relazione all’art.360, comma 1 n.3 c.p.c.- si

3. In ulteriore subordine, con il terzo motivo si deduce, ai sensi
dell’art.360, I comma,n.5 c.p.c., l’omesso esame di fatti decisivi per il
giudizio, oggetto di discussione tra le parti, dati dalla circostanza che
l’avviso di motivazione non si fondava sulla mera, matematica
applicazione degli standards, riportando, al contrario, ulteriori elementi

dal contribuente nella fase amministrativa.
4. E’ fondato il primo motivo con assorbimento dei restanti
proposti in subordine.
Nella specifica materia questa Corte ha chiarito che la procedura
di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei
parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni
semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege”
determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli
” standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per
elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito
al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità
dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha
l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la
sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa
dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli ” standards” o la
specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame,
mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel
rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la
dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard’ prescelto e
con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate
dal contribuente.

Ric. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
1z6e. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
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presuntivi a sostegno della pretesa e dando conto delle ragioni addotte

L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità
dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare
tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi
dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente
che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del

incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto
all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In
tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo
comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla
sola base dell’applicazione degli

“standards”,

dando conto

dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente,
nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro
probatorio, la mancata risposta all’invito (cfr. Cass. S.U. 26635/2009,
Cass. 12558/2010, Cass. 12428/2012, Cass. 23070/2012).
In termini di onere della prova, nella citata sentenza delle
Sezioni unite, si è affermato, poi, che “l’onere della prova (..) è così ripartito:
a) all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello standard
prescelto al caso concreto oggetto dell’accertamento; b) al contribuente (..) fa carico la
prova della sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa
dall’area dei soggetti cui possano essere applicati gli standard o della specifica realtà
dell’attività economica nel periodo di tempo cui l’accertamento si riferisce”. Come
successivamente precisato da questa Corte (Cass. 3312/2011), il fine e
l’effetto del principio di diritto affermato delle Sezioni Unite è stato
quello di porre in luce l’importanza del contraddittorio, non solo nel
processo ma anche nella realtà, quale strumento principale di
verificazione o falsificazione della corrispondenza tra realtà e sua
rappresentazione, in quanto proprio “in sede di contraddittorio – il
Ric. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
R7e. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
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procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà,

quale può avvenire già in fase amministrativa, ma anche e soprattutto
nel giudizio – il contribuente potrà in primo luogo dedurre e
dimostrare che i parametri utilizzati sono in sè erronei perché sono
basati su elementi fattuali non corrispondenti alla realtà o su criteri di
elaborazione e di inferenza illogici” e potrà, quindi, chiedere

dimostrare che l’Ufficio impositore è incorso in errore operativo
nell’applicare i parametri alla sua realtà ovvero ancora dedurre o
l’estraneità della propria attività rispetto alla tipologia alla quale quei
parametri intendono riferirsi o la sussistenza, nella propria attività di
caratteri per così dire anormali, cioè di elementi che la diversificano
rispetto a quelle in riferimento alle quali è stata individuata la normalità
reddituale. Ove il contribuente, pur essendo stato messo in condizione
di dedurre, nulla dice, legittimamente “l’Ufficio impositore prima e il
giudice poi non avranno elementi per escludere che l’attività in
questione sia un’attività normale ed abbia quindi una redditività
normale”; ove il contribuente prospetti, invece, la sussistenza di
circostanze di fatto, tali da allontanare la sua attività dal modello
normale al quale i parametri fanno riferimento, “spetterà all’ufficio
prima e al giudice poi valutare in primo luogo se tali circostanze sono
vere e poi se esse possono essere effettivamente idonee a giustificare
un reddito inferiore a quello che sarebbe normale e quindi
presuntivamente vero in assenza di esse”.
In sostanza, i parametri previsti dalla L. 28 dicembre 1995, n.
549, art. 3, commi da 181 a 187, rappresentando la risultante
dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su
campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori
che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il
Ric. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
Rfite. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
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l’annullamento del provvedimento che li ha approvati ovvero dedurre e

legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analiticoinduttivo D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 1, lett.
d, e, soltanto ove siano stati contestati, in sede di contraddittorio con il
contribuente, sulla base di allegazioni specifiche, sono inidonei a
supportare da soli l’accertamento medesimo, se non confortati da

recente, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3415 del 20/02/2015).
4.1 Nella fattispecie, vertendosi in ipotesi nella quale, come si
evince dalla stessa sentenza impugnata, la contribuente aveva risposto
all’invito dell’Ufficio al contraddittorio, i giudici d’appello si sono
limitati a ritenere, in generale ed in astratto, inidonei gli strumenti
parametrici a fondare l’accertamento, senza vagliare, nel concreto, i
dati fattuali offerti dall’Ufficio e le prove contrarie offerte dal
contribuente, fornendo delle argomentazioni in diritto di segno
opposto a quelli di cui ai principi sopra riportati.
Il Giudice di merito ha, invero, erroneamente posto a carico
dell’Ufficio un ulteriore onere probatorio allo stesso non spettante,
laddove l’avviso di accertamento (integralmente riportato in ricorso in
ossequio al principio di autosufficienza) riportava sia l’esito del
contraddittorio che le ragioni per cui si erano ritenute non idonee le
giustificazioni addotte dalla contribuente e, soprattutto, ha
erroneamente sovrapposto, con violazione anche dell’art. 5 del d.lgs.
218/1997, l’esito dell’accertamento con adesione con la motivazione
dell’avviso di accertamento conseguente al mancato perfezionamento
del primo.
5. Ne consegue che la sentenza impugnata, la quale non ha fatto
corretta applicazione della normativa di riferimento, va cassata e la
controversia rinviata al Giudice di merito affinchè provveda al riesame
Ric. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
P9e. 2014 n.18102 sez. MT – ud. 23-07-2015
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elementi concreti desunti dalla realtà economica dell’impresa (così, di

della vicenda processuale, alla luce dei principi esposti, ed al
regolamento delle spese.

P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti
gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese

diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 23 luglio 2015
l .resídente

processuali, alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in

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