Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21334 del 13/08/2019

Cassazione civile sez. I, 13/08/2019, (ud. 12/03/2019, dep. 13/08/2019), n.21334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Grafica Canada di N.D. & C. s.a.s., elettivamente

domiciliata in Roma, via delle Carrozze 3, presso lo studio

dell’avv. Giuseppe Comunale, rappresentata e difesa, giusta procura

speciale in calce al ricorso, dall’avv. Paolo Grimaldi che dichiara

di voler ricevere le comunicazioni relative al processo al fax n.

081/9211156 e alla p.e.c. p.grimaldi.avvocatinocera-pec.it;

– ricorrente –

nei confronti di:

Fallimento (OMISSIS) s.p.a., elettivamente domiciliato in Roma, via

della Giuliana 35, presso lo studio dell’avv. Tiziana Apuzzo,

rappresentato e difeso, giusta procura a margine del controricorso,

dall’avv. Giuseppe Balsamo (giuseppe.balsamo.ordineavvocatita.it)

che dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al processo

al fax n. 081/5363348;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso incidentale proposto da:

Fallimento (OMISSIS) s.p.a., come sopra rappresentato e difeso;

– ricorrente incidentale –

nei confronti di:

Grafica Canada di N.D. & C. s.a.s.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3768/2013 della Corte di appello di Napoli,

emessa il 28 ottobre 2013 e depositata il 3 dicembre 2013, n. R.G.

1465/2012;

sentita la relazione in Camera di consiglio del Cons. Dott. Giacinto

Bisogni.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il fallimento della società (OMISSIS) s.p.a. ha agito davanti al Tribunale di Torre Annunziata per ottenere la revoca di pagamenti L. Fall., ex art. 67, comma 2, effettuati dalla società in bonis a favore della s.a.s. Grafica Canada di N.D. & C..

2. Il Tribunale ha accolto la domanda e la Corte di appello ha confermato la decisione di primo grado ribadendo e argomentando le ragioni per cui doveva ritenersi sussistente il requisito della scientia decoctionis. Sull’appello incidentale della curatela, che si doleva del riconoscimento dei soli interessi legali a decorrere dalla domanda, e non già dalla data dei pagamenti, con rivalutazione monetaria dalla stessa data, la Corte di appello ha affermato che il credito della massa è un credito di valuta, per cui su di esso spettano gli interessi legali dalla domanda e il maggior danno solo se allegato e specificamente dimostrato, mentre nella specie la curatela non aveva neppure tentato tale prova.

3. Ricorre per cassazione la società creditrice, con un solo motivo con il quale deduce la violazione della L. Fall., art. 67.

4. Il Fallimento propone controricorso con ricorso incidentale anche esso articolato in un solo motivo con il quale si deduce violazione L. Fall., art. 67 e art. 1282 c.c., comma 1 e art. 1224 c.c..

Diritto

RITENUTO

che:

5. Il ricorso principale è inammissibile perchè contiene esclusivamente critiche di merito sull’accertamento della scientia decoctionis.

6. Con il ricorso incidentale si lamenta che la Corte distrettuale napoletana abbia riconosciuto i soli interessi legali dalla data della domanda, e si sostiene che, essendo il credito restitutorio derivante dalla revoca un credito di valore, spettavano gli interessi e la rivalutazione dalla data dei pagamenti, come richiesto. In ogni caso, è errato, secondo la curatela fallimentare, il rigetto della domanda di risarcimento del maggior danno per difetto di prova, dato che il maggior danno da inadempimento delle obbligazioni pecuniarie va riconosciuto in via presuntiva nella misura della differenza tra il tasso degli interessi legali moratori e il tasso del rendimento medio annuo netto dei titoli di stato di durata non superiore ai dodici mesi (Cass. Sez. U. 19499/2008).

7. La prima censura è infondata. In ipotesi di vittorioso esperimento della revocatoria fallimentare relativa ad un pagamento eseguito dal fallito nel “periodo sospetto”, l’obbligazione restitutoria dell'”accipiens” soccombente in revocatoria ha natura di debito di valuta e non di valore, atteso che l’atto posto in essere dal fallito è originariamente lecito e la sua inefficacia sopravviene solo in esito alla sentenza di accoglimento della revocatoria, dovendosi ritenere la natura costitutiva di tale sentenza e perciò qualificare come diritto potestativo (e non come diritto di credito) la situazione giuridica facente capo al curatore fallimentare che agisce in revocatoria; ne consegue che gli interessi sulla somma da restituirsi da parte del soccombente decorrono dalla data della domanda giudiziale e che il risarcimento del maggior danno conseguente al ritardo con cui sia stata restituita la somma di denaro oggetto della revocatoria spetta solo ove l’attore alleghi specificamente tale danno e dimostri di averlo subito (cfr. Cass. S.U. n. 437 del 15 giugno 2000 e successivamente Cass. civ. sez. I n. 12736 del 10 giugno 2011, n. 27084 del 15 dicembre 2011 e n. 12850 del 23 maggio 2018).

8. Quanto alla prova del maggior danno la sentenza delle Sezioni Unite n. 19499/2008, richiamata dal ricorrente, ha affermato che nel caso di ritardato adempimento di una obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all’art. 1224 c.c., comma 2, può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali. Ricorrendo tale ipotesi, il risarcimento del maggior danno spetta a qualunque creditore, quale che ne sia la qualità soggettiva o l’attività svolta (e quindi tanto nel caso di imprenditore, quanto nel caso di pensionato, impiegato, ecc.), fermo restando che se il creditore domanda, a titolo di risarcimento del maggior danno, una somma superiore a quella risultante dal suddetto saggio di rendimento dei titoli di Stato, avrà l’onere di provare l’esistenza e l’ammontare di tale pregiudizio, anche in via presuntiva; in particolare, ove il creditore abbia la qualità di imprenditore, avrà l’onere di dimostrare o di avere fatto ricorso al credito bancario sostenendone i relativi interessi passivi; ovvero dovrà provare – attraverso la produzione dei bilanci – quale fosse la produttività della propria impresa, per le somme in essa investite; il debitore, dal canto suo, avrà invece l’onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni semplici, che il creditore, in caso di tempestivo adempimento, non avrebbe potuto impiegare il denaro dovutogli in forme di investimento che gli avrebbero garantito un rendimento superiore al saggio legale. Sussiste tuttavia l’onere del creditore di dedurre e dimostrare che il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato di durata annuale è stato superiore, nelle more, agli interessi legali (Cass. Sez. V n. 11943/2016 e 16087/2017) ma il creditore che richieda il risarcimento del maggior danno di cui all’art. 1224 c.c., comma 2, alla stregua del saggio medio di rendimento dei titoli di stato di durata infrannuale superiore al tasso di interessi nel periodo di mora è tenuto unicamente all’allegazione dell’esistenza di detto saggio, ma non alla relativa prova, costituendo esso un fatto notorio, siccome riscontrabile presso l’istituto di emissione, Banca d’Italia (Cass. Sez. III 6648/2018).

9. Nella specie però, non risulta, dal controricorso con ricorso incidentale, che la curatela avesse richiesto, nel giudizio di merito, il riconoscimento del maggior danno pari alla differenza di rendimento dei titoli di Stato, nè che avesse richiesto in assoluto il maggior danno (le conclusioni della curatela fallimentare sono intese a ottenere la rivalutazione dalla data dei pagamenti revocati, sull’assunto che si tratti di credito di valore).

Su tale presupposto il ricorso incidentale deve dichiararsi inammissibile per attività, attesa la mancanza di una specifica domanda di maggior danno.

10. Vanno conseguentemente dichiarati inammissibili entrambi i ricorsi e interamente compensate le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e quello incidentale. Compensa interamente le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2019

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