Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2133 del 31/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 2133 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA
sul ricorso 1290-2010 proposto da:
LIBERTINO

VINCENZO

C.F.

LBRVCN33E04B371R,

già

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARBERINI 3,
presso lo studio dell’avvocato PARLATO GUIDO, che lo
rappresenta e difende, giusta delega in atti e da
ultimo domiciliato presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE
2013

SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente –

3465

contro

A.R.I.N. S.P.A. – AZIENDA RISORSE IDRICHE DI NAPOLI,
in persona del legale rappresentante pro tempore,

Data pubblicazione: 31/01/2014

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SARDEGNA 50,
presso lo studio dell’avvocato EMANUELE MERILLI,
rappresentata e difesa dall’avvocato TURRA’ SERGIO,
giusta delega in atti;
– controricorrente

di NAPOLI, depositata il 10/10/2009 R.G.N. 7728/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/12/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato PARLATO GUIDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE ) che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 5369/2009 della CORTE D’APPELLO

R.G. n. 1290/10
Ud. 3 dic. 2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

proposta da Libertino Vincenzo nei confronti di ARIN S.p.A. Azienda Risorse Idriche di Napoli, dichiarava che l’indennità di
incentivazione prevista dall’accodo sindacale del 2 settembre
1971 era computabile nella base di calcolo della pensione a
carico dell’Azienda e condannava quest’ultima al pagamento
delle relative differenze pensionistiche daliquidare in separato
giudizio nei limiti della prescrizione quinquennale.
Su impugnazione della società la Corte d’appello di Napoli,
con sentenza del 6 – 10 ottobre 2009, rigettava la domanda del
Libertino.
Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte anzidetta,
ricostruito il sistema pensionistico applicabile ai dipendenti
dell’ARIN assunti in data anteriore al 30 gennaio 1963,
osservava che l’indennità di incentivazione aveva il carattere
della continuità, in quanto, ancorchè erogata nelle sole giornate
di effettiva presenza, era causalmente correlata all’ordinaria
prestazione lavorativa e dunque, quale elemento fisso e
continuativo della retribuzione, doveva essere computata nel
trattamento pensionistico aziendale ai sensi dell’art. 30 D.L. n.
55 del 1983, convertito nella L. n. 131 del 1983, che aveva
equiparato dal 10 gennaio 1987 i criteri di determinazione della
base di calcolo di tale trattamento al sistema pensionistico della
Cassa di Previdenza Dipendenti Enti Locali (CPDEL).
Tuttavia, aggiungeva la Corte, nella specie il Libertino – al
quale incombeva l’onere della prova della percezione in via
continuativa dell’indennità in questione nell’anno precedente il
suo collocamento a riposo, ai sensi dell’art. 64 del regolamento

Il Tribunale di Napoli, in accoglimento della domanda

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organico dell’Azienda – aveva prodotto in giudizio tre soli statini
paga, relativi ai mesi di febbraio, aprile e giugno dell’anno 1994, i
quali erano palesemente insufficienti ai fini di detta prova.
Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso il
Libertino sulla base di un solo motivo, articolato in più censure,
illustrato da successiva memoria. L’ARIN resiste con
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo del ricorso è denunziata violazione degli
artt. 2697 cod. civ., 210 e 228 cod. proc. civ. nonché vizio di
motivazione su un punto decisivo della controversia.
Si deduce che la Corte di merito, partendo dal presupposto
che il trattamento pensionistico aziendale dei dipendenti
dell’ARIN, secondo il regolamento organico dell’Azienda andava
determinato in base allo stipendio medio dell’ultimo anno di
servizio, ha ritenuto che tre statini paga non fossero sufficienti
ai fini della prova della presenza continuativa in servizio del
ricorrente in tale anno e della conseguente determinazione
dell’indennità in questione
Tale affermazione, ad avviso del ricorrente, è errata in
primo luogo perché i requisiti della fissità e continuità non
vengono meno nell’ipotesi in cui il dipendente non sia presente
in servizio in via continuativa e non percepisca l’incentivazione
nelle giornate di assenza; in secondo luogo, in quanto l’indennità
va computata nel trattamento pensionistico aziendale in
proporzione della misura contrattualmente prevista dello 0,80%
dello stipendio lordo per 22 giorni al mese e non secondo il
parametro dello stipendio medio dell’ultimo anno di servizio, “al
quale soltanto si riferisce l’art. 64 del Regolamento aziendale.
La produzione di tre statini, dunque, era sufficiente a
dimostrare quanto il ricorrente aveva percepito mensilmente
nell’anno 1994 a titolo di indennità di incentivazione, tanto più
che l’Azienda, nel costituirsi nel giudizio di primo grado, non
aveva contestato i conteggi predisposti dal ricorrente.

controricorso.

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Rileva infine il ricorrente che la Corte di merito avrebbe
dovuto ammettere “le rilevanti istanze istruttorie” da lui
formulate, sulle quali non si era pronunziata.
Il ricorso non è fondato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il
carattere della continuità di un determinato compenso non può

relazione alla particolare natura di ciascun compenso.
Conseguentemente deve considerarsi fornita di tale carattere
l’indennità di incentivazione (o di presenza), corrisposta in base
alla disciplina aziendale ai dipendenti dell’ARIN, in quanto essa,
ancorchè erogata nelle sole giornate di effettiva presenza, è
casualmente correlata all’ordinaria prestazione lavorativa. Tale
indennità, pertanto, è computabile nel trattamento pensionistico
in quanto, ai sensi dell’art. 30 del D.L. n. 55 del 1983, convertito
nella L. n. 131 del 1983, possono rientrare nel trattamento
pensionistico dei dipendenti degli enti locali – al quale dall’i
gennaio 1987 l’Azienda suddetta ha equiparato il trattamento
pensionistico dei propri dipendenti – tutti gli emolumenti fissi e
continuativi dovuti come remunerazione dell’attività lavorativa
(Cass. n. 15418/2000; Cass. n. 20734/07; Cass. n. 8114/08;
Cass. 25237/09; Cass. 11337/10; Cass. 14161/11; Cass.
18746/13).
La Corte di merito si è adeguata a tali principi, ma ha
ritenuto che la domanda non potesse essere accolta per
mancanza di prova, avendo la ricorrente prodotto appena tre
statini paga relativi all’anno 1994, antecedente la data di
collocamento a riposo del ricorrente.
Tale pronuncia va confermata, in quanto rispettosa dei
criteri che regolano la materia e priva delle dedotte violazioni di
legge e dei vizi di motivazione.
Come risulta dal ricorso in esame, l’indennità di
incentivazione venne introdotta in via sperimentale, allo scopo di
scoraggiare la tendenza assenteistica nei posti di lavoro,

essere concepito in modo assoluto, ma deve essere valutato in

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dall’accordo sindacale del 2 settembre 1971, ratificato con
delibera aziendale del 27 novembre 1971, con il quale venne
stabilito di corrispondere al personale AMAN (poi ARIN) una
indennità nella misura dello 0,80% dello stipendio lordo di fatto
percepito, per ogni giorno di effettiva presenza e fino ad un
massimo di 22 giorni al mese.

Commissione Amministratrice dell’ARIN rese definitiva
l’indennità in questione, avendo accertato che erano state
raggiunte le finalità che avevano ispirato l’introduzione di tale
indennità, e cioè una massiccia contrazione delle assenze e dei
permessi, con conseguente più elevato indice di produttività.
Con la stessa delibera si stabilì altresì che l’indennità di
incentivazione costituisse parte integrante delle disposizioni di
cui al regolamento organico aziendale del 22 settembre 1945.
Gli artt. 64 e 65 di tale regolamento, richiamati in ricorso,
stabiliscono rispettivamente che la pensione globale dopo 40
anni di servizio, si computa nella misura del 95% dello stipendio
medio dell’ultimo anno, mentre coloro che cessano dal servizio
con meno di 40 anni di anzianità e non meno di 16, hanno
diritto ad una pensione pari a tanti quarantesimi del 95% di cui
innanzi, per quanti sono gli anni di servizio maturati.
Tali disposizioni, come pure risulta dallo stesso ricorso,
sono state da ultimo confermate dagli accordi aziendali del 6
giugno 1967 e 5 gennaio 1968, ratificati dall’Azienda con
apposite delibere, con i quali si è previsto che “la determinazione

della pensione continuerà ad essere effettuata sulla base dello
stipendio medio dell’ultimo anno”, in esso compresa, alla stregua
dei principi elaborati da questa Corte, sopra enunciati,
l’indennità di incentivazione percepita nei giorni di effettiva
presenza dei lavoratori.
Orbene, appare evidente come correttamente la Corte di
merito abbia ritenuto che i tre statini paga prodotti dal ricorrente
fossero insufficienti ai fini della determinazione delle differenze

Successivamente, con delibera del 29 aprile 1975, la

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pensionistiche derivanti dal computo dell’indennità di
incentivazione.
Tale indennità, come risulta dall’accordo aziendale del 2
settembre 1971, sopra citato, istitutivo della stessa, è infatti
corrisposta nelle giornate di “effettiva presenza e fino ad un

massimo di 22 giorni al mese”, ciò che esclude che possa farsi
suscettibili di variazione in ragione, appunto, della effettiva
presenza dell’interessato, circostanza questa che ha indotto il
giudice di primo grado ad una pronuncia di condanna generica
in mancanza di elementi idonei alla loro determinazione.
L’assunto del ricorrente, secondo cui, avuto riguardo ai
caratteri della continuità e fissità dell’indennità in parola, non
sarebbe necessaria la dimostrazione della somma effettivamente
percepita a tale titolo ai fini del computo della stessa nel
trattamento pensionistico, è errato sotto un duplice profilo.
Da un lato, esso non tiene conto che l’indennità in esame
non va corrisposta in misura fissa, ma in base a ciascun giorno
di effettiva presenza “e con un massimo di 22 giorni mensili”,
secondo gli accordi e le delibere di ratifica innanzi citati;
dall’altro non considera che la determinazione della pensione va
effettuata “sulla base dello stipendio medio dell’ultimo anno”, in
esso compresa l’indennità in questione, onde ai fini del computo
della stessa nel trattamento pensionistico non può prescindersi
dall’importo percepito a tale titolo in detto anno.
Privo di fondamento è altresì l’assunto del ricorrente,
secondo cui i calcoli effettuati sulla scorta dei tre statini paga
non sarebbero stati contestati in primo grado, risultando dal
contenuto della memoria difensiva di primo grado dell’ARIN,
riportato dallo stesso ricorrente, che essi viceversa furono
oggetto di specifica contestazione (“….non è dato comprendere

come il ricorrente abbia elaborato i conteggi. Non risulta provata
né documentata la entità della indennità di incentivazione; nei
conteggi, poi, la parte utile di detta indennità viene indicata, per

riferimento solamente ad uno o più mesi, trattandosi di importi

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l’anno 1994 in £. 478.500, lievitando poi a £. 575.000 per l’anno
2004”).
Inammissibile è infine la censura secondo cui la Corte di
merito non avrebbe ammesso, le “rilevanti istanze istruttorie

formulate” dal ricorrente, non avendo il medesimo precisato il
contenuto di tali richieste, limitandosi ad una generica denuncia

Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, previa
compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio,
avuto riguardo alla peculiarità della fattispecie in esame e agli
esiti alterni dei giudizi di merito.
P. Q . M .
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese tra le parti.
Così deciso in Roma in data 3 dicembre 2013.

di mancata ammissione.

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