Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2133 del 28/01/2011

Cassazione civile sez. II, 28/01/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 28/01/2011), n.2133

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso proposto da:

D.M.L., in proprio e quale erede di D.

C.A. e D.G., rappresentata e difesa, in

forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Mannucci

Federico, elettivamente domiciliata nel suo studio in Roma, viale G.

Mazzini, n. 11;

– ricorrente –

contro

B.A., quale erede di B.E., + ALTRI OMESSI

tutti rappresentati e difesi, in forza di procura

speciale in calce al controricorso, dall’Avv. D’Elia Paola,

elettivamente domiciliati nello studio di quest’ultima in Roma, via

Principe Amedeo, n. 126;

– controricorrenti –

e contro

P.M.E.;

– Intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 4685 in data 13

novembre 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16 dicembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito l’Avv. Federico Mannucci;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso: “nulla

osserva”.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che B.E. ed altri quindici attori citarono innanzi al Tribunale di Roma D.M.L., in proprio e quale erede di D.C.A. e di D. G., affinche’ fosse condannata a risarcire loro i danni conseguenti all’inesatto adempimento delle obbligazioni nascenti da singoli atti di vendita, stipulati con i D., aventi ad oggetto distinti posti auto siti nel locale autorimessa dei convenuti, in (OMISSIS);

che la convenuta si costitui’, resistendo;

che l’adito Tribunale accolse la domanda degli attori e condanno’ la convenuta al pagamento di Euro 16.542,99, pari agli esborsi sostenuti dagli attori per l’adeguamento alla normativa antincendio, nonche’ al rimborso delle spese di lite;

che con sentenza depositata il 13 novembre 2008, la Corte d’appello di Roma ha accolto per quanto di ragione il gravame della D. e, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha rideterminato le spese di lite a carico della D., fermo il resto; ha compensato per la meta’ le spese dell’appello, condannando l’appellante a pagare la residua meta’ agli appellati;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la D. ha proposto ricorso, sulla base di due motivi;

che gli intimati hanno resistito con controricorso.

Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 6 agosto 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: Il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1490, 1495 e 1497 cod. civ.”.

Esso si conclude con il seguente quesito di diritto: “Puo’ essere applicato l’istituto della vendita di aliud pro alio, la cui azione e’ soggetta all’ordinario termine di prescrizione decennale, al caso di specie i cui elementi peculiari (idoneita’ del locale all’uso pattuito; pacifica utilizzazione del locale; avvenuta e documentata richiesta del certificato mancante) sono indicati in fatto e nel presente motivo di ricorso? Ne consegue, quindi, in caso di auspicato responso favorevole alla ricorrente, che l’azione, oltre che improponibile, era prescritta al momento della proposizione?”. Il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione della L. n. 46 del 1990 e del D.Lgs. n. 493 del 1996. Omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso) formula il seguente quesito:

“si applicano al caso di specie (adeguamento di un’autorimessa effettuato ne luglio 2001) la L. n. 46 del 1990 (il cui regolamento attuativo D.P.R. 6 dicembre 1991, n. 447 e’ successivo alla data di vendita dei posti auto ed il cui termine di applicazione e’ stato poi prorogato fino al 31 dicembre 1998 dalla L. 7 agosto 1997, n. 266, art. 31) ed il D.Lgs. n493 del 1996?”. Indica inoltre, come fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa e contraddittoria, “se i lavori effettuati dai resistenti ed illegittimamente addebitati dalle corti di merito alla ricorrente, hanno riguardato adeguamenti alla normativa sopravvenuta”.

Entrambi i motivi sono inammissibili per inidoneita’ dei proposti quesiti di diritto.

Questa Corte ha in piu’ occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366 bis cod. proc. civ. -introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimita’ – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui e’ pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con piu’ ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione; i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimita’ (tra le tante, Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass. , Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., Sez. Un., 2 9 ottobre 2007, n. 22640).

Per questo – la funzione nomofilattica demandata al giudice di legittimita’ travalicando la risoluzione della singola controversia – il legislatore ha inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del piu’ generale principio giuridico, alla quale il quesito e’ funzionale, diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimita’: donde la comminata inammissibilita’ del motivo di ricorso che formuli il quesito in difformita’ dai criteri informatori della norma.

Nessuno dei motivi si conclude con un quesito che individui tanto il principio di diritto che e’ alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, il principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata.

Quanto, poi, alla seconda parte del secondo motivo, il fatto controverso che viene conclusivamente riassunto denota che il motivo finisce con il denunciare un vizio, non gia’ di motivazione, ma di corretta interpretazione o applicazione della normativa di legge, il che fuoriesce dall’ambito del motivo ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5.

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”.

Letta la memoria della ricorrente e dei controricorrenti.

Considerato che, ad avviso del Collegio, atteso il tenore delle questioni coinvolte, non sussistono i requisiti di evidenza decisoria che consentono la trattazione del ricorso in camera di consiglio;

che, pertanto, la causa deve essere rinviata a nuovo ruolo affinche’ venga chiamata all’udienza pubblica presso la Sezione seconda civile.

P.Q.M.

LA CORTE rinvia la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza presso la Sezione seconda civile.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2011

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