Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21324 del 05/10/2020
Cassazione civile sez. VI, 05/10/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 05/10/2020), n.21324
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. GIAIME GUIZZA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14131-2019 proposto da:
B.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato LEONARDO CRISTOFORO FIERI;
– ricorrente –
contro
AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE DELLA REGIONE
DELL’UMBRIA ATER, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso lo
studio dell’avvocato MARCO BALIVA, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato SILVIA CUTINI;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 803/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,
depositata il 29/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa
GRAZIOSI CHIARA.
Fatto
RILEVATO
che:
Nei confronti di B.D. – assegnatario di alloggio popolare in Terni – il Tribunale di Terni emetteva decreto ingiuntivo n. 135/2017 per il pagamento all’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale della regione Umbria (ATER) di Euro 6927,47″ di cui Euro 4494,25 quale restituzione a seguito di sentenza d’appello della Corte d’appello di Perugia in una precedente causa tra le parti, e Euro 2433,22 per canoni e quote condominiali. Il B. si opponeva, citando controparte che si costituiva insistendo la sua pretesa.
Il Tribunale, convertito il rito ordinario in rito locatizio, con sentenza del 19 giugno 2018 rigettava l’opposizione.
Il B. proponeva appello, cui controparte resisteva, eccependone pure l’inammissibilità ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c.; e la Corte d’appello di Perugia, con ordinanza del 29 marzo 2019, dichiarava inammissibile l’appello ex art. 348 bis c.p.c..
Il B. ha proposto ricorso avverso tale ordinanza; ATER si è difesa con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Il ricorso si basa su due motivi: il primo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. perchè questo non consente di rimettere in discussione il giudicato, cosa che invece il giudice d’appello avrebbe fatto; il secondo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 348 ter c.p.c., non sussistendo motivazione dell’ordinanza sulle ragioni per cui il ricorrente sarebbe stato moroso in ordine alle quote condominiali.
L’inammissibilità del ricorso si manifesta ictu oculi, per la natura del provvedimento impugnato, che non viene censurato per vizi propri, nel rispetto del ben noto insegnamento di S.U. 2 febbraio 2016 n. 1914, origine di costante giurisprudenza di questa Suprema Corte in tema.
Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – alla controricorrente.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 1200, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.
Depositato in cancelleria il 5 ottobre 2020