Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21322 del 05/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/10/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 05/10/2020), n.21322

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2268-2019 proposto da:

C.C., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa da se stessa;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2360/2018 del TRIBUNALE di CATANIA, depositata

il 29/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

GRAZIOSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con atto di citazione notificato il 10 ottobre 2016 C.A. si opponeva a decreto ingiuntivo n. 2340/2016 con cui il Giudice di pace di Catania gli aveva ordinato di pagare alla sorella C.C. la somma di Euro 624,04, oltre spese e accessori, quale rimborso delle spese sostenute nel 2011 per un appartamento di comproprietà indivisa. L’opposta restava contumace.

Il Giudice di pace, con sentenza del 31 luglio 2017, accogliendo l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo.

C.C. proponeva appello, cui il fratello resisteva.

Il Tribunale di Catania, con sentenza del 29 maggio 2018, dichiarava inammissibile l’appello, tranne per un motivo attinente alla nullità della notifica dell’opposizione al decreto ingiuntivo, che rigettava, condannando l’appellante a rifondere le spese e a pagare, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, la somma di Euro 47,80.

C.C. ha proposto ricorso, da cui il fratello non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorso si articola in due motivi.

Il primo motivo denuncia violazione del contraddittorio, invocando l’art. 320 c.p.c.: il primo giudice “poteva” rimettere la causa sul ruolo, disporre rinnovazione della notifica dell’opposizione ed esaminare le prove documentali “che altro giudice dello stesso ufficio aveva esaminato”. “Aggiunge, non era a conoscenza che il decreto ingiuntivo era titolo esecutivo in atto di intervento” in un procedimento esecutivo.

Il secondo “motivo” chiede la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 283 c.p.c..

A tacer d’altro, è evidente che il ricorso è in effetti incomprensibile nel primo motivo, ut supra riassunto, nel quale, al limite, si potrebbe semmai ravvisare – il che lo rende inammissibile – la carenza dell’impugnazione della rilevata inammissibilità dell’appello proposto avverso la sentenza di primo grado, violando l’art. 339 c.p.c., comma 3.

Il secondo, poi, in effetti, considerato il suo contenuto non è qualificabile come motivo.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, non essendovi luogo a pronuncia sulle spese in quanto il fratello intimato della ricorrente non si è difeso.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315, si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e non luogo a provvedere sulle spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2020

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