Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21318 del 14/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 14/09/2017, (ud. 14/06/2017, dep.14/09/2017),  n. 21318

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18871/2014 proposto da:

C.M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE

ACERO 2-A, presso lo studio dell’avvocato GINO BAZZANI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO ASDRUBALI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

PREFETTURA DI BERGAMO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 39/2014 del TRIBUNALE di BERGAMO, depositata

il 10/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/06/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza 10.1.2014, il Tribunale di Bergamo ha rigettato l’appello proposto da C.M.C. contro la sentenza del Giudice di Pace n. 1461/2010 che aveva a sua volta respinto l’opposizione contro una ordinanza ingiunzione emessa dal Prefetto di Bergamo per emissione di due assegni bancari senza l’autorizzazione del trattario: secondo il giudice di appello, la censura dell’appellante circa la non conformità agli originali delle copie delle ricevute di ritorno delle raccomandate contenenti la contestazione delle infrazioni doveva ritenersi infondata non sussistendo ragioni per ritenere la non conformità; inoltre ha ritenuto, con valenza assorbente rispetto ad ogni contestazione, che l’inosservanza dei termini stabiliti non è causa di invalidità del provvedimento e che la ritenuta insussistenza di conseguenze invalidanti esclude in ogni caso l’illegittimità dell’impugnato provvedimento sanzionatorio in ragione della sua prospettata tardività.

Contro tale decisione il C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un’unica censura, a cui resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, ed in particolare delle norme sulla notificazione degli atti (L. n. 890 del 1982) e dei provvedimenti di qualsiasi natura essi siano della P.A. Ribadendo di non avere ricevuto alcuna preventiva contestazione della violazione ascritta e quindi l’avvenuta estinzione dell’obbligazione ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 14, u.c., il C. contesta la regolarità della notifica della contestazione, perchè nessun soggetto aveva attestato di avere notificato la raccomandata ed inoltre mancava ogni attestazione di conformità del procedimento di notificazione a mezzo posta eseguito con quello previsto ex lege. Richiama il contenuto della L. n. 890 del 1992, art. 12.

Il motivo è inammissibile per due ordini di motivi:

a) innanzitutto per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.). Come ripetutamente affermato da questa Corte, anche a sezioni unite, il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi”, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (v., tra le varie, Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016 Rv. 639158; Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013 Rv. 625631; Sez. 6-L, Ordinanza n. 22753 del 03/11/2011 Rv. 619427).

Nel caso in esame, come si evince agevolmente dalla lettura della sentenza impugnata, il Tribunale bergamasco ha motivato il rigetto del gravame su distinte rationes decidendi, ciascuna del tutto autonoma ed idonea a sorreggere da sola la decisione e, tra queste, oltre a quella fondata sulla avvenuta ricezione della contestazione dell’illecito amministrativo, anche quella basata, in ogni caso, sulla assenza di conseguenze invalidanti in caso di inosservanza dei termini stabiliti (v. pagg. 7 e ss.).

Ebbene, tale seconda ratio, del tutto autonoma (“con valenza assorbente”, per usare le stesse parole del Tribunale) viene completamente ignorata nel ricorso (che invece si concentra esclusivamente sul tema della regolarità della ricezione delle raccomandate con particolare riferimento alla capacità del soggetto che abbia proceduto alla notificazione) e pertanto, in applicazione del citato principio, la censura perde completamente di consistenza.

b) In secondo luogo il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, perchè la documentazione sulla cui regolarità si appunta in sostanza l’intera censura (cioè le raccomandate contenenti la contestazione dell’illecito e le relative ricevute di ritorno) non è nè trascritta nel ricorso, nè allegata allo stesso nè richiamata nell’indice finale e – soprattutto – di essa non viene indicata neppure la data di deposito o la sede in cui nel fascicolo d’ufficio o in quelli di parte essa sia rinvenibile: manca insomma qualunque elemento anche ai fini della reperibilità negli atti del processo e non è certo compito della Corte di Cassazione procedere alla loro ricerca (v. tra le varie, Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015 Rv. 636120; Sez. 3, Sentenza n. 8569 del 09/04/2013 Rv. 625839; sez. 6-3, Ordinanza n. 22607 del 24/10/2014 Rv. 633219).

Consegue l’inammissibilità del ricorso con addebito di spese al soccombente.

Considerato l’esito dell’impugnazione e la data della sua proposizione (successiva al 30 gennaio 2013), sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2017

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